Lo sciopero “gentile” dei balneari
Balneari italiani in sciopero simbolico con la chiusura degli ombrelloni per due ore. La mobilitazione, però, divide la categoria
Questo secondo venerdì di agosto ha visto uno sciopero alquanto insolito da parte dei balneari italiani, uno sciopero che, più che una vera e propria mobilitazione, sembra essere stato un gesto simbolico poco incisivo. Le due ore di chiusura degli ombrelloni, dalle 7:30 alle 9:30, appaiono infatti più come un compromesso che come una vera azione di protesta. In un periodo in cui le spiagge italiane sono al culmine dell'affluenza turistica, scegliere le prime ore del mattino, quando ancora molti vacanzieri dormono o fanno colazione, sembra aver avuto più l'intento di evitare disagi che di ottenere reali risultati. Nonostante la “gentilezza” dello sciopero come è stato definito dalle associazioni dei balneari, il governo ha risposto all’appello dei manifestanti e ha promesso di convocare un Consiglio dei Ministri per affrontare la questione. Di conseguenza le altre due date degli scioperi previste sono state revocate.
A sottolineare ulteriormente la debolezza di questa protesta è la spaccatura all'interno delle associazioni di categoria. Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti hanno deciso di proclamare lo sciopero, ma senza il supporto unanime del settore. Assobalneari e Federbalneari si sono infatti dissociate dall'iniziativa, definendola uno "sciopero spot" che rischia di nuocere più ai turisti che non al governo. La decisione di non aderire è motivata dalla volontà di non danneggiare i consumatori che, scegliendo gli stabilimenti balneari italiani per le loro vacanze, contribuiscono significativamente all'economia del settore.
Il motivo di fondo dello sciopero, per quanto discutibile nella forma, è però di primaria importanza per i balneari: la questione delle concessioni. Queste sono scadute il 31 dicembre 2023, e da allora il settore vive in uno stato di incertezza per via delle pressioni dell'Unione Europea e del Consiglio di Stato italiano. La direttiva Bolkestein, emanata nel 2006, richiede che le concessioni balneari siano messe a gara pubblica per garantire la libera concorrenza, ma in Italia questo processo è stato costantemente rimandato per decenni.
Il governo attuale, guidato da Giorgia Meloni, aveva concesso un'ulteriore proroga fino alla fine del 2024, ma questa misura non ha risolto il problema di fondo. La procedura di infrazione avviata dall'Unione Europea continua a pendere sull'Italia, e i negoziati in corso con Bruxelles sembrano avvicinare sempre di più il rischio di un deferimento alla Corte di giustizia dell'UE. La situazione è ulteriormente complicata dalla mancanza di criteri nazionali per l’assegnazione delle concessioni, che costringe gli enti locali a definire autonomamente le regole per le gare, con il risultato di creare disparità di trattamento tra le diverse regioni.
I concessionari chiedono che, prima di avviare le gare pubbliche, vengano definiti criteri uniformi a livello nazionale per garantire equità e trasparenza. Non vogliono che la sorte delle loro attività, spesso frutto di decenni di lavoro e investimenti, dipenda dall'arbitrarietà di singole amministrazioni locali.
Inoltre, un'altra richiesta fondamentale riguarda il riconoscimento di indennizzi economici per i concessionari uscenti. Se le concessioni saranno messe a gara, i balneari temono di perdere le loro attività senza alcuna compensazione per il valore economico e affettivo accumulato nel tempo. Questa prospettiva è particolarmente preoccupante in un contesto in cui le spiagge italiane, considerate tra le più belle e redditizie d’Europa, potrebbero finire nelle mani di nuovi operatori senza un reale riconoscimento del lavoro svolto finora.
«La partecipazione allo sciopero di oggi è stata giusta, anche se è stata condotta con una modalità forse troppo moderata»-commenta Maurizio Criscuolo presidente della CNA Balneatori Lazio
Che intende?
«Chiudere gli ombrelloni per due ore, dalle 7:30 alle 9:30, ha sicuramente avuto un impatto mediatico, ma non è così che si dovrebbe scioperare. Ad indire l'azione è stato il presidente del SIP, ma si è trattato di uno sciopero troppo "gentile" vista l’entità del problema che mette a rischio i diritti della categoria».
Ci saranno altri scioperi?
«Le altre due date previste per gli scioperi sono state revocate perché il Governo ha promesso di convocare un Consiglio dei Ministri per affrontare la questione. Tuttavia, ciò che noi chiediamo è un provvedimento nazionale che possa evitare danni alla nostra categoria. È necessario garantire un’uniformità nei criteri di assegnazione delle concessioni su tutto il territorio nazionale, al fine di evitare disparità di trattamento. È essenziale creare tutele certe per chi lavora in questo settore. Inoltre, chiediamo che vengano previsti degli indennizzi. È chiaro che la spiaggia non è nostra, su questo siamo tutti d’accordo, ma gli stabilimenti sì: sono frutto del nostro lavoro e devono essere adeguatamente pagati. Attualmente, non sono previsti indennizzi, il che è inaccettabile. Non possiamo immaginare di dover cedere le nostre aziende, costruite con il lavoro di una vita, a chiunque vinca il bando. Un'altra questione che ci preoccupa riguarda i futuri concessionari: a chi verranno assegnate le spiagge? È molto probabile le aree più avviate e redditizie saranno quelle su cui ci sarà più attenzione e bisogna ricordare che in alcuni territori la criminalità organizzata è sempre in agguato e pronta ad approfittare di queste opportunità».
Cosa chiedete al Governo?
«La nostra categoria non può permettersi di restare in silenzio di fronte a queste problematiche. Serve un’azione decisa e una risposta concreta da parte delle istituzioni per garantire il futuro dei balneari e delle loro attività»