I rave party sono la fiera dell'illegalità e dell'anarchia. Fermarli è doveroso
Dallo sgombero (pacifico) a Modena alle decisioni del Consiglio di Ministri. Oggi è un giorno nero per chi credeva di poter continuare a fare quello che gli pare
C’è ancora chi pensa che i cosiddetti rave party siano un simbolo di libertà. Praticamente una festa di Paese, una processione religiosa, come le celebrazioni del santo patrono. Non scherziamo. La libertà di contravvenire alle regole non può essere ammessa, perché non è libertà: è anarchia.
Ma non è solo questo. In Italia vale anche un discorso di eguaglianza dinanzi alla legge. In un paese in cui la burocrazia può rovinarti la vita per un divieto di sosta non pagato, non possiamo tollerare che si creino sacche di illegalità in cui si calpestano le più elementari norme sanitarie, fiscali, con l’utilizzo più o meno disinvolto di sostanze stupefacenti. Tollerare i rave party selvaggi e non autorizzati significa certificare la resa dello Stato.
Almeno finora, sembra che Piantedosi abbia fatto in pochi giorni ciò che non è riuscito alla Lamorgese in diversi anni. Anzi, di fatto possiamo certificare il “licenziamento”, nei fatti, della linea Lamorgese. Le operazioni di sgombero a Modena, dove tremila persone si erano date appuntamento a poche centinaia di metri dal casello autostradale, sono iniziate senza troppi problemi: è bastato minacciare il pugno duro per risolvere la situazione. Segno che parecchi nodi potrebbero sciogliersi facilmente se solo ci fosse la volontà politica. Il cambio di passo rispetto al passato è evidente. Ricordiamo con sgomento la follia della festa illegale di Mezzano, nell’agosto del 2021, quando per sei giorni una fetta del territorio nazionale venne messa a ferro e fuoco – e ci scappò purtroppo anche il morto – mentre, in lontananza, la pubblica sicurezza rimaneva tranquilla a guardare. Evidentemente, se nulla si fece, era perché mancava il coraggio delle istituzioni di far rispettare sé stesse. Il ripristino dell’ordine venne subordinato ad interessi politici, quelli di chi è convinto che i rave party siano ascrivibili al puro folklore, neanche fossero delle sagre paesane da tutelare.
Il nuovo arrivato sulla poltrona del Viminale aveva promesso che la musica sarebbe cambiata, e in base ai primi segnali, così è stato. Oggi il consiglio dei ministri dovrebbe licenziare un decreto che sancisce una stretta sulle feste illegali, e che prevede sequestri e confische del materiale utilizzato, reclusione da tre a sei anni per gli organizzatori, e multe fino a 10 mila euro. Ci sarà senz’altro chi, di fronte a questo giro di vite, griderà all’autoritarismo. Ma assicurare il rispetto delle regole e la sicurezza di certi territori (nel caso di Modena, anche della comunicazione autostradale) non dovrebbe fare notizia. Al contrario, dovrebbe costituire la normale condotta di uno Stato democratico. La speranza è che la linea Piantedosi possa costituire un modello di governo, nel rispetto dei diritti di tutti: se si impone una linea, la si porti avanti con coraggio. La maggioranza silenziosa degli italiani approverà.