Niente accordo in Europa sul Patto di Stabilità
L'unione è spaccata in due ma, rispetto al solito, questa volta la Francia è dalla parte dell'Italia
L’accordo sul patto di stabilità salta. I vari stati membri non hanno infatti ancora trovato un punto di incontro. Gli schieramenti vedono da una parte la Germania e i paesi del Nord che puntano su una maggiore austerità e dall’altra l’Italia, la Francia, la Spagna e più in generale i paesi del Sud che vogliono maggiore flessibilità, anche per far fronte alle imminenti sfide come la transizione ecologica e l’uso dei fondi del Pnrr. L’Ecofin di oggi si è dunque concluso con l’idea di poterne convocare un altro tra “il 18 e il 21 dicembre per finalizzare l'accordo sulla riforma del Patto di stabilità e crescita”. Lo ha annunciato la ministra dell'Economia spagnola, Nadia Calvino . Tempo necessario dato che al momento l’unico passo in avanti fatto riguarda la possibilità di concedere della flessibilità transitoria “legata all'aumento del servizio del debito, ai Paesi Ue sotto procedura per deficit eccessivo limitatamente agli anni 2025-27”, ha dichiarato il ministro dell'Economia,Giancarlo Giorgetti, al termine dell'Ecofin a Bruxelles. "Naturalmente, i dettagli e la definizione giuridica è qualcosa che ancora merita giorni o settimane di lavoro. E' un passo nella giusta direzione, cosa che ha ribadito anche Christian Lindner, oltre al sottoscritto in sede di Ecofin ”, concludono. Giorgetti ha però sottolineato come piuttosto che avere un cattivo accordo “meglio le regole esistenti”.
La posizione dell’Italia
La posizione dell’Italia non è cambiata nei mesi. Al momento ci vuole ancora diverso tempo per definire diversi aspetti legati alle proposte legislative presentate della Commissione sul patto di stabilità. Come sottolineato da Giorgetti in audizione in commissione Bilancio di Camera e Senato riunite anche se la proposta dell’Ue mette da parte alcune delle regole che da più parti sono state ritenute eccessivamente onerose, come la riduzione dell’1/20 per il debito in eccesso rispetto alla soglia prevista dai trattati, una valutazione complessiva richiede ancora la definizione di diversi aspetti.
“Ridurre il debito pubblico consentirebbe di liberare maggiori risorse connesse agli oneri del relativo servizio e, allo stesso tempo, ridurre il premio sul rischio che spinge verso l’alto i nostri tassi di interesse”, ha sottolineato Giorgetti ribadendo che bisogna tenere in debita considerazione anche le sfide che stiamo e dovremo continuare ad affrontare nei prossimi anni: “Queste richiederanno infatti notevoli investimenti e le modalità del loro finanziamento non saranno neutrali”.
Il negoziato in Ue si è fatto più complesso sia per le esigenze degli Stati membri con bassi livelli di debito pubblico, che temono una riforma che possa lasciare uno spazio eccessivo all’espansione dei deficit di bilancio; sia per le evoluzioni politiche che hanno portato in alcuni paesi a cambi di maggioranze di governo, “nonché ai possibili effetti sui bilanci delle pronunce di costituzionalità che potrebbero creare difficoltà ad accettare quelle che appaiono ai rigoristi come regole troppo permissive in materia di deficit”,sottolinea Giorgetti.
In questa situazione innegabilmente complessa e tenuto conto che il nuovo approccio proposto dalla Commissione richiede comunque un aggiustamento di bilancio molto sfidante per diversi paesi, tra cui l’Italia, la posizione negoziale che il nostro Paese sta tenendo è quella di essere disponibili all’introduzione di salvaguardie sul debito e sul deficit, ma solo a condizione che esse non siano troppo stringenti e non prevalgano sulla regola di spesa.
La seconda condizione imprescindibile posta dall’Italia riguarda il fatto che In la nuova governance economica dia sufficiente spazio agli investimenti per la transizione digitale ed ecologica e, nel primo ciclo di applicazione delle nuove regole, consenta ai paesi che hanno concordato ambiziosi Programmi di Ripresa e Resilienza, di poter accedere all’estensione del periodo di aggiustamento a sette anni. Il tutto senza l’imposizione di ulteriori condizionalità.
Nel mentre oggi il Consiglio Ue Ecofin ha approvato, sulla base della valutazione positiva della Commissione europea, 13 Pnrr modificati, compreso quello dell'Italia, che ha aggiunto anche un capitolo RePowerEu. Gli altri Pnrr modificati approvati sono di: Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Polonia e Romania.