Sangiuliano ministro cultura dimissioni
(Ansa)
Politica

Sangiuliano lascia e mette fine all'agonia

Dopo giorni di graticola mediatica, l'addio dell'ormai ex ministro era inevitabile. E ora annuncia querele per chi lo ha danneggiato. L'avvicendamento fulmineo con il suo successore Alessandro Giuli serve a scongiurare l'ipotesi rimpasto del governo guidato da Giorgia Meloni

Alla fine Sangiuliano ha mollato il colpo, ed era la cosa giusta da fare. Con una lettera indirizzata al premier Meloni, il ministro della Cultura ha rassegnato le sue dimissioni irrevocabili, sull’onda delle polemiche relative ai suoi rapporti con Maria Rosaria Boccia. Il ministro ha difeso il suo lavoro, che non può essere “macchiato da questioni di gossip”. Ha ribadito che “mai un euro del ministero è stato speso per attività improprie”. E annuncia querele per chi lo ha danneggiato.

In Italia dimettersi non è esattamente lo sport nazionale, e va dato atto al ministro - ormai ex - di essere uscito di scena in maniera onorevole, soprattutto considerando che non ci sono inchieste a suo carico, e non risultano prove di atti illeciti. Trattasi dunque di dimissioni di “opportunità”, che nel nostro Paese sono merce rara, e dunque, al di là di tutto, vanno apprezzate. Ecco, forse il difetto di queste dimissioni è che potevano arrivare con più tempestività, riducendo i danni e risparmiandoci la telenovela politico-mediatica di questi giorni.

Insomma, serviva più polso. Le strade, per il ministro, erano due: dimettersi immediatamente, oppure resistere al grido di “è tutto lecito, il resto sono questioni personali”. Invece la gestione comunicativa è stata claudicante fin dall’inizio: prima il silenzio tombale, poi l’umiliazione televisiva al Tg1, dunque la ridda di mea culpa e giustificazioni, molte delle quali non dovute. Il risultato è stato quello di esporsi su una graticola che tendeva naturalmente, come in un piano inclinato, al finale annunciato di oggi. La bufera è mediatica, ed è proprio l’astuzia mediatica che è mancata al ministro, cioè l’arte di saper maneggiare il tizzone ardente della polemica senza scottarsi troppo. In politica la forma – e la tempistica – è sostanza, e anche su queste cose ci si gioca la poltrona.

Sono dimissioni, ovviamente, che rispondono anche a una necessità politica. Per due motivi: il primo è che il governo non può permettersi di farsi dettare l’agenda dai gossip quotidiani che rimbalzano tra Roma e Pompei, con i giacobini di certa stampa che affilano ogni giorno la ghigliottina. Secondo motivo: l’avvicendamento fulmineo al Collegio Romano (fuori Sangiuliano, dentro Giuli) serve anche a scongiurare l’ipotesi del rimpasto. Tirarla per le lunghe, con altre caselle governative in bilico (Fitto e Santanché), avrebbe fatto schizzare in alto il rischio di un passaggio quirinalizio e parlamentare, con tutte le incognite del caso. Politicamente parlando, meglio chiuderla in fretta, tagliare le perdite, e disinnescare la polemica. Certo, la sovranità politica ne esce ancora una volta malconcia: ma per le analisi raffinate ci sarà tempo. A Boccia ferma.

I più letti

avatar-icon

Federico Novella