La morte di Navalny ci racconta la differenza tra un regime vero e quello (italiano) inventato
Navalny dopo Prigozhin, dopo e come tanti altri. Ed il mondo tace. mentre da noi si manifesta davanti alle sedi Rai per Dargen D'Amico
A volte serve una secchiata di acqua gelata per svegliarsi dal torpore. A volte serve uno schiaffone per farci tornare sulla terra e riportarci a vedere le cose come sono. Oggi dalla Russia è arrivata la notizia della morte di Evgeniy Navalny. Per chi non lo sapesse stiamo parlando del 47enne principale oppositore da un decennio di Vladimir Putin. Un uomo che ha combattuto con tutti i mezzi democratici, per quanto sia utilizzabile la parola democratico a Mosca e paese, l’uomo a capo del paese: manifestazioni, proteste, convegni, incontri. Un uomo in grado di attrarre giovani e persone che dello «Zar» di oggi al Cremlino erano e sono stufe.
Spesso si è abusato il termine Eroe, bene Navalny è un eroe. Ha dovuto subire di tutto: botte, processi assurdi, un avvelenamento mentre era a bordo di un aereo, l’arresto ed oggi la morte. Inutile dire che la «trombosi» della versione ufficiale è ipotesi a cui fuori dai palazzi del potere di Putin non crede nessuno. Navalny ha fatto la stessa fine di qualsiasi avversario del presidente russo. Persino ex amici, come l’ex fondatore e comandante della Wagner, Prygozhin, colpevole di essersi ribellato dirigendo uomini e carri armati verso Mosca prima dell’accordo e dell’«incidente aereo» casuale che lo ha portato alla morte. Dall’inizio della guerra la lista dei potenti morti in maniera misteriosa è lunga, lunghissima; potenti, ricchi ma rei di aver espresso solo delle perplessità sulla guerra scatenata contro l’Ucraina.
Putin non fa sconti e nemmeno prigionieri, i suoi nemici hanno i giorni contati mentre il resto del mondo, che tutto sa, può solo stare in silenzio e non dire (e fare) nulla.
Tutto questo accade il giorno dopo le proteste a Bologna davanti alla sede della Rai; manifestazione arrivata dopo quella di Napoli e nata per il semplice fatto che durante Domenica In sia stata letto un documento in cui l’ad Sergio diceva la sua sulla guerra Israele-Hamas. Questo basta per una buona parte della sinistra per gridare al Regime, alla mancanza di libertà, di opinione e non solo.
La morte di Navalny dovrebbe almeno aiutare questi manifestanti a capire come stanno davvero le cose. L’Italia è un paese libero, la Russia no.
Ps. Oggi un politico ha dato davanti a giornalisti e telecamere, della «stronza» al nostro Presidente del Consiglio. Adesso immaginatevi la stessa scena sulla Piazza Rossa...