Professor Giulio Sapelli, da storico ed economista le chiedo se non stiamo entrando in una nuova epoca, che poi sembra molto vecchia a dire il vero. Un mondo dove Stati Uniti e Russia si contendono e spartiscono l’Ucraina, che non è soggetto ma oggetto della trattativa.
«Sì».
E di questo l’Unione europea non si dà pace.
«Guardi Dragoni, noi stiamo entrando in qualcosa di assolutamente inedito. Quando noi parlavamo di ordine internazionale intendevamo un ordine simmetrico. Le faccio un esempio».
Prego.
«La pace vietnamita non fu raggiunta in Vietnam e neppure nella vicina Cina. Ma a Parigi. A trattare però c’erano i vietnamiti e gli americani. Con la mediazione dei francesi. La cosa sconvolgente di oggi è che le trattative sulla pace in Ucraina si fanno a Riad. E in questa trattativa non è presente l’Unione europea. E anzi, dico, nessun Paese europeo. Ma l’Ucraina – continuamente in conflitto con l’impero russo – è stata organicamente una parte europea di quell’impero euroasiatico. Che ha avuto varie forme e declinazioni. La Russia zarista prima, la Russia sovietica dopo, e oggi la Russia putiniana. Un sistema oligarchico capitalista. Questo vuol dire stiamo andando verso un ordine internazionale asimmetrico».
Che tradotto?
«Che tradotto significa che chi negozia non è il protagonista dell’area in cui risiede l’oggetto del negoziato. Questa asimmetria è pericolosissima. Come si fa a garantire una pace senza gli attori che dovrebbero impersonificare la pace? Questo può aprire continuamente all’esplosione di nuove guerre. È come un campo flegreo che sobbolle e da cui può scaturire la continua possibilità di un’emersione di una nuova guerra».
Sembra di capire che l’amministrazione Trump stia dando all’Ucraina questa garanzia: «Non avrai il mio esercito ma le mie imprese che da te lavorano ed investono. Questo sarà sufficiente a far sì che Putin non si rifaccia sotto». È giusto? E soprattutto, può funzionare questo meccanismo?
«Potrebbe funzionare se gli Stati confinanti con la Russia -tra cui in primis i Paesi baltici e la Polonia – non torneranno a manifestare manovre percepite come aggressive da Mosca. La Russia è una potenza che si estende dal Mar Nero all’Indopacifico con una popolazione molto scarsa. In tutta la sua storia si è sempre sentita minacciata. Appena qualcuno si affacciava al suo confine, la Russia vedeva un pericolo. Adesso vede all’orizzonte un complesso di Stati. Con a capo la Gran Bretagna. Segmento essenziale della potenza anglo sferica. Sempre organicamente anti russa. Altra asimmetria, mentre con la Russia trattano gli Stati Uniti il premier Starmer sta esercitando un ruolo in questo momento. Ed ha l’arma atomica».
Anche la Francia…
«Ma un esercito in rotta. Mi ricordi l’ultima guerra in cui i francesi sono risultati vincitori?».
…
«Sono stati occupati anche dalla Germania nazista in meno di un mese di guerra. Hanno perso in Indocina. Hanno perso tutto in Africa. L’esercito francese è stato sostituito da mercenari romeni. Lei capisce che è una situazione veramente inedita e pericolosissima. Come diceva il Santo Padre: “Se tu abbai ai confini della Russia, l’orso che sta lì dovrà reagire”. Sta montando una situazione pericolosissima. Mi chiedo se qualcuno stia consigliando Trump in questo senso. Come può durare questa situazione?».
Il solo vantarsi pomposamente di un piano di riarmo europeo di per sé esaspera la situazione e rema contro la trattativa che sta portando avanti Trump?
«Ma non c’è nessun dubbio. In cuor mio spero, perché sono ancora una persona pensante, che mentre il cane abbaia si svolgano segretamente dei contatti fra Paesi europei e Russia. Per evitare danni».
Lei crede alla narrazione secondo la quale gli Stati Uniti vogliono abbandonare la Nato al suo destino e con essa tutti i Paesi europei che ne fanno parte?
«Ma no!».
Va spiegato bene…
«È solo un gioco di specchi. Agli americani, sintetizzo in maniera brutale, interessa ridurre la Germania a un campo di patate. Non vogliono quel cane lupo nel mezzo che crea problemi di concorrenza nel momento del confronto con la Cina. Con Pechino gli Stati Uniti vogliono trattare da soli».
E gli Usa intendono sottrarre Mosca dall’abbraccio di Pechino…
«Ancora vale, guardi, la vecchia definizione che veniva data della Nato. L’America dentro, la Russia fuori e la Germania sotto. Ma sotto, sotto, sotto, sotto».
Ha reso l’idea. A questo proposito esiste la prospettiva che il Nordstream possa tornare in funzione ma governato da Russia e America e non da Russia e Germania?
«È l’unico modo con cui può ritornare in funzione. Perché così si inserisce in un gioco di spartizione del dominio e di garanzia della pace. Sarebbe l’unica garanzia vera della pace».
L’amministrazione Trump guarda all’Italia. E qualcuno dice che dobbiamo fare da ponte fra Stati Uniti ed Europa. Ma se Donald Trump avesse voluto parlare con l’Unione europea non avrebbe cercato Giorgia Meloni. Perché allora gli Stati Uniti guardano all’Italia? C’è solo un’affinità politica con Meloni oppure c’è il Mediterraneo?
«C’è il Mediterraneo. Certamente. E poi c’è anche una tradizione. L’Italia è un Paese saldamente ancorato alla cosiddetta anglosfera. Il Piemonte ha avuto relazioni importanti con l’Inghilterra già prima dell’unificazione. Si pensi alla guerra di Crimea fatta d’accordo con gli inglesi e coi francesi. Ma soprattutto con gli inglesi. E i valdesi, in fondo, sono stati salvati dallo sterminio dei francesi nelle valli pinerolesi grazie al rapporto con l’Inghilterra. Che ha avuto alti e bassi coi Savoia. Sia chiaro. Nel secondo dopoguerra siamo stati vassalli intelligenti dell’America. Vuole avere la riprova di ciò che dico?».
Prego!
«L’Italia ha sempre avuto fieri oppositori dell’anglosfera. Pensi a Gronchi poi diventato presidente della Repubblica. Alla sinistra democristiana, sempre scettica sul Patto atlantico. Ad Almirante, contrario alla Nato. Ma noi in Italia abbiamo basi americane con le armi nucleari. Si pensi alla base di Napoli. La più grande base Nato nel Mediterraneo. O ad Augusta».
Lei sostiene che la presenza da sempre nel panorama politico italiano di figure apertamente scettiche se non addirittura ostili nei confronti della Nato sia una riprova infallibile della nostra appartenenza a quel mondo.
«Ma è ovvio. Non è certamente merito della Meloni, che però è intelligente e benvenuta. Proprio perché lei viene da una tradizione originariamente antiatlantica».
Non posso non stimolarla, da storico, sulle polemiche roventi di questi giorni a proposito del Manifesto di Ventotene. Che valore ha quel documento, professore? Intendo storicamente.
«Le dico solo una cosa. Così sarò chiarissimo. Sandro Pertini, che firmò quel documento, venne poi espulso dal Partito socialista. Quel documento era stato scritto da filo-trotzkisti che avevano in mente la rivoluzione socialista d’Europa. Riconducibile alla prima fase della vita di un uomo come Altiero Spinelli che poi nel tempo è cambiato. Trotzkisti lo si è quando si è giovani. È stato scritto in carcere da persone che avevano tradizioni diverse. Ernesto Rossi era un liberalsocialista. E Spinelli, invece, era un trotzkista. Oppure lo chiami un marxista che criticava l’Unione sovietica di Stalin. Personaggi coraggiosi, antifascisti e nobilissimi firmarono quel documento. Ma ripeto, il Psi espulse Pertini. Il Manifesto di Ventotene è un pezzo della storia dell’antifascismo italiano e della tragedia del movimento comunista internazionale. Non c’entra nulla con la storia di oggi o con l’Unione europea. Vedo politici che vanno in gita a Ventotene: ma lasciate perdere…».
Un capitolo dell’eterno conflitto fra Trotzki e Stalin, insomma!
«La riproposizione della dottrina trotzkista in antitesi all’Unione sovietica staliniana. Una Europa socialista senza frontiere, in antitesi all’Europa delle nazioni e capitalista. Un creato dell’Internazionale comunista. La quarta internazionale. A cui aderivano anche personaggi dalla non chiara saldezza ideologica. Voglio dire, giù le mani dal Manifesto di Ventotene. A partire da Michele Serra, soprattutto. Ma quanta ignoranza che vedo…».