Salvini assolto nel processo dell'assurdo
«Il fatto non sussiste» la conclusione del giudice. Semplice buon senso. Ma alla fine ha vinto il teorema-Palamara. «Salvini ha ragione ma va attaccato»
La primissima impressione dopo il proscioglimento dell'ex ministro Salvini, accusato di sequestro di persona nella questione della nave Gregoretti, è semplice: quel processo non doveva nemmeno cominciare. E questo per un principio limpido noto ad ogni persona in buona fede: non si possono processare le legittime decisioni politiche di un ministro, a maggior ragione se condivise dall'intero governo. Non si possono portare in tribunale le scelte sovrane del potere esecutivo, che stante la separazione dei poteri non possono essere contestate da parte del potere giudiziario. Non ci voleva un genio per capirlo: la stessa procura aveva chiesto il non luogo a procedere, poiché Salvini non aveva violato alcuna regola trattenendo a bordo nel porto di Augusta quei 131 migranti, tra il 27 e il 31 luglio 2019.
Sembravano verità lapalissiane: eppure per quasi due anni l'affaire Gregoretti ha monopolizzato il dibattito nazionale. Intorno a quella nave è stato imbastito un caso politico, iniziato con l'autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini da parte del Senato, con una maggioranza in cui Cinque Stelle e Pd si sono imposte sul centrodestra. In pratica, la rottura politica tra Conte e Salvini ha sancito il via libera al processo giudiziario nei confronti dell'ex ministro dell'Interno. Giudicato e condannato sommariamente da giornali e partiti avversari.
Non c'è bisogno di attendere le motivazioni della sentenza, che arriveranno tra un mese, per capire come in questa storia la giustizia c'entri poco. E' stata, al contrario, una questione tutta politica: cioè un processo politico nei confronti della politica, al fine di ottenere, nei piani degli avversari di Salvini, un guadagno di natura politica.
Come reagiranno gli artefici di questo processo, adesso che Salvini è stato assolto? Come reagiranno politici, giornalisti e intellettuali che pure si sono dilettati nel dagli al leghista, trasferendo la campagna elettorale nelle aule di giustizia? Molti di loro ci hanno messo il nome, e anche la faccia: Conte, Di Maio, Toninelli, Trenta, La Morgese, sono sfilati al tribunale di Catania per raccontare una storia oggi smentita dal giudice. Il rischio è che il volano politico cui hanno cercato di agganciarsi tramite tribunali diventi per loro un boomerang. Anche perché è possibile che questo precedente giudiziario abbia dei riflessi anche sul processo Open Arms, con cui ci sono molti punti di contatto. Per adesso, non resta che prendere atto della verità giudiziaria: altro che sequestro di persona: ad essere sequestrata per diverse settimane, per calcoli di natura squisitamente elettorale, è stato un pezzo della sovranità governativa.
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