Dalla Russia all'Africa siamo un mondo sempre più in mano ai paesi autoritari
L’ultimo rapporto della Freedom House mostra l’impressionante ascesa dei modelli autoritari nel mondo a danno della vecchia e cara democrazia. Il 2021 è stato l’anno record per i colpi di stato da dieci anni a questa parte
Benvenuti nell’era dell’autoritarismo e della sfida aperta alle democrazie occidentali. Chi pensava che il crollo del muro di Berlino avrebbe liberato le forze democratiche in tutto il mondo oggi deve in buona parte ricredersi guardando una crescita inesorabile, anno dopo anno, di sistemi democratici solo di facciata in cui non sono garantiti i principi più elementari dello Stato di diritto. Opposizioni ridotte al silenzio e in molti casi incarcerate, assenza di libertà di stampa, monopolio dei mezzi di informazione, controllo dei social media, campagne elettorali senza veri oppositori, assenza di norme a tutela delle minoranze e così via.
Sono sempre di più gli Stati nel mondo in cui le libertà fondamentali si riducono anziché avanzare, tanto che oggi l’80% circa degli abitanti del pianeta vive in Paesi considerati non pienamente liberi. Il numero arriva dalla Freedom House statunitense che ogni hanno monitora lo stato delle democrazie nel mondo. L’ultimo rapporto, appena uscito, segna il 2021 come sedicesimo anno consecutivo in cui complessivamente sono di più i Paesi in cui i diritti diminuiscono di quelli in cui aumentano. In appena tre anni la popolazione mondiale che vive in nazioni libere è passata dal poco meno del 40% del 2019 al 20,3% del 2021. Praticamente dimezzata.
Ciò che si espande non è la dittatura ma la democrazia incompiuta, dove sulla carta esistono libere elezioni e separazione dei poteri ma dove nei fatti i poteri sono esercitati da un leader o da un partito con lo scopo ultimo di mantenere il potere e annichilire il dissenso. Negli ultimi 20 anni queste forme di Stato ibride sono state definite in molti modi: semi-democrazie, democrazie virtuali, autoritarismi elettivi, democrazie autoritarie, autoritarismi soft. Con un termine più pop sono state chiamate “democrature”, usando una crasi tra democrazia e dittatura, ma il termine con cui sono oramai definite è autoritarismi.
E il 2021 è stato per giunta uno degli anni peggiori in cui si è registrato il record di colpi di Stato rispetto ai dieci anni precedenti. Dai casi eclatanti del Sudan e dell’Afghanistan, tornato nelle mani dei Talebani l’estate scorsa, a quelli che hanno occupato meno le aperture dei giornali occidentali come il Myanmar, caduto di nuovo nelle mani dei militari a febbraio prima che il parlamento eletto entrasse in carica. O ancora il Mali che ha vissuto due colpi di Stato in dieci mesi; il Chad dove l’esercito ha insediato alla presidenza il figlio del già autoritario Idriss Déby morto dopo 31 anni al potere. Anche il Chad ha rimosso da tempo il limite di due mandati alla presidenza per consentire al leader di rimanere in carica praticamente a vita come hanno fatto Cina, Turchia e Russia, solo per citare i casi più eclatanti. In Nicaragua si sono tenute le elezioni presidenziali nel 2021 precedute dall’arresto di almeno 37 esponenti dell’opposizione al presidente Daniel Hortega e del suo vice, sua moglie Rosario Murillo. Sette degli arrestati avevano espresso la volontà di sfidare Hortega per la presidenza.
La Freedom House studia le riforme messe in atto in tutto il mondo e ogni anno tira le somme di quanti Paesi hanno migliorato i diritti dei propri abitanti. Nel 2005 erano 83 le nazioni con diritti “in crescita”, nel 2021 sono state appena 25. Complessivamente sono 60 le nazioni che hanno peggiorato il proprio status democratico tra gennaio e dicembre 2021. Per le democrazie è tempo del colpo di reni o il modello autoritario è destinato a prevalere nei prossimi anni.