Il governo ottiene la fiducia alla Camera, ma quanta fatica...
Via libera da Montecitorio al voto di fiducia dopo un percorso, già difficile a prescindere, che la maggioranza è riuscito a complicarsi ulteriormente
Il voto (di fiducia, (221 si e 152 no) racconta di una maggioranza compatta ma è evidente che oggi nel centrodestra cantare vittoria sia molto, ma molto difficile. Il percorso della legge di bilancio che verrà approvata domani mattina infatti è stato più complicato del previsto. O, meglio.
Fin dal giorno della caduta del Governo Draghi e del via alle elezioni anticipate tutti gli analisti avevano ventilato i rischi che avrebbe avuto il nuovo esecutivo nel portare a casa una legge di bilancio in tempo per evitare l’esercizio provvisorio. Il tempo era poco, pochissimo, e fin dal principio Giorgia Meloni, Giorgetti e gli altri ministri hanno provato a fare il prima possibile. E così era sembrato in principio al momento della sua approvazione in Consiglio dei mInistri. Da quel momento però c’è stata qualche frizione interna di troppo, qualche tentativo in alcuni casi anche maldestro, di portarsi a casa qualche bandierina di partito. Il tutto con una coperta (economica) ridotta all’osso. L’ammontare delle risorse, lo si sapeva, non avrebbe superato di molto i 30 miliardi di euro e, soprattutto, era chiaro che gran parte di questo tesoretto sarebbe stato destinato alla riduzione del caro energia e bollette.
C’è stata quindi qualche ora di lavoro di troppo dedicata a litigare sul futuro del superbonus, alle modifiche sulla riforma e sugli aumenti delle pensioni, alla vicenda del tetto sull’uso del contante e sui limiti del pos ed è soprattutto su questo che il Governo ha mostrato una certa fragilità partendo in un senso (niente obbligo fino ai 60 euro) per poi ritornare sui suoi passi.
Dall’altra parte non si può non segnalare come sul tanto discusso Reddito di Cittadinanza la maggioranza abbia tenuto la barra dritta, come annunciato in campagna elettorale, soprattutto con le ultime novità introdotte grazie all’«emendamento Lupi» sull’offerta “congrua” che di fatto segna la fine del sogno di chi pensava, non avendo impedimenti per non lavorare, di campare a spese dei contribuenti.
Va anche ricordato che l’Europa ha approvato il testo della nostra legge di bilancio, seppur con qualche critica, al contrario invece di quanto successo con quelle di altri paesi, su tutti, la Germania, che è stata bocciata.
In principio abbiamo detto che Giorgia Meloni oggi non possa oggi cantare vittoria ma di sicuro da domani può guardare al futuro con speranza; speranza di avere più tempo davanti; che dal mondo dell’energia arrivino notizie migliori; che la recessione tanto temuta sia più contenuta del previsto (e le file di vacanzieri viste per il ponte dell’Immacolata e che gli esperti si attendono anche per Natale fanno ben sperare in tal senso).
L’ultima riflessione però va dedicata alle opposizioni al governo, che di fatto non esistono.
Il Movimento 5 Stelle è preso nella difesa a spada tratta del Reddito di Cittadinanza, anzi, del suo bacino elettorale al sud, in una lotta per strappare più elettori possibili al Pd. La sinistra si trova nel momento più difficile della sua storia con i Dem concentrati sul congresso di primavera ed in crollo nei sondaggi mentre dall’Europa ci raccontano che la tanto decantata «superiorità morale» sbattuta in faccia al centrodestra per decenni scompare davanti alle centinaia di migliaia di euro partite dal Qatar e finite nelle tasche, nei trolley e nei conti di diversi suoi rappresentanti. Il Terzo Polo poi sembra vivere sul limbo tra maggioranza ed opposizione e vede Matteo Renzi più impegnato a fare conferenze in giro per il mondo.
Miglior condizione per lavorare a Palazzo Chigi, da questo punto di vista, Giorgia Meloni non la potrebbe avere.