Prudenza su pensioni e bonus. La manovra congela deficit e debito
C’è molto realismo fiscale che significa prudenza sui conti pubblici, preferenza a politiche di defiscalizzazione, concretezza sul reperimento delle risorse per lo Stato. Si riducono i bonus, non c’è spazio per aumentare dipendenti e strutture pubbliche, non ci sono misure di spesa corrente improduttiva.
Le notizie che arrivano sulla nuova legge di bilancio sono in gran parte positive. Nessuna esplosione del deficit, priorità alla crisi energetica, rispetto parziale delle promesse elettorali. I provvedimenti migliori, anche se bisognerà aspettare la bozza finale, sono l’innalzamento della Flat tax per gli autonomi a 85,000 euro e la riformulazione del reddito di cittadinanza. Due scelte che rendono chiara l’impostazione del governo, prima chi produce e lavora. Non era scontato dopo anni di bonus a valanga ed espansione della spesa pubblica. Positiva anche la proposta di stanziare oltre mezzo miliardo in due anni per rifinanziare la 'Nuova Sabatini', diventata uno strumento strutturale di sostegno al sistema delle Pmi per l'acquisto o acquisizione in leasing di beni strumentali. Il Ministero delle Imprese e del made in Italy stima uno stanziamento aggiuntivo di 255 milioni per il 2023 e 250 per il 2024. La misura mira anche ad accelerare i pagamenti in favore delle Pmi per venire incontro alle esigenze di liquidità per la crisi energetica in corso. Proprio per il caro bollette il governo dovrebbe stanziare 21 miliardi sui 30-32 previsti dalla manovra, di cui bisognerà osservare i meccanismi. Ancora poco chiaro, inoltre, risulta la revisione del bonus edilizio 110%.
Tuttavia, la volontà di tenere a freno un incentivo che si è prestato a innumerevoli abusi non può che essere salutata con favore. C’è una saggia prudenza anche sulle pensioni - tema elettorale caro alla Lega - dove si prevedono coperture derivanti dalla modifica del reddito di cittadinanza. Mentre il tetto al contante alzato a 5.000 euro dovrebbe favorire la spesa di quei capitali non dichiarati, con la loro immissione nel circuito economico, oltre a tutelare la libertà dei cittadini rispetto alla spesa dei propri risparmi. Un provvedimento che si muove sulla stessa linea della tregua fiscale, anch’essa nella manovra. Il cuneo fiscale scenderà invece di due miliardi, in continuità col percorso del governo Draghi. Ci sono poi alcune misure la cui utilità lascia più perplessi. Ad esempio, servono davvero centinaia di milioni per proteggere e promuovere il Made in Italy? O, ancora, conviene insistere sulla tassazione dei cosiddetti “extraprofitti” delle aziende energetiche, misura che si è già mostrata inefficace e non risolutiva? L’azzeramento dell’Iva su pane e latte sarà capace di contenere i prezzi o invece favorirà la speculazione dei produttori? Serve davvero, come si paventa, una tassa sulle consegne a domicilio che nell’intenzione vorrebbe colpire Amazon e nella pratica danneggia le aziende di trasporto italiane e al tempo stesso non difende con efficacia alcun commercio di prossimità? L’impianto generale della legge di bilancio è buono, ciò che ci si aspetta da un governo di destra. C’è molto realismo fiscale che significa prudenza sui conti pubblici, preferenza a politiche di defiscalizzazione, concretezza sul reperimento delle risorse per lo Stato. Si riducono i bonus, non c’è spazio per aumentare dipendenti e strutture pubbliche, non ci sono misure di spesa corrente improduttiva. Qualche provvedimento, però, eccede in demagogia e superficialità. Sono comprensibili i prezzi da pagare alle campagne elettorali di tutti i partiti, e dunque la ratio di alcune misure. C’è da augurarsi che questo approccio resti nei prossimi anni, senza che demagogia, protezionismo, corporazioni e clientelismo arrivino a dominare l’impianto fondamentale della legge di bilancio o a dissipare le casse statali. Questa partenza resta comunque un buon auspicio per il futuro.