La caduta di Beppe
Il sindaco di Milano in un anno finisce dal primo al diciannovesimo posto nella classifica di gradimento dei primi cittadini italiani. La fine di una narrazione radical liberal chic?
E’ un tonfo di quelli che fanno rumore. Una caduta libera sulla quale sarebbe opportuno indagare. Il sindaco di Milano Beppe Sala è crollato dal primo al diciannovesimo posto nella classifica di gradimento dei primi cittadini italiani. E’ il ranking stilato da Noto Sondaggi per il Sole 24 Ore. La stessa graduatoria che dodici mesi fa aveva piazzato il sindaco in testa, oggi scalzato dal suo collega di Parma Michele Guerra. Dal primo al diciannovesimo piazzamento è qualcosa di più di uno scivolone: pare piuttostocome una caduta libera, sebbene si tratti di sondaggi e non di voti sonanti. Solo un incidente di percorso, oppure l’impalcatura di una narrazione, quella del buon governo meneghino, che sta visibilmente cedendo?
Sicuramente l’immagine del sindaco ne esce ammaccata, per la prima volta sulla base dei numeri. E’ la prima vera battuta d’arresto per Sala, eterno candidato alla guida della sinistra italiana, perennemente in rampa di lancio, da sempre coi motori accesi ma mai realmente uscito dai box della politica locale. Una tensione verso il gioco nazionale mai nascosta, i continui messaggi indirizzati a Roma (sui nuovi diritti, sull’antifascismo, da ultimo sull’aeroporto intitolato a Berlusconi) potrebbero, alla lunga, aver irritato certa parte del suo elettorato. Quello delle periferie abbandonate, dei pendolari disperati, degli automobilisti vessati.
La buona stampa borghese, di cui Sala si avvale e continuerà ad avvalersi, non è sufficiente a contrastare l’avanzata della realtà. La realtà che si incarica di rovinare il dipinto in stile piccolo mondo antico con il quale è stata raccontata Milano in questi anni. Sotto la patina arcobaleno-chic, pulsa una città sofferente nei suoi quartieri più difficili, che traspare nelle pagine di cronacaccia più che in quelle delle riviste “liberal”. Una città ancora alle prese con angoli bui dove le forze dell’ordine faticano ad entrare, contrade lontanissime dai vernissage e dalle aiuole pettinate del centro storico. Una città martoriata dalla versione più ortodossa dell’ideologia green, che ha costretto pensionati e lavoratori a cambiare automobile anche per raggiungere l’ospedale, nel nome di un ambientalismo che pure non ha eliminato i picchi di traffico, né le concentrazioni di smog.
Dietro quegli 8 punti di consenso persi in un anno, rispetto al 65% del 2023, potrebbe nascondersi semplicemente questo: una stanchezza generale verso una gestione che ha creato una città degli ottimati, quelli della ztl a bordo del monopattino, gli aristocratici padroni di un centro che non è più ospitale. Il tutto alimenta un flusso di nuovi emigranti metropolitani, che nell’hinterland cercano una vita più a misura d’uomo, e di portafoglio. Insomma, sul sindaco della città più moderna d’Italia la luce dei riflettori si è affievolita, mentre lampeggia la sirena dell’allarme rosso.