La Lega compie 40 anni ma è giusto evitare commemorazioni vista la differenza tra oggi ed allora
Abbiamo chiesto a Carlo Brambilla, scrittore ed ex giornalista de L'Unità, di raccontare il percorso di un partito nato 40 anni fa e che lui ha seguito fin dal principio, giorno per giorno, da Bossi (e Maroni) a Salvini
Pare che la Lega di Salvini non abbia alcuna intenzione di celebrare i 40 anni dalla fondazione della Lega di Umberto Bossi. Nessuna sorpresa poiché “quella” Lega, “quella” per l’indipendenza della Padania, non esiste più da un pezzo e un anniversario commemorativo non avrebbe oggi alcun senso. Anzi potrebbe addirittura essere motivo di troppi cattivi pensieri sulla mutagenesi di un movimento politico di cui si sono persi i caratteri originari. E con questi anche i due uomini che più li rappresentavano. Il fondatore è stato fermato da un grave ictus cerebrale nel lontano 11 marzo del 2004, Roberto Maroni è deceduto il 22 novembre del 2022 portato via da un devastante tumore al cervello (proprio oggi avrebbe compiuto 69 anni…).
La loro definitiva uscita di scena segna la fine della Lega “territoriale”, di quella che oscillava tra federalismo (concetto totalmente caduto in disuso) e Repubblica del Nord, tra Padania libera e sogni indipendentisti, fra tattica e strategia elaborate da Bossi il rivoluzionario e Maroni il moderato, sconclusionate finché si vuole, ma capaci di aggregare un elettorato nordista orfano dei due grandi pilastri che avevano retto il sottinteso patto di non belligeranza imposto dagli equilibri del dopoguerra: la DC e il PCI. Di quello zoccolo duro si sono perse le tracce, unico sussulto simbolico è comparso recentemente sopra uno striscione appeso davanti ai cancelli di via Bellerio: “Da Verdi a Verdini, ora basta, congressi subito”! Creativo sarcasmo popolare…
Ma la “Lega per Salvini premier”, non solo latita sull’apertura di nuovi congressi, anche dopo le recentissime batoste elettorali, ma non vuole in alcun modo collegarsi con uno scomodissimo passato “territoriale” nordista che poco si adatterebbe alle attuali strategie nazionalisteggianti ben raffigurate dalla battaglia ostinata sul Ponte di Messina. Quindi per ora niente commemorazioni per il Quarantennale.
Matteo Salvini è indubbiante un personaggio politico complesso, dotato di sicure abilità comunicative, ma anche alle prese con tempi difficili da gestire dal suo punto di vista. Surfare su tutte le onde è impresa difficile da affrontare anche per i più dotati, oscillare fra Mosca e Washington, fra Israele e Palestina, fra Russia e Kiev, fra populismo e governo, fra trumpismo ed europeismo, portano a un unico risultato: la perdita di credibilità e di voti! Per sua fortuna oggi esistono i social dove si può affermare tutto e il contrario di tutto giorno dopo giorno, ma non basta il traccheggiare sulle tastiere per garantirsi la sopravvivenza politica, poiché il suo competitor Fratelli d’Italia rappresenta meglio le esigenze nazionali di un elettorato conservatore molto spostato a destra.
No, niente commemorazioni. Ricordare la Lega di Bossi sarebbe come aprire la strada a troppe domande scomode. Una su tutte: “Chi siamo e cosa vogliamo”? Leggiamo il primo articolo dallo Statuto redatto da Roberto Calderoli nel 2019: “La Lega per Salvini Premier è un movimento politico… che ha per finalità la pacifica trasformazione dello Stato italiano in un moderno Stato federale, attraverso metodi democratici ed elettorali…”. Il nulla cosmico se paragonato al mitico, quanto utopico, primo articolo della Lega di Bossi: “La Lega Nord…ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica federale indipendente e sovrana”.
Il confronto basta e avanza per giustificare la non commemorazione del Quarantennale, che per inciso cade esattamente il 12 aprile. Fu in quel giorno del 1984 infatti che Bossi insieme alla moglie Manuela Marrone, Giuseppe Leoni, Pierangelo Brivio, Marino Moroni ed Emilio Sogliaghi, depositarono presso un notaio a Varese l’atto costitutivo della Lega Autonomista Lombarda. Non c’era Maroni, ma l’attività politica e di propaganda vera e propria sarebbe cominciata (particolare aneddotico poco conosciuto) grazie a un gruzzolo di pochi milioni, fornito dal futuro numero due della Lega, che si era fatto prestare i soldi dal padre molto riluttante vista la finalità all’apparenza sconclusionata e incerta dell’investimento…
Si sbagliava, il papà di Maroni, perché Bossi sarebbe risultato un eccellente investimento magari non in termini economici ma senz’altro politici sì. L’attivismo del Senatur negli Anni Ottanta non conosceva tregua: vennero aperte decine di sezioni sui territori lombardi e veneti, cui seguirono quelle del Piemonte e della Liguria, il modello era vistosamente copiato dal Pci, la disciplina interna era rigida, chi “puzzava” di nostalgie partitocratiche o interferiva nelle decisioni veniva sbattuto fuori da Bossi che non guardava in faccia a nessuno, delle prime epurazioni ne fecero le spese addirittura il cognato Brivio e la sorella Angela, poi toccherà al povero Franco Castellazzi (successivamente riabilitato). Insomma l’incredibile struttura di un movimento spontaneista prese talmente corpo che i successivi successi elettorali al Nord ne risultarono la logica conseguenza.
Si dirà che anche Bossi e Maroni tradirono la rivoluzione nordista una volta messa la Lega a disposizione del disegno politico di Silvio Berlusconi. L’affermazione è vera solo in parte perché la Lega nordista non smise mai di esistere, il suo zoccolo duro era garantito dalle attività territoriali, dalle cariche amministrative, da un discreto personale dirigente formatosi negli anni, e soprattutto da “quei due” personaggi che interpretavano, ognuno a suo modo, magistralmente le parti nella commedia politica del pragmatismo: il rivoluzionario e il moderato.
Addio Lega Nord dei barbari sognanti l’impossibile, dell’utopia senza speranza, del populismo romantico, del linguaggio volgare, il tuo tempo è finito anche per mancanza di personaggi adeguati a farlo sopravvivere. A te si possono al massimo dedicare i ricordi ma non le commemorazioni…
* Carlo Brambilla è scrittore ed ex giornalista de L'Unità per cui ha seguito fin dal principio le vicende della Lega Nord