Nordio: «La politica smetta di inchinarsi alla magistratura»
Carlo Nordio (Ansa)
Politica

Nordio: «La politica smetta di inchinarsi alla magistratura»

Il testo della riforma che ha scatenato la bufera tra governo e toghe arriverà presto in Parlamento. Il ministro della Giustizia: “Nessuno vuole impedire alla magistratura di commentare le leggi sotto il profilo tecnico”

Dopo tante invettive tranchant, frutto di un’esasperazione del clima, da una parte e dall’altra, le parole del Ministro della Giustizia Carlo Nordio sembrano riportare il discorso pubblico in un alveo di buon senso. “Mi rifiuto di pensare a magistrati che vogliono interferire nell’azione governativa attraverso azioni giudiziarie" – ha detto il Guardasigilli intervistato da Libero – con ciò sgombrando il campo dagli eccessi complottistici che stanno ancora avvelenando la Repubblica dopo 30 anni.I casi La Russa, Delmastro e Santanché, per il ministro, non sono collegati. Non c’è una manina che unisce le procure nello sferrare la bordata al governo.

Ma, detto questo, e qui arriviamo al cuore del ragionamento di Nordio, c’è un grave vulnus di cui non riusciamo a liberarci. E riguarda l’indipendenza reciproca di politica e magistratura: una indipendenza che oggi esiste solo a metà, a vantaggio esclusivo delle toghe. “Ogni volta che si sia provato a fare una riforma della giustizia, è sempre stata bloccata con interventi giudiziari”, dice il ministro. Come se l’equilibrio tra poteri, da anni, fosse sbilanciato da una parte.

Ma non è tutto. Dice Nordio – da liberale – che la colpa di questo squilibrio non è dei magistrati, che hanno il diritto di commentare e criticare sotto il profilo tecnico le leggi. No, la colpa è della politica che si è sempre “inchinata alla magistratura”. Il punto è fondamentale perché sposta la responsabilità non già sull’arroganza o sulle mire segrete di una parte della magistratura: Nordio ci sta dicendo che il problema a monte della giustizia è la debolezza della politica, che non ha mai avuto il coraggio di fare ragionamenti come questo: “Ascoltiamo tutti, ma poi, nel rispetto dei principi fondamentali, decidiamo noi”.

La visione di Nordio centra il problema. La politica, e aggiungeremmo i grandi media, ancora abbassano il capo dinanzi alle mosse della magistratura. E se lo fanno, non è solo per mancanza di coraggio, ma spesso per semplice interesse. I giornali continuano ad acquisire veline segrete dalle procure per demolire esponenti politici (vedi Fontana), per poi dimenticarsi di tutto nel giorno dell’eventuale assoluzione. I politici, parallelamente, continuano a delegare parte del loro lavoro all’attività delle procure, continuano ad andare a ruota delle inchieste giudiziarie, spesso sorvolando su cosucce da nulla come la presunzione di innocenza. Tutto ciò deriva da un colossale vuoto di potere che ci trasciniamo dietro da anni: e i vuoti vengono riempiti, nel dibattito politico – da chi si prende la briga di farlo.

Debolezza da una parte, interesse dall’altra. Due motivi fondanti che – nell’analisi di Nordio – raccontano molto delle storture decennali tra politica e giustizia. Non sarà facile superarle: occorre cambiare le leggi, certo. Ma prima ancora, occorre cambiare mentalità.

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Federico Novella