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Anche sul Quirinale la sinistra non sa andare oltre il No Berlusconi (da 30 anni)

Anche sul Quirinale la sinistra non sa andare oltre il No Berlusconi (da 30 anni)

Il vertice Letta-Conte-Speranza certifica la totale debolezza della coalizione incapace di una qualsiasi proposta politica anche per il dopo Mattarella

Mancano ormai 5 giorni alla prima votazione per l’elezione del prossimo Presidente della repubblica e la notizia di oggi è che la sinistra è nei guai, fino al collo. Nel senso che da Letta a Conte quello che dovrebbe essere l’asse portante di una delle due forze principali della politica italiana è sempre quella, la stessa, da ormai quasi 30 anni: No a Berlusconi.

Il vertice della sinistra, compresa Leu, tenutosi a casa del leader del Movimento 5 Stelle ha infatti partorito solo questo: No a Silvio Berlusconi al Quirinale. E fin qui niente di nuovo e di difficile.

Il problema è nato subito dopo, cioè quando i tre leader avrebbero dovuto quanto meno provare a fare una controproposta propria e ragionata. E qui, purtroppo, sono venuti fuori tutti i limiti della coalizione, politici e numerici.

Dal punto di vista numerico è ovvio a tutti che la sinistra con i suoi circa 430 voti è di fatto con le spalle al muro, superata in maniera netta dal centrodestra. L’unica maniera per aumentare la cifra ed il peso numerico sarebbe quella di allargarsi al centro trattando con i vari Calenda e Renzi. Cosa praticamente impossibile (soprattutto per il primo, su Renzi infatti certezze non se ne hanno, mai) visti i rispettivi muri sulle principali questioni politiche nazionali e locali.

Ma se con i numeri le cose vanno male a livello politico la situazione è anche peggiore.

Il Pd infatti spinge per le uniche due ipotesi in grado di togliere le carte dalle mani del centrodestra: un Mattarella bis o un Draghi spostato da Palazzo Chigi al colle più alto della politica romana. Cosa inaccettabile per il M5S. Il trasloco del premier significherebbe immediata crisi di governo e urne anticipate. Nessuno tra i parlamentari pentastellati (il 70% dei quali non ritornerebbe in Parlamento) ha intenzione di rinunciare ad un altro anno e mezzo di stipendio pieno con annessa pensione (non ancora maturata) e, nel caso sarebbero molti quelli pronti a votare persino Berlusconi per il Quirinale.

Di questo stato di debolezza prova ad approfittarne il centrodestra che, vertici e dichiarazioni varie a parte, attenderà le decisioni di Berlusconi per il fine settimana. La conta dei voti del leader di Forza Italia continua ma una cosa è chiara: senza la sicurezza matematica di successo il Cavaliere ed anche gli altri leader della coalizione non hanno nessuna intenzione di andare a schiantarsi perdendo così quel vantaggio che hanno sulla sinistra.

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