Elly Schlein
Ansa
Politica

Lo scaricabarile di Elly Schlein

L'editoriale del direttore

La scorsa settimana, mentre ero in attesa di accomodarmi nel salotto televisivo di Bianca Berlinguer, ho ascoltato l’intervista che la conduttrice ha fatto a Elly Schlein. La segretaria del Pd, in completo rosa confetto e camicia bianca (a quanto pare l’armocromista fa ancora parte dello staff), in mezz’ora ha parlato di sanità, lavoro e costo dell’energia e per una volta mi è parsa più concreta del solito. Niente ius soli, diritti Lgbt, fine vita eccetera. Tuttavia, mentre l’ascoltavo allarmarsi per la bolletta che grava sulle imprese italiane mi sono chiesto: quindi, che si fa? Il Pd dice sì al nucleare? Al discorso appassionato della giovane segretaria mancava infatti la conclusione. Tutti sappiamo che in Italia si paga la corrente molto più che in altri Paesi, ma questo è frutto di una scelta fatta nel 1987 e ribadita nel 2011. Sono trascorsi quasi quarant’anni da allora, ma basta una breve ricerca per far emergere le responsabilità di una decisione che oggi pesa nelle tasche degli italiani. Nel 1986 c’era stato il disastro di Chernobyl, con una fuga radioattiva che aveva allarmato l’intera Europa.

I Radicali, insieme con i Verdi e Democrazia proletaria, partito che oggi non esiste più ma che potremmo definire il nonno della sinistra radicale che fa capo a Nicola Fratoianni, proposero un quesito referendario per impedire la realizzazione di centrali nucleari in Italia e all’estero. A favore dell’abrogazione delle norme che consentivano di investire nei reattori si schierò il Pci e, subito dopo, per non perdere i voti degli italiani spaventati, pure la Dc. Risultato, l’Italia che non aveva né gas né petrolio chiuse alla possibilità di sviluppare un’energia prodotta dall’atomo, settore in cui peraltro era all’avanguardia. Quasi 25 anni dopo, di fronte alle necessità di trovare fonti alternative, il governo Berlusconi riaprì le porte al nucleare, ma a chiuderle fu un nuovo referendum, proposto da Italia dei valori e sponsorizzato da Pd, Radicali, Verdi e Sinistra ecologia e libertà. In altre parole, se oggi paghiamo la bolletta più cara d’Europa dobbiamo ringraziare Elly Schlein e compagni.

La questione che riguarda l’energia mi ha indotto a una riflessione anche sugli altri temi toccati dalla segretaria del Pd nella trasmissione di Bianca Berlinguer. Schlein ha insistito molto sulla questione delle liste di attesa negli ospedali italiani, problema di cui ci siamo occupati anche noi in un recente numero di Panorama. A questo punto mi è venuta la curiosità di capire chi ha guidato la Sanità in Italia negli ultimi 15 anni, perché è evidente che se oggi manca il personale, e non si riesce a ottenere una visita specialistica in tempi brevi, le ragioni non si rintracciano nelle scelte adottate negli ultimi mesi. Beh, guardando i ministri della Salute che si sono succeduti dal 2009, si scopre che per 11 anni il dicastero è stato nelle mani di esponenti di sinistra. Infatti, se si esclude il periodo attuale con Orazio Schillaci, e quello che va dal 2009 al 2011 con Ferruccio Fazio, poi ai vertici del ministero c’è sempre stato un esponente del Pd o dei 5 stelle. Da Renato Balduzzi a Beatrice Lorenzin, da Giulia Grillo a Roberto Speranza. Ho fatto riferimento agli ultimi 15 anni, ma volendo andare indietro con il tempo, il discorso non cambia, perché troveremmo Rosy Bindi e Livia Turco, a lungo ministri della Salute.

Stessa cosa se si pensa ai responsabili delle politiche del Lavoro, a cui in qualche modo c’è da chieder conto se gli stipendi in Italia sono tra i più bassi della Ue. Dal 2011 in poi, il ministero che dovrebbe favorire l’occupazione e i salari è sempre stato nelle mani di esponenti della sinistra o dei 5 Stelle. Da Elsa Fornero a Giuliano Poletti (Coop), da Luigi Di Maio a Nunzia Catalfo (grillina della prima ora), per finire poi ad Andrea Orlando e Marina Calderone, la sola in 13 anni a non far parte del Pd o dei pentastellati. Anche qui, se si vuole andare all’indietro, si ritrovano pezzi da novanta dei compagni, con ministri che rispondono al nome di Tiziano Treu, Antonio Bassolino e Cesare Salvi.

Che cosa voglio dire con questi elenchi? Che quando la segretaria del Pd lamenta le lunghe liste d’attesa negli ospedali o i salari bassi, o ancora il prezzo dell’energia troppo alto, dovrebbe citofonare a Largo del Nazareno, sede del partito di cui lei oggi è la numero uno. Non intendo dire che la destra non abbia responsabilità in materia di sanità, stipendi ed energia, ma è un fatto che negli ultimi 15 anni il Pd e i suoi alleati siano stati al governo per almeno 11, ricoprendo posti chiave proprio nei settori in cui oggi il Paese mostra le sue principali criticità. Dunque, prima di parlare dei problemi che ci affliggono, Elly Schlein dovrebbe fare mea culpa, promettendo che, in futuro, con il Pd a Palazzo Chigi quanto meno non si incorrerà negli stessi errori.

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Maurizio Belpietro