La prevalenza degli intellettuali "tromboni"
Lanciano allarmi ideologici, attaccano chi non è intellettualmente allineato. Sono gli intellettuali che vivono in una realtà parallela
A due passi dall’Italia e dal mondo sorge Trombon Valley, cittadella mediatica abitata da intellettuali e assediata da fantasmi plebei. La Valle dei Tromboni è a un tiro di schioppo dalla città dove abita la gente comune ma dista anni luce dalla realtà di ogni giorno. Nella Valle dei Tromboni si denuncia ogni giorno un Paese, un Mondo, abitato da razzisti, guidato da fascisti, percorso da mandrie armate di xenofobi, omofobi, sessisti, nazisti. Nella Valle dei Tromboni suona di continuo il campanello rosso dell’allarme. Se i sovranisti reggono sulla paura, i Maestri Tromboni campano sul Terrore.
L’anno che ci sta lasciando è stato l’anno del Trombone: questa speciale etnia ha imperversato su tutte le ruote, tv, giornali, radio, libri, cinema e teatro, facendo capolino nella musica, nel calcio, scuola e università. Ne è nata un’ideologia, il trombonismo, che è una visione del mondo o meglio del condominio applicata al mondo. Chi è il Trombone? Un nemico del presente che teme il futuro e si aggrappa al passato attaccando il trapassato.
Uno scrittore che con sprezzo razzista si definisce «geneticamente antifascista», il tromboniano puro Maurizio Maggiani, espone su la Repubblica la sua Metafisica del Male: «Esco di casa e sento, sottile e ottuso e persistente, il sordo ronzio di un rumore di fondo di infelicità, quest’epoca si è ingravidata di fascismo...». Ho citato la frase più lieve di questa «psicologia di massa del fascismo» fondata sul «suppurare di infelicità» ovunque. Mamma mia, che schifo, è tremendo, non so dove abiti Maggiani, presumo nella stessa località in cui vivono gli altri, a Trombon Valley, a due passi dal mondo reale ma senza mai vederlo davvero. Dostoevskiano il nesso tra infelicità e fascismo, ovunque appaia l’infelicità là sorge un fascista. Giacomo Leopardi è avvisato.
Visibilmente atterrito, Sandro Veronesi ha riassunto da Lilli Gruber il grido di dolore di Trombon Valley: si comincia con gli slogan razzisti, poi seguono gli atti, le squadracce, i decreti del ministro dell’Interno, poi la caccia ai neri e ai migranti, si perseguitano i sinti (forse si riferiva alle case abbattute dei Casamonica), poi sarà la volta dei paralitici... Un horror fantascientifico, ma ambientato dove? Negli studi di Trombon Valley, naturalmente.
Nanni Moretti ha trovato il precedente a questo incubo vivente, è il Cile di Pinochet a cui ha dedicato un film di mostruosa attualità. Così cominciò la dittatura, avverte, proprio come sta succedendo ora da noi. Così cominciò è l’incipit di rito quando si vuole stabilire un parallelo con Hitler, con Mussolini, con ogni dittatura, purché nera. Così cominciò prima delle leggi razziali, nota Andrea Camilleri, al quale il consenso a Matteo Salvini gli ricorda quello a Mussolini. Il popolo infame riacquista virtù quando muta in audience e segue il commissario Montalbano. Perfino Rigoletto di Giuseppe Verdi portato in scena da Daniele Abbado, è stato ambientato ai tempi della Repubblica di Salò e allude all’oggi. Se si porta in scena Enea o Ulisse il tema è i migranti; e così Sofocle, Dante o Shakespeare. Tutto viene ridotto all’oggi, al femminismo, l’omofobia, il razzismo. Vi risparmio le trombonate di Fabio Fazio, i sermoni ispirati di Roberto Saviano, i misuratori di demenza di Michela Murgia, il grido d’angoscia di Paolo Giordano per la diffusione dei calendari del duce (la scemitudine dei numeri primi) e tanti libri, film, autori premiati perché avevano nella trama una trombonata nelle varianti previste. Per non dire dei classici del trombonismo, da Furio Colombo a Oliviero Toscani, da Gad Lerner a Ezio Mauro, de Monticelli e Di Cesare, per non dire dei tromboni istituzionali, tra presidenti in carica o appena scaricati. E Gustavo Zagrebelsky che nel giro di 10 anni ha patito ben tre dittature: di Berlusconi, di Renzi e ora di Salvini...
I tromboni augurano la morte di un bambino sui barconi pur di inguaiare Salvini (Edoardo Albinati) o auspicano che lui e i suoi finiscano appesi a Piazzale Loreto (Maurizio Crosetti de la Repubblica). Se violentano una donna si augurano che gli stupratori siano italiani (Michele Serra), giammai migranti.
Il Trombone ama i migranti e detesta i residenti, idealizza l’umanità e schifa il popolo, simpatizza coi remoti e non sopporta il prossimo in odore di prossimità, cioè i vicini. Tollera le religioni e le tradizioni altrui, schifa le proprie. Detesta il presepe se non allude a un centro d’accoglienza. Insorge se una carota è geneticamente modificata ma inveisce se qualcuno nutre le stesse riserve per l’umanità geneticamente modificata (i transgender). Ama i carciofi a chilometro zero, detesta i paesani a chilometro zero. Ha fastidio per la famiglia, per le campagne in favore della fertilità, se non da uteri in affitto per coppie omosex.
Di tutta l’erba del passato e dei classici fa un fascio, riconduce tutto al presente e giudica ogni epoca, ogni civiltà col suo metro piccino. Chiede di cancellare scienziati, artisti e geni del passato se hanno detto o fatto una cosa «razzista»; esige una memoria depurata, una toponomastica etica, riservata alle vittime del Male o agli apostoli del Bene.
Come si diventa Tromboni? Quando il mondo non corrisponde alla fessura ideologica del tuo cervello pensi di essere un’Anima Bella caduta in un inferno, ti convinci che il mondo è sbagliato e vuoi convincere gli altri di mobilitarsi contro il diavolo in azione. Stavolta il Male non si insinua dietro gli angoli, non minaccia da lontano: è al potere, è a larga maggioranza, è pop, coincide con la realtà. Per combattere il trombonismo non serve un’ideologia di segno opposto. Serve aprire le finestre, scoprire la realtà con le sue imperfezioni, varietà e dissonanze. Tornare sulla Terra. n
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