Meloni a testa alta davanti alle contestazioni della Cgil (a cui ha sottratto il voto dei lavoratori)
Ironia verso i contestatori e barra dritta sulle idee politiche. Il premier esce a testa alta dalla «gabbia dei leoni»
Ci sono due cose che vanno valutate riguardo la «storica» presenza e discorso di Giorgia Meloni sul palco del congresso della CGIL. Il primo è il piano umano e comportamentale. Il secondo è quello politico, legato cioè all’intervento, alle parole.
Inutile dire che il clima, si sapeva, non è stato certo di benvenuto con fiori ed applausi. le contestazioni, previste, non sono mancate. Diversi delegati sono usciti, senza ascoltare le parole del premier. Altri hanno intonato «Bella Ciao». Addirittura una iscritta ha indossato l’ormai abituale stola della ferrigni (Sanremo Edition) con scritto: «Pensati sgradita»… Nulla che abbia minimamente scalfito Giorgia Meloni che tra ironia e carattere ha mostrato il petto alla platea. «Pensati sgradita? Non sapevo che la Ferragni fosse una metalmeccanica». Poi la seconda battuta legata ai fischi ricevuti al suo arrivo (ma mai durante il suo intervento): «Mi fischiano da quando avevo 16 anni, sono Cavaliere del Lavoro di fischi…». Il Premier ha poi spiegato i motivi della sua presenza, ricordando che malgrado l’invito al premier sia prassi da parte della CGIL negli ultimi 20 anni i diversi Presidenti del Consiglio non si erano mai presentati. «Oggi sono qui - ha detto Meloni - perché è il giorno dell’unità d’Italia, e questo ha un significato superiore alle nostre divisioni e diversità politiche». E con questo le contestazioni sono state sistemate.
C’è poi il discorso. La Meloni ha ribadito cose già note su molti temi: Reddito di Cittadinanza, salario minimo, lavoro, natalità, scuola, pensionati ed anziani. Nel valutare le sue parole però si dovrebbe fare una cosa particolare. Leggere il testo, integrale, senza spiegare al lettore chi abbia detto quelle parole. Bisogna cercare di ascoltare senza preclusioni di partito o coalizione. Una cosa impossibile per molti, moltissimi italiani per cui la politica è una questione di tifoseria, peggio in alcuni casi di quanto avviene per la propria squadra del cuore. Un tifo che annebbia e toglie lucidità e che porta alla conclusione: «Se l’ha detto la Meloni allora è sbagliato!».
Eppure a leggere il testo, in modo distaccato, come si fa a dire che non sia un frase di buon senso «Il Reddito ha fallito e io voglio regalare ad un giovane una prospettiva di una vita migliore, non un sussidio per restare in una situazione di difficoltà perenne». Come si fa a non essere d’accordo quando una persona dice che «l’unica soluzione per questo Paese è puntare sulla crescita economica». Come si fa a dire che sia sbagliato criticare quanto accaduto alla sede della CGIL «Credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece in questi mesi, purtroppo, mi pare che siano sempre più frequenti segnali di ritorno alla violenza politica, con l'inaccettabile attacco degli esponenti di estrema destra alla Cgil». Oppure, come non essere d’accordo con chi dice «Se in passato non c'è stata un chiara scelta su politiche industriale è perché la politica ha avuto un orizzonte breve. Una politica industriale di lungo periodo non può essere accompagnata da governi che durano qualche mese».
Ci dovrebbe pensare chi oggi se n’è uscita dalla sala, pugno sinistro al cielo, convinti ancora che il mondo sia lo stesso di 50 anni fa, che in Italia ci siano milioni di operai e centinaia di migliaia di questi con la tessera della CGIL. Invece è cambiato tutto. Oggi, lo ha detto il voto delle politiche, gli operai alla tessera della CGIL hanno preferito Fratelli d’Italia.