Pagliarulo, il putiniano dell'Anpi che deve forse ripensare se stessa
Le frasi del Presidente dell'Associazione Partigiani fanno discutere e non solo per il caso personale, anche sullo stato della stessa Anpi e della Resistenza, oggi
Chissà cosa penserebbero, i partigiani quelli veri, e le loro famiglie. Quelli che hanno combattuto in prima persona contro gli invasori, sacrificando la vita, contribuendo a restituire al Paese la libertà. Partigiani non solo comunisti, ma anche cattolici, socialisti democratici e liberali.
Gianfranco Pagliarulo oggi dice: “Non sono putiniano, ma antifascista sempre, e condanno l’invasione dell’Ucraina”. Risponde così a chi gli rinfaccia vecchi post su facebook in cui definiva quello di Kiev un “regime nazistoide”, e ossequiava Putin: “Il messaggio che vuole dare è che mentre l’Europa peggiora, la Russia migliora”. E questo dopo che, a proposito del massacro di Bucha, Pagliarulo si limitò a chiedere di “accertare le responsabilità”.
Al di là delle sue prese di posizione discutibili, il punto è un altro, come dicevo in principio: cosa penserebbero i partigiani autentici dello spettacolo che abbiamo sotto gli occhi? In altre parole, qual è il senso e la natura dell’associazione nazionale partigiani, oggi? Oggi che il loro rappresentante, per la prima volta, è un signore che la guerra non l’ha mai vista, che è transitato da Rifondazione ai Comunisti Italiani, e che si fa depositario di una visione preistorica della politica internazionale?
Un tempo, quando la memoria storica era ancora calda, l’Anpi, pur con le sue distorsioni ideologiche, sventolava la testimonianza della Resistenza. Oggi si è ridotta a portare avanti tesi complottiste da retrobottega internettiano. Imbraccia un armamentario ideologico affine più ai leoni da tastiera, che ai partigiani che combattevano sulle montagne. Dunque il ricordo di una fase cruciale della storia patria è affidato a un’associazione in cui i protagonisti del tempo non esistono più. E i loro eredi, probabilmente, la storia l’hanno studiata poco e male, indossando paraocchi che offrono loro una visione parziale delle cose. Queste storture, intendiamoci, esistevano già prima della crisi ucraina, e certe dichiarazioni strampalate di oggi ne sono forse diretta conseguenza.
Il risultato di questa mortificazione della memoria storica sta nel fatto che l’Anpi, da tempo, si è ridotta ad essere clava politica per colpire gli avversari. I sacri vessilli della Resistenza sono stati arruolati dai partiti per accaparrarsi voti additando il nemico fascista alle porte, anche quando quel nemico esisteva solo nella loro testa. Non a caso, ormai da anni, il 25 aprile si è ridotto a gran galà della propaganda, ghiotta occasione per la sinistra parlamentare che ne approfitta per suonare l’allarme democratico contro i partiti di centrodestra. La meschinità sta nel fatto che gli stessi che attaccano l’Anpi oggi sull’Ucraina, fino a ieri ne strumentalizzavano il valore storico per delegittimare gli avversari politici. E questo è inaccettabile al pari delle tesi stravaganti di Pagliarulo sullo Zar Vladimir.
Insomma, strumentalizzati, degradati, adoperati come testimonial per le peggiori castronerie antioccidentali o, quando va bene, irregimentati per esigenze elettorali. Viene quasi da essere sollevati al pensiero che i partigiani, quelli veri, non siano più qui ad assistere a una simile tragedia.