La tregua sulla manovra dura poco. Scontro tra Lega e Fi sul canone Rai
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Politica

La tregua sulla manovra dura poco. Scontro tra Lega e Fi sul canone Rai

Dopo il vertice che ha fissato le «linee guida» sulle modifiche, Forza Italia ha chiesto a Salvini di ritirare l’emendamento che riporta il balzello a 70 euro. Giorgetti apre alle novità sulla previdenza integrativa

Domenica scorsa la premier Giorgia Meloni ha riunito la maggioranza per decidere una linea comune sulla manovra da approvare entro la fine dell’anno. La quadra appare chiara: portare avanti poche modifiche e solo a condizione che ci sia il via libera del ministero dell’Economia e delle Finanze per quanto riguarda le coperture. Detto in parole povere, viene dato un colpo di spugna alle proposte non condivise da tutte le forze di governo. Insomma, occhi puntati su un numero molto ristretto di modifiche.

Fatta questa premessa, va ricordato che in Parlamento sono stati presentati 220 emendamenti e Giorgia Meloni ha affidato a Giancarlo Giorgetti il compito di stabilire su quali punti sia possibile intervenire e su quali no. Le risorse disponibili per i correttivi, all’incirca due miliardi di euro, dovranno infatti coprire sia le modifiche parlamentari che le proposte delle opposizioni.

Il comunicato del vertice evidenzia che c’è «la piena condivisione di vedute a sostegno di una manovra che, in continuità con le due precedenti, risponde alle esigenze del sistema sanitario, delle famiglie, dei lavoratori e del tessuto produttivo».

«Il governo», spiega ancora la nota, «intende valutare con attenzione le proposte migliorative provenienti dal Parlamento, sempre nel rispetto di una legge di bilancio seria e rigorosa verso i conti pubblici. Questi ultimi, infatti, devono ancora far fronte agli enormi danni causati dal Superbonus, che nel 2025 peserà sulle finanze dello Stato più dell’intera manovra».

Insomma, a Giorgetti toccherà il non facile compito di scegliere, «alla luce delle coperture necessarie, la praticabilità di alcune proposte di modifica condivise da tutte le forze politiche della maggioranza, in particolare relative alle forze dell’ordine, alle politiche sociali e ai settori produttivi».

Tra i terreni di scontro più accesi c’è sicuramente quello del canone Rai. In particolare, il vicepremier Salvini aveva proposto di ridurre il canone della tv pubblica da 90 a 70 euro, ribadendo questa posizione anche sabato scorso attraverso una nota del suo partito, la Lega: «Il taglio delle tasse, incluso il canone Rai, è da sempre un punto centrale nel programma di governo e della Lega. Inoltre, la dirigenza aziendale deve dimostrare la capacità di ottimizzare i costi e di investire in prodotti che amplino il mercato della Rai, migliorando gli standard del servizio pubblico e del pluralismo. In caso contrario, non sarà percepibile alcun cambio di passo rispetto alle precedenti gestioni targate Pd».

Ma, tra i contrari a un taglio delle spese per la Rai c’è Antonio Tajani di Forza Italia che ha definito l’idea della Lega «una scelta assolutamente non condivisibile. È una cosa ridicola. Tagliare il canone Rai e poi trovare i soldi, sempre dei contribuenti, per rifinanziare la Rai mi pare un gioco che non ha alcun senso, non dà nessun beneficio perché il cittadino crede di avere meno cose da pagare, in realtà le paga non sapendo che le paga. Quindi, è priva di qualsiasi significato». Tant’è che gli azzurri hanno chiesto alla Lega di ritirare l’emendamento al decreto fiscale collegato alla manovra. «Il canone Rai», evidenzia il senatore di Forza Italia Dario Damiani, è un tema divisivo. Ci sono tante ottime proposte che trovano condivisione di tutta la maggioranza, lavoreremo su quelle».

C’è poi la questione della riduzione dell’Irpef dal 35% al 33%. Questa misura, che interesserebbe i redditi fino a 60.000 euro, avrebbe un costo stimato di circa 2,5 miliardi di euro. Parte di queste risorse, circa 1,3 miliardi, è già stata ricavata attraverso il concordato preventivo biennale. Rimangono però da trovare i restanti 1,2 miliardi, motivo per cui il governo ha deciso di riaprire i termini per aderire al concordato fino al 12 dicembre. Dal canto suo, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha posto l’accento su un significativo aumento delle adesioni, considerando che una delle principali critiche alla prima fase non riguardava tanto le modalità quanto i tempi limitati per aderire. Infatti, l’impianto della misura è stato modificato fino all’inizio di ottobre, con l’aggiunta di una sanatoria fiscale per incentivarne la partecipazione.

Salvini si è detto molto soddisfatto dell’incontro di domenica. «Già una manovra che aumenta gli stipendi a 15 milioni di lavoratrici e lavoratori parte bene», ha detto. «Se ci sarà ancora più impegno sul tema sicurezza e forze dell’ordine, sui lavoratori autonomi con la crescita della flat tax e sul tema pensioni, noi siamo molto contenti».

Da non dimenticare, inoltre, il tema delle pensioni minime con gli azzurri che vorrebbero alzarle fino a 623 euro, passando dal 2,2 al 2,7% di rivalutazione. Per farlo servirebbe una cifra di poco superiore ai cento milioni di euro. Proprio in tema di pensioni integrative, ieri Giorgetti, in audizione alla Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha fatto sapere che i dati mostrano «in maniera chiara che gli enti di previdenza e i fondi pensione gestiscono una parte importante del risparmio italiano, che rappresenta un asset da tutelare e da sfruttare per lo sviluppo complessivo del sistema Paese».


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Gianluca Baldini

(Milano, 1980). Giornalista specializzato in finanza ed economia, ha mosso i primi passi nel giornalismo prima all'Adnkros e poi, come collaboratore, al Sole 24 Ore e a Milano Finanza. Dopo una parentesi nel mondo delle quattro ruote, dove ha lavorato per Alvolante.it, dal 2010 è in Blue financial communication, la casa editrice quotata in Borsa che edita i periodici e i siti di Bluerating, iFinance e Private. Ha vissuto negliStati Uniti e in Portogallo.

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