Italia sotto attacco ma il 2023 non è il 2011
Spread, Germania, Quirinale, Governo Tecnico. Sui giornali di oggi tornano a circolare termini già visti in passato che portarono ad un ribaltone politico oggi impossibile
I segnali ci sono tutti. E se leggete i giornali di oggi li trovate in bella evidenza. Segnale numero uno: dopo mesi, anzi, dopo oltre un anno di silenzio ecco che torna in auge la parola Spread. Ieri è arrivato a quota 200, niente di preoccupante ma l’allarme è partito lo stesso. Segnale numero due. I giornali economici europei, con la scusa dello spread hanno agitato i dubbi sulla «tenuta» economica dell’Italia anche per il previsto aumento del deficit al 4,3% scritto dalla Nadef presentata due giorni fa. Segnale numero tre: la tensione con Berlino è tornata ai massimi livelli. Dopo la notizia dei finanziamenti alle Ong è di ieri il battibecco sull’accordo per i migranti a cui si aggiunge la notizia dell’ormai prossimo arrivo di sette, dicesi 7, imbarcazioni umanitarie cariche di persone dirette a Lampedusa. A questo basta trovare un esponente di un partito di maggioranza (va molto di moda il leghista Crippa in questi giorni) che attacca frontalmente Berlino ed il gioco è fatto. Segnale numero 4: alcuni giornali, la Stampa su tutti, oggi riportano voci secondo cui il Quirinale starebbe pensando addirittura ad uno scenario post Meloni, un bel Governo Tecnico per far contenta Bruxelles.
Adesso chiudete gli occhi, ripensate ai 4 segnali di cui sopra, metteteli in fila e come per magia vi ritroverete nel 2011. L’anno del «complotto» (come è stato poi dimostrato) contro non solo l’uomo ed il politico Berlusconi, ma contro un intero paese. Spread, Germania (vi ricordate la famosa risatina Merkel-Sarkozy) e l’allora presidente della Repubblica Napolitano costrinsero il Cavaliere al passo indietro consegnando il Paese a Mario Monti, con tutto quello che ne conseguì.
Oggi però le cose sono diverse, profondamente diverse. Per prima cosa perché certo, l’economia non vola ma il pil di quest’anno e le previsioni per il 2024 parlano di dati positivi: rispettivamente +0,8% e +1,2%. Si poteva e si pensava di fare meglio? Forse si. Ma parlare di problemi di tenuta è semplicemente falso. Il tutto mentre la Germania, la grande accusatrice, chiuderà con il pil in negativo, tecnicamente in recessione. In più i problemi economici che stanno limitando la crescita dell’Italia non sono certo dovuti ad errori di casa nostra; sono guai strutturali, mondiali. La crisi cinese, la guerra in Ucraina, l’inflazione globale con conseguente aumento dei tassi di interesse, fattori pesanti con cui tutti stanno facendo i conti. C’è poi la politica italiana. Mattarella sa benissimo che non può prestarsi ad alcun giochino soprattutto perché l’opposizione di questo 2023 è debole, debolissima, ai minimi storici per autorevolezza e peso politico. In Parlamento non troverebbe quindi alcuna sponda per chissà quale governo tecnico. Ultimo, ma non ultimo, l’autorevolezza internazionale oggi dell’Italia e di Giorgia Meloni non è quella di allora. Come dimostrato anche dall’incontro di pochi giorni fa con Macron i rapporti ad esempio tra Parigi e Roma sono paritari, senza l’antipatica presunta superiorità del passato dei francesi.
Come spiegarsi allora tanta agitazione oggi? Più che ad un complotto destabilizzatore la sensazione è che tutto sia dovuto all’imminente elezione europea. Ogni paese sta cercando di difendere le proprie posizioni, i propri interessi e nel farlo gettano fango sui paesi vicini. In più siamo alla vigilia di una possibile svolta verso destra o almeno centrodestra di Bruxelles; una piccola grande rivoluzione.
E come accade prima di ogni rivoluzione chi ha sempre avuto il potere in mano si gioca tutte le carte per salvarsi, compresi giochini che in passato hanno funzionato ma che oggi sembrano l’estremo inutile tentativo di un sistema di poteri debole ed in difficoltà.