Nel 2022 il Governo deve dirci cosa vuol fare sul tema migranti
L'anno appena trascorso ha registrato un'impennata decisa degli sbarchi. La cosa, causa Covid, è passata sotto silenzio. Ma non si può sempre scappare da responsabilità e risposte
Ora che i discorsi istituzionali di fine anno sono terminati e la politica (dopo l’ennesima manovra approvata al 30 dicembre) si concede qualche giorno di pausa c’è una cosa di cui si è parlato poco ma che merita attenzione. Abbiamo sentito commenti sul bilancio della politica, del Covid, della natalità, dello sport, della scuola. Poco però si è detto sulla questione migranti, naturalmente passata sotto silenzio vista la forza della pandemia e dell’ondata di Omicron.
Eppure proprio oggi il Ministero dell’Interno mostra sul suo sito i consueti grafici aggiornati giorno per giorno, con analisi e confronti con il passato.
Semplici numeri, nudi e crudi, sui quali vale la pena affermarsi per poi arrivare alle conseguenze ed alle considerazioni politiche.I migranti sbarcati nel 2021 sono stati 67.040. Rispetto al 2020 la cifra è di fatto raddoppiata (erano 34 mila) e se si paragona la cifra a quella del 2019 quando regnava la norma dei porti chiusi con Salvini al Viminale siamo a sei volte tanto (11.440). Il trend quindi è evidente e racconta di una crescita continua. Ma è interessante anche leggere il resoconto sui paesi di provenienza dei migranti arrivati sulle nostre coste.
A far la parte del leone la Tunisia, con oltre 15 mila arrivi. Poi, a distanza, ci sono: Egitto (8.352), Bangladesh (7.824), Iran (3.915), Costa d’Avorio (3.807) etc etc etc. Dai dati, dai numeri, scaturiscono naturali delle osservazioni che spesso smascherano credenze e luoghi comuni su cui molti (a sinistra) basano le loro posizioni politiche sul tema. Si nota facilmente come ad esempio non è vero che i migranti vengono in Italia per «scappare dalla guerra». In Tunisia, Egitto, Bangladesh, Iran non ci sono guerre in corso. Non si tratta quindi di rifugiati o profughi ma di migranti economici alla ricerca di una vita migliore.
La seconda considerazione è che, vista anche la pandemia che ha allargato la forbice esistente tra i paesi ricchi e quelli poveri, è facile prevedere che il numero complessivo degli sbarchi salirà ancora.Il problema qui non è quello di trovare una definizione ad una cifra; per dire: non interessa sapere se sia una «invasione» o sapere da che cifra possa essere veritiera questa definizione. La questione è semplicemente politica, nazionale ed europea. E qui sorgono le vere preoccupazioni.
Perché nemmeno Mario Draghi, la figura internazionale più prestigiosa ed ascoltata in Europa e nel mondo che l’Italia abbia avuto negli ultimi decenni, è riuscito a trasformare in atti concreti le solite promesse e parole di Bruxelles. Niente, è rimasto tutto come prima. Anzi, è andata anche peggio visto che siamo ancora sotto ricatto con la Turchia alla quale versiamo miliardi per evitare l’invasione anche dalla rotta balcanica in più concediamo alla Polonia la possibilità di respingere con la forza e con i muri i migranti che Lukashenko (anche lui caccia di euro) vuol far entrare dalla Bielorussia. Insomma, da alcune parti si chiude, con la violenza e va tutto bene. Ma da noi vige ancora la regola del #restiamoumani.
Una cosa sola sul tema chiediamo a questo 2022: una posizione chiara della nostra politica, anzi del nostro governo sui sbarchi ma soprattutto sul dopo. Perché una volta giunti a terra (tra gli applausi delle Ong) il viaggio dei migranti non è mica finito, anzi. È appena cominciato. Difficile pensare che nella società di oggi, tra crisi aziendali, paure, ondate, chiusure si possa trovare un percorso legale ed umano per ciascuno di loro. È su questo che ora servono risposte, senza le solite bugie ed ipocrisie, come quelle sui rimpatri e sugli accordi (come quello di Malta) che un secondo dopo la firma sono già carta straccia.
Se ne ricordi il Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese.