Il CdM fermato dal Covid, non dalla crisi di governo
Lamorgese positiva, tutto fermo a Palazzo Chigi che guarda con serenità al voto di mercoledi sulla riforma del Mes
Radio Parlamento oggi racconta di un governo che in vista del voto sulla riforma del Mes dovrebbe riuscire a salvarsi. Le minacce dunque di crisi sembrano essere state superate. Spaventa di più la positività al Covid della Lamorgese e l'isolamento di Di Maio e Bonafede che altro. Non pensate però dietro ci sia chissà quale nuova unità nella maggioranza o progetto comune. A tenere in vita l'esecutivo giallorosso (il condizionale è d'obbligo quando c'è di mezzo Renzi) è semplicemente una questione di sopravvivenza e di interesse personale. Renziani, grillini ma anche le annunciate stampelle di Forza Italia arrivano tutte da quei partiti il cui eventuale ritorno alle urne con il conseguente crollo di voti ed eletti significherebbe la perdita della tanto amata poltrona. Puro istinto di sopravvivenza.
Intanto però i problemi restano, e non parliamo solo del Mes.
Guardate cosa è successo nelle ultime 48 ore sul Recovery Fund. Il premier Conte, quello che pochi giorni fa ha dichiarato che i suoi ministri «sono i migliori del mondo», ha deciso che però alcuni manager, esperti, amici suoi sarebbero un po' più indicati di uno Speranza qualunque per decidere i progetti da proporre a Bruxelles. Insomma, la solita litania degli esperti che tanto deve piacere al premier e a Casalino. I risultati poi sono evidenti, come dimostrano gli Stati Generali (finiti nel nulla assoluto) o la indimenticabile «Task Force» di Colao la cui utilità alla fine si è rivelata meno di zero. Perché alla fine vuole decidere tutto lui da solo, il nostro Presidente del Consiglio, che poi ci spiegherà per filo e per segno ogni cosa con una bella conferenza stampa alle 20.15.
Un disegno perfetto se non fosse che cozza in maniera terribile con l'idea di gestione della cosa di Matteo Renzi. Uno che se c'è da decidere cosa fare e chi fa cosa (soprattutto grandi opere da miliardi di euro) e da parlare agli italiani non è secondo a nessuno. L'ex sindaco di Firenze così ha fatto la voce grossa e ieri sera i suoi ministri hanno lasciato il Cdm minacciando lo strappo. Tensioni che hanno portato allo slittamento di un paio d'ore del CdM in programma alle 11 e poi partito verso l'ora di pranzo. Alla fine se n'è usciti con una bozza (leggetela qui) in cui 125 pagine raccontano le idee per l'Italia del domani. Idee divise in 4 grandi segmenti: riforma della giustizia; digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca, parità di genere, coesione sociale e territoriale; salute.
Tutto bello, tutto ideale, tutto (quasi) condivisibile. Peccato che come sempre quando si tratta del governo Conte si tratti solo di idee. E di rinvii. E di tensioni che esplodono e poi finiscono come la polvere nascosta sotto il tappeto di casa.
La realtà è che quasi certamente tra due giorni l'esecutivo non cadrà, che i grillini venderanno un altro pezzo che resta della loro anima alla poltrona, che i soldi del Mes (sanitario) non verranno chiesti e che quelli del Recovery Fund arriveranno se andrà tutto bene in Europa non prima dell'inverno 2021, tra 11 mesi.
A quel punto il problema non sarà più quale sarà il destino dell'avvocato del popolo ma che ne sarà di ciascuno di noi, del paese reale.