Noi siamo con gli ucraini. Noi non siamo Lucia Annunziata e Antonio Di Bella
Le offese pescate dal fuorionda della nota giornalista e conduttrice sono lo specchio di una mentalità vergognosa, razzista e classista della solita sinistra radical chic che non passerà mai
“Cameriere, camerieri, bandanti…amanti”. Con queste parole, in un fuori onda televisivo, Lucia Annunziata e Antonio Di Bella hanno etichettato i cittadini (e le cittadine) ucraini in Italia, durante uno speciale sulla crisi bellica, mentre in diretta stava parlando Enrico Letta e i due non si erano accorti di avere il microfono aperto. Frasi choc che hanno suscitato le proteste del sindacato Rai, e che sono state seguite dalle scuse dei protagonisti. Per Annunziata si è trattato di “un inciampo che un conduttore dovrebbe sempre saper evitare. Me ne scuso, sinceramente”. Di Bella scrive: "Rilevo dai social che alcuni miei commenti in studio 'fuori onda' nello Speciale Tg3 sulla guerra possono avere offeso la comunità ucraina in Italia e in particolare la sua componente femminile. Erano frasi da non pronunciare. Me ne rammarico e chiedo scusa alle donne e agli uomini della comunità ucraina in Italia”.
Al di là delle apprezzabili (e doverose) scuse, restano da notare due cose. Da un lato il disprezzo dal sen fuggito da parte di due rappresentanti della sinistra intellettuale, nei confronti di quelle che loro evidentemente considerano classi subalterne da trattare con sufficienza. Una stortura che a più riprese, purtroppo, riemerge nel dibattito pubblico. E che ben rappresenta l’ipocrisia di una certa galassia snob.
In seconda battuta, pur rallegrandoci del fatto che l’imbarazzante vicenda sia stata chiusa con delle scuse prontamente arrivate, ci chiediamo cosa sarebbe successo se i protagonisti del fuori onda fossero stati di un’altra parrocchia, rispondenti magari a un altro orientamento politico. Probabilmente si sarebbero già aperti i processi sommari sui giornali. Probabilmente le corazzate del femminismo starebbero già sfilando nelle piazze invocando il rispetto della dignità delle donne. Probabilmente anche la politica sarebbe intervenuta a colpi di interpellanze e lanciando dardi infuocati. Paradossalmente, invece, stavolta la questione è stata chiusa in fretta e furia, con discrezione e silenzio. Nessuna articolessa sui giornali, nessuna veste strappata da parte delle paladine delle donne offese. Così, quella che in altre occasioni sarebbe stato dipinto come un affronto inaccettabile, degno di arrivare ai tavoli delle Nazioni Unite, stavolta è stato archiviato per quello che è: un semplice incidente di percorso. Chiusa la questione. Gli irreprensibili sacerdoti del politicamente corretto, stavolta, erano in pausa pranzo. Con buona pace delle donne e degli uomini afgani, insultati in diretta tv.
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