Le incognite di Elly Schlein in politica estera
Dalla Russia alla Cina: quali sono i principali punti interrogativi che aleggiano sulla politica estera del nuovo segretario dem
La segreteria di Elly Schlein è appena cominciata. E non è ancora del tutto chiaro dove il suo Pd si collochi esattamente sul piano internazionale. Il nuovo segretario si è detto favorevole all’invio di armi a sostegno dell’Ucraina, invocando però simultaneamente un non meglio precisato protagonismo diplomatico dell’Unione europea nel conflitto. Una posizione ambigua, che cerca di tenere insieme due esigenze fondamentalmente contraddittorie: strizzare l’occhio all’elettorato del Movimento 5 Stelle, distanziandosi dal governo Meloni, e, al contempo, evitare di far ritrovare il Pd isolato dal punto di vista internazionale.
Certo: va detto che, già prima che arrivasse la Schlein a guidarlo, il Pd ha sempre mantenuto una politica estera piuttosto ambigua. Nonostante l’anno scorso facesse costantemente professione di atlantismo, sono i governi guidati da questo schieramento che, negli ultimi anni, hanno pericolosamente avvicinato l’Italia a Russia, Cina e Iran. Niente dunque di più facile che la Schlein sceglierà di attenersi a questa linea. Il problema per lei tuttavia è duplice. Primo: nonostante gli sperticati elogi che le sono recentemente arrivati dal New York Times, è tutto da dimostrare che l’establishment politico di Washington – sia repubblicano sia democratico – apprezzi realmente l’attuale segretario dem. È probabile, anzi, il contrario, vista la sua posizione di “sì, ma anche” sul dossier ucraino. Secondo: non va trascurato che proprio gli Stati Uniti stanno benedicendo il tentativo di creare un’alleanza inedita tra Ecr e Ppe in vista delle prossime elezioni europee. Un’alleanza che, qualora si concretizzasse, metterebbe all’angolo il Pse, a cui il Pd notoriamente fa capo.
Qualcuno potrebbe pensare che la presenza del democratico Joe Biden alla Casa Bianca possa avvantaggiare la Schlein. Ma si tratta di una previsione azzardata. In primis, va ricordato che, dopo le ultime elezioni di metà mandato, il presidente americano è diventato la proverbiale anatra zoppa, avendo perso la maggioranza alla Camera dei rappresentanti. In secondo luogo, è altamente plausibile che lo stesso Biden sia tutt’altro che contrariato dall’eventuale alleanza tra Ecr e Ppe. Un paradosso solo apparente. Con la crisi ucraina che continua a infuriare, la Casa Bianca ha necessità che nell’Unione europea si formi un blocco politico saldamente atlantista e lontano dalle storiche velleità filorusse e filocinesi del Pse. Il ragionamento che fanno allo studio ovale, in altre parole, è più geopolitico che ideologico.
Ed è proprio il dossier cinese l’altra grande incognita che riguarda la Schlein. L’attuale segretario ha ottenuto una significativa apertura di credito da Romano Prodi, oltre al sostegno de facto di Goffredo Bettini. Se il primo è sempre stato un fautore del “dialogo” con il Dragone, il secondo fu regista del governo giallorosso: l’esecutivo probabilmente più filocinese della storia italiana. Questa situazione lascia presagire che il nuovo segretario dem potrebbe adottare una linea non troppo ostile nei confronti di Pechino. Anche qui, magari, per accattivarsi le simpatie del mondo grillino. Sotto questo aspetto, un banco di prova sarà rappresentato dalla questione del rinnovo del controverso memorandum sulla Nuova via della seta.
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