La Milano della «paura» figlia dell'accoglienza per tutti a tutti i costi
L'accoltellamento alla Stazione Centrale rilancia l'allarme sicurezza nel capoluogo lombardo e racconta l'ennesima storia di immigrazione clandestina senza integrazione
Milano, abbiamo un problema. Forse, oltre a occuparci dell’area C e dell’area B, sarebbe il caso di mettere i piedi ogni tanto nell’area P, dove “P” sta per “paura” di girare per strada. Il marocchino di 23 anni che ieri sera ha ferito sei persone nei pressi della stazione centrale, ha seminato il panico per le strade milanesi con la sicurezza di chi sa che le regole, da noi, lasciano ampio spazio all’interpretazione. Così, più o meno cosciente, l’uomo ha messo in segno in pochi minuti una serie di colpi in sequenza, minacciando cinque donne con un piccolo coltello: alcune sono state ferite, un'altra è stata colpita con un pugno in faccia. Un uomo di 68 anni, che cercava di aiutare le vittime, cadendo ha riportato un trauma alla testa ed è ricoverato in codice rosso. Gli agenti che hanno fermato l’aggressore hanno trovato un bottino di cellulari, carte di credito e contanti.
Di solito, in casi come questi, le domande sono sempre le stesse: come poteva un personaggio del genere girare indisturbato per i viali tra Piazzale Loreto e la stazione, visti peraltro i precedenti? Da dove è arrivato? Come è sbarcato su suolo italiano? Come ha potuto seminare il terrore nel centro città, in un ambiente che pure lo ha accolto e rimesso a piede libero, nonostante fosse già stato fotosegnalato per furto?
La retorica dell’accoglienza a tutti i costi fatica a reggere il colpo, quando in una metropoli europea come Milano la situazione sfugge di mano. Si fa presto a dire, come fa il sindaco Sala, che “Milano non è in emergenza”, e che la colpa è dello Stato centrale che non fornisce risorse per vigilare. Certo, senza poliziotti in giro la sicurezza sarà sempre un miraggio. Ma lo scaricabarile a volte è la scorciatoia più comoda. Perlomeno, da domani, ci venga risparmiata la prosopopea sulla Milano da bere, a misura d’uomo, ecologicamente corretta. Sebbene i reati siano in diminuzione, Milano vanta il triste record della città più pericolosa d’Italia: e troppe sono le terre di nessuno dove dopo una certa ora passeggiare significa sfidare la sorte.
Questione di risorse certo, ma anche di priorità politica. Di chi a volte dimentica che la città non comprende soltanto le isole pedonali dei locali alla moda, ma anche tutto ciò che c’è intorno. Dove, ogni notte, in ogni sottopasso, si rischia la vita per pochi spiccioli. Possibile che gli allarmi democratici debbano riguardare solo la violenza fascista (o presunta tale), e non la violenza “reale” che dilaga sotto casa?