Pronti, via e Ursula è già senza maggioranza
Il Ppe vota con Ecr, Patrioti e Afd il rinvio del legge sulla deforestazione. Tensioni con socialisti, liberali e verdi sui veti incrociati a Teresa Ribera e Raffaele Fitto (blindato, però, da Sergio Mattarella) vicepresidenti. Voto in Aula il 27 novembre. Giorgia Meloni: «Ma che posizione ha il Pd?»
Uno stallo pericoloso quello che si sta vivendo in queste ore Bruxelles per l’avvio della nuova Commissione. Uno stallo frutto di veti incrociati e malumori che trovano sfogo sulle nomine dei vicepresidenti ma che nasce da prima dell’ultimo voto europeo.
La maggioranza Ursula, infatti, già scricchiolava sulla fine del primo mandato: già lì i nodi di certe politiche stavano venendo al pettine, malumori mai esplosi e sedati fin qui. La divisione interna si è resa ieri plastica con il voto in Parlamento sulla legge di contrasto alla deforestazione, quando a emergere è stata una maggioranza «Venezuela». Si chiama così da quando, in occasione del riconoscimento di Edmundo González Urrutia come legittimo presidente del Venezuela, il Ppe si trovò a votare con Ecr, Patrioti (il gruppo di Fidesz, Lega, Rassemblement National e Vox) ed Europa delle Nazioni Sovrane (Alternative fur Deutschland). Ieri è accaduto di nuovo, ma per la prima volta su un testo legislativo: la maggioranza formata da Ppe socialisti, liberali e verdi non ha retto, nel momento più delicato in cui poteva accadere.
Sì, perché sono ore di tensione per via del braccio di ferro che si sta consumando tra socialisti e popolari, non solo per nomina di Raffaele Fitto, il designato vicepresidente italiano e conservatore, ma anche, inaspettatamente, sul il nome di Teresa Ribera. I mal di pancia per la nomina della socialista spagnola nascono da dissidenti interni a Madrid. Ribera, vicepremier e ministro per la Transizione, è fortemente contestata perché ritenuta responsabile del mancato allarme in occasione dell’alluvione che a Valencia ha ucciso centinaia di persone. Per questo i popolari spagnoli chiedono che ne dia conto e che lo faccia al Congresso spagnolo. È prevista un’audizione per il 20 novembre e lì, allora, lo stallo potrebbe cadere. C’è dell’altro, però.
Sembra che Ribera non piaccia agli industriali spagnoli, ma non solo. È accusata di attuare politiche green troppo radicali, che danneggiano la produttività. Anche per questo si spiegherebbe l’audizione molto cauta del 12 novembre, quando è sembrata intenzionata a lasciare più libero arbitrio sulla transizione di quanto sostenuto fino a quel momento. Ad ogni modo il nervosismo intorno alla socialista ha contribuito a tirar fuori rigurgiti di conflitti che sembravano superati. Sul nome di Fitto, infatti, sembrava si fosse trovata la quadra. Oggi, però, viene usato come leva da S&D e dai verdi che, infatti, hanno sfruttato il voto sulla deforestazione come un test politico al fine del via libera alla Commissione Von der Leyen 2.
Si vocifera anche di una possibile candidatura di Ursula von der Leyen come cancelliere per le prossime elezioni tedesche, con una Cdu che, stando ai sondaggi, doppierebbe i socialisti di Olaf Scholz. Insomma dinamiche interne che si ripercuotono ai danni della Commissione.
In Italia il Pd, che rappresenta il gruppo più numeroso all’interno di S&D a Strasburgo, sembra subire la situazione. Rivendicando persino la richiesta di far cadere la vicepresidenza di Fitto, a danno degli interessi dell’Italia intera. Fitto nel frattempo ha ricevuto la benedizione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ieri lo ha ricevuto al Quirinale e, sostanzialmente, lo ha blindato per il suo nuovo incarico in Europa. Nel corso del colloquio gli ha esternato gli auguri per l’affidamento dell’incarico definendolo «così importante per l’Italia».
La nota sembra essere un messaggio ai dem: è il momento di abbozzare e chiudere la partita. Il segretario Elly Schlein non ha proferito parola fin qui, ma è chiaro che il Pd a Strasburgo avrebbe i numeri per fare la differenza. «Da giorni chiedo alla segretaria del Pd di dire quale sia la posizione ufficiale del Pd» su Raffaele Fitto «e non riesco ad avere una risposta» ,ribatte Giorgia Meloni. «Dice “Non devo rispondere alla Meloni“. Non deve rispondere a me ma ai cittadini italiani, le persone serie fanno così».
Il vicepremier Antonio Tajani, che è anche vicepresidente del Partito popolare dal 2002, dice: «Basta capricci. Credo che si debba lavorare nell’interesse dell’Europa, abbiamo di fronte un nuovo vertice degli Stati Uniti, anche l’Europa deve rinnovare il proprio, non si può perdere tempo per capricci di questo o quel partito. Fitto ha le carte in regola per fare il commissario e il vicepresidente esecutivo, lo hanno riconosciuto tutti, quindi credo sia giusto andare avanti per poterlo avere operativo, insieme a tutta la Commissione, quanto prima».
Per il vicepremier Matteo Salvini, «se l’Europa perde altro tempo bisogna ripensare tutto quanto. La Lega, col gruppo dei Patrioti, è il terzo gruppo all’Europarlamento e voteremo quello che serve all’Italia. Spero che Fitto diventi commissario. Lui e qualche altro commissario sono persone valide e in gamba, conto che non vengano travolti dallo scontro politico».
Il presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, predica calma e gesso. «Si voterà sulla prossima Commissione il 27 novembre. C’è ancora tempo. Il Parlamento è pienamente impegnato a garantire l’insediamento della nuova Commissione. Questa è la nostra responsabilità e la prendiamo molto sul serio. Soprattutto quando guardiamo cosa sta succedendo nel mondo», ha detto in Aula. «I primi mesi di ogni nuova legislatura sono sempre difficili», ha continuato, «l’importante è lavorare insieme. Abbiamo bisogno di stabilità in tempi di cambiamento».