Le sfide dentro il governo che attendono Giorgia Meloni
Le riforme stanno portando tensioni tra i partiti della maggioranza che la leader di Fratelli d'Italia dovrà gestire. Con l'obiettivo di non fare la fine di Renzi ma di potersi presentare forte anche al termine della legislatura
Non ci sono drammi ma l’impressione è che la maggioranza di governo inizi a sfarinarsi su alcuni temi. La divisione in Europa, con Forza Italia a favore e FdI-Lega contro Von der Leyen, evidenzia in controluce uno sfilacciamento che investe soprattutto le riforme istituzionali. Forza Italia, soprattutto a mezzo dei governatori delle regioni meridionali, ha lasciato intendere che c’è preoccupazione sull’attuazione della legge per l’autonomia differenziata delle regioni. L’idea che nella ridefinizione delle competenze permesse dalla riforma possano instaurarsi due velocità tra le varie regioni non piace agli azzurri che, come i flussi elettorali dimostrano, sono un partito a trazione meridionale.
La politica è lotta su risorse scarse e Forza Italia non vuole essere privata delle risorse che resterebbero nelle regioni del settentrione. Di qui la lotta sui LEP e la compensazione a favore del sud. Questo crea una tensione con la Lega, che però la riforma l’ha già incassata, e soprattutto con il partito maggiore, Fratelli d’Italia, a cui si chiedono compensazioni nel programma futuro del governo. I due partiti minori sono anche scettici nei confronti del premierato, voluto fortemente da Giorgia Meloni.
La premier stessa, di fronte all’ipotesi di un referendum costituzionale poco sostenuto dagli alleati, sembra voler frenare i ritmi della riforma così da arrivare alla consultazione popolare a fine legislatura. Una strategia intelligente che permetterebbe di evitare di far la fine di Renzi, cioè di crollare come maggioranza a seguito della sconfitta referendaria. C’è chi ipotizza addirittura un referendum nella prossima legislatura, dopo le elezioni politiche, con una riforma approvata in ultima lettura agli sgoccioli di questa legislatura.
A queste due riforme si affianca la terza, cara a Forza Italia, quella della giustizia. Ma anche qui è impossibile evitare il referendum e purtroppo ci sono ottime possibilità di perderlo a causa della compattezza delle opposizioni a favore dello status quo della magistratura, che come si è visto a Genova ha in sé delle fazioni politiche pronte ad attaccare il centrodestra con le inchieste.
Dunque, il rischio che le riforme vengano annacquate (autonomia) o falliscano (premierato e giustizia) è elevato e tanto più tale rischio aumenta quanto le differenze tra le forze della maggioranza si acuiscono. Bisogna pertanto monitorare due cambiamenti nei partiti: quanto la nuova Forza Italia, dietro la regia degli eredi Berlusconi, cambierà linea politica diventando più critica con la destra di Meloni e Salvini e se ciò avverrà quale sarà il risultato elettorale e politico di questa trasformazione; la pressione dei territori e dei governatori leghisti su Salvini, al fine di farsi spazio a livello nazionale incalzando il segretario sulle questioni programmatiche in modo tale da costringerlo ad avere una linea più intransigente verso Meloni. La tenuta della maggioranza non è oggi in discussione, ma i rapporti si stanno facendo più rigidi con il rischio di paralisi del programma di governo.