Il Seveso che esonda non è una novità, ma rimane un problema irrisolto da troppo tempo
In 48 anni si sono contati 118 allagamenti. Colpa di quel tratto di fiume interrotto e coperto da cemento e per cui, nessuna amministrazione ha mai attuato un vero e proprio piano per contenere le esondazioni
Milano, 31 ottobre 2023. Non è uno scherzetto di Halloween. La città nella parte Nord si sveglia con torrenti di acqua giallognola al posto delle strade. "È esondato il Seveso" avrà commentato qualcuno guardando dalla finestra e vedendo la propria auto parcheggiata sotto casa sommersa a metà dalle acque. Il tono, lo possiamo immaginare: sconforto, misto a rabbia. Certo.
Perché quello del Seveso che esonda alle prime piogge, non è certo una novità a Milano. È un problema ricorrente - da ben 48 anni, mica bruscolini - e che nessuna amministrazione ha mai pensato a risolvere definitivamente ma da sempre banco di bagarre tra schieramenti politici locali.
Per capire il motivo di queste esondazioni dobbiamo fare un passo indietro nella storia del capoluogo lombardo.
Milano è una città situata lungo la cosiddetta "linea dei fontanili". Questa regione è contraddistinta da variazioni geologiche sotterranee che consentono alle acque sotterranee di emergere in superficie. La città è attraversata o toccata da ben cinque importanti corsi d'acqua: l'Olona, il Lambro, il Seveso, oltre al Ticino e all'Adda e, ad eccezione del Lambro, tutti i fiumi naturali che attraversano Milano sono stati interrati e scorrono sotto il livello stradale. Tra questi spicca il Seveso.
Proprio il fiume Seveso è uno dei più noti corsi d'acqua della città, ed è il protagonista di frequenti esondazioni. Con una lunghezza di 52 chilometri, il Seveso sorge a Cavallasca, nella provincia di Como, sul monte Sasso a 490 metri di altitudine. Da qui scorre attraverso Bresso e raggiunge Milano nella zona di Niguarda. Durante l'epoca romana, il fiume si estendeva fino al centro storico di Milano, penetrando da Piazza San Babila per alimentare le terme Erculee. Successivamente, le sue acque confluivano nel fiume Lambro dopo aver percorso il moderno canale Cavo Redefossi, situato vicino alle mura spagnole.
Nel 1471, il corso del fiume fu modificato con il completamento del Naviglio della Martesana. I due corsi d'acqua si incrociarono proprio in via Giacomo Carissimi, e il Naviglio della Martesana divenne il punto in cui il Seveso si riversava. Nel corso del XX secolo, anche il fiume Seveso fu gradualmente interrato, inizialmente nel centro della città e successivamente nelle zone periferiche, fino a raggiungere Niguarda e il confine comunale con Bresso. Attualmente, circa 9 chilometri del fiume sono coperti.
Ma perché il Seveso è un problema? Il flusso del fiume è da sempre stato ostacolato da diversi fattori, tra cui la presenza di ponti, attraversamenti e restringimenti di sezione, oltre all'urbanizzazione del territorio e al confinamento del corso d'acqua. Inoltre, il Seveso è un punto di drenaggio delle reti fognarie urbane. In caso di forti piogge, il fiume può superare la capacità di drenaggio del sistema fognario e fuoriuscire in superficie. Per affrontare questo problema, è stato pianificato un piano di contenimento delle piene del Seveso, che prevede la costruzione di quattro vasche di laminazione. Tre di queste vasche situate nei comuni di Lentate, Varedo e Senago, a nord di Milano, mentre la quarta si trova a Bresso, al confine con Milano. Queste vasche - dicono gli esperti da anni - sarebbero in grado di contenere le piene del Seveso e ridurre il rischio di esondazioni nelle zone di Niguarda, Pratocentenaro, Istria e Isola. Come? In caso di allarme esondazione, le vasche consentiranno di regolare il flusso del fiume, evitando esondazioni. L'acqua in eccesso verrà convogliata nelle vasche, dove potrà essere immagazzinata. Una volta che la situazione rientra, l'acqua verrà pompata nuovamente nel Seveso, consentendo ai mezzi di accedere al fondo delle vasche per la pulizia e il ripristino. Tuttavia, affinché questo sistema funzioni efficacemente, è necessario che tutte e quattro le vasche siano operative.
Così, torniamo al 31 ottobre 2023 e ai 31 millimetri di pioggia caduti in un'ora all'alba. Cambiano le auto, i modelli di abiti, i look dei residenti nelle zone Nord di Milano ma la costante dell'inondazione del "fiume nero" (come è stato rinominato il Seveso) resta. E con lei il rimpallo delle colpe che ha, come oggetto della disputa, proprio le famose vasche di contenimento. Da una parte la giunta di Beppe Sala, con l'assessore alla Sicurezza Marco Granelli che attacca: "Qualcuno dice ancora che le vasche non servono. La vasca di Milano è in collaudo, ma le altre, quelle di Regione Lombardia, sono indietro". Parole che hanno attirato l'immediata reazione del presidente della regione, Attilio Fontana, che ha sottolineato: "Credo che Granelli si dovrebbe occupare di gestire meglio la città. Le vasche di laminazione saranno pronte. La prima verrà consegnata entro la fine di gennaio, la seconda entro marzo. Stiamo rispettando i tempi". "Granelli si è affrettato a dire che le vasche del Parco Nord saranno presto pronte, ma dopo 12 anni di amministrazione PD i milanesi ne hanno i...tombini pieni" si è affrettato a sottolineare Alessandro De Chirico, capogruppo di Forza Italia a Milano "Chi, come me, ha avuto la sventura di muoversi in macchina ha trovato una città allagata e con alberi caduti un po' qua e un po' là. Poveri ghisa che da stanotte alle 4 stanno dando il loro contributo con un equipaggiamento non adeguato, ma nemmeno gli stivali, stasera avranno le rane negli scarponcini in dotazione. Non che sia andata meglio a chi ha scelto di usare un mezzo pubblico. Sono tantissime le linee deviate e anche la filovia sta subendo innumerevoli minuti di ritardo. Nessun annuncio, nessuna informazione sui display. Se non hai l'APP di ATM...ciccia. Gente imbufalita e tranvieri che maledicono i loro capi. Piazze tattiche trasformate in laghetti tattici. È questa la Milano di Sala e del PD: attenta alle apparenze e per nulla attenta all'ordinario".
Insomma, mentre la politica arranca sui tempi e si attacca alle vasche, la città continua a svegliarsi allagata. Le cantine e i piani terra di case e negozi subiscono danni, il traffico viene rallentano, le auto sono costrette a riparazioni inaspettate. E poi ci sono i mezzi di trasporto che non funzionano, le linee interrotte, e le metropolitane che si trasformano in vasche con cascate lungo le scale. Di fronte a un cambio climatico ormai effettivo e a bombe d'acqua - come quella che ha colpito Milano l'altra notte - ormai non sono più una novità ma, quasi, l'ordine del giorno, la gag del tombino che straripa che la politica milanese ci propina a ogni pioggerellina ha perso di simpatia. Che intervenire, una volta per tutte, sia una soluzione?