Saviano contro Scurati; benvenuti nella guerra dei martiri
Non passa giorno ormai senza che uno dei due rilasci un'intervista o dica qualcosa alla ricerca di una visibilità che lo porti a sopravanzare il «rivale»
Dev’essere un nuovo format: “Chi vuol esser martirizzato”. Altrimenti non si spiega la maratona televisiva di Roberto Saviano per dire a tutti che il copyright del vittimismo ce l’ha lui. Lui e basta. Non certo Scurati, che non ha potuto leggere il suo manifesto antifascista sugli schermi della Rai. Scurati – secondo Saviano – è un impostore, è la serie B dei censurati. La testa di serie è lui, unico bomber della Champions del martirio.
“Dove eravate quando ci pestavano tutti i giorni”?, tuona lo scrittore rubizzo a reti unificate, scippato del suo scettro di vittima predestinata. E pazienza se il grido di dolore arriva in poche ore da svariate tribune televisive (bizzarro, per chi lamenta il bavaglio). E’ scattata la gara a chi è più ostracizzato, derelitto, odiato da tutti. Fatti più in là, io sono più escluso di te. Saviano ha l’esclusiva dell’esclusione. Se Scurati vuole fare la parte del censurato, se vuole incassare la solidarietà dell’universo mondo, se vuole iscriversi al sindacato dei discriminati, allora faccia il bravo e si metta in fila, faccia la sua gavetta come ha fatto Saviano, si compri le royalties del martirio. “Non c’è stata solidarietà nei miei confronti, quando mi hanno chiuso il programma”, ha detto il sansebastiano dell’editoria, evidentemente cercando di aggrapparsi alla zona Uefa della classifica dei discriminati.
Poco importa che l’autore di “Gomorra” rimbalzi da un canale all’altro, da un palcoscenico teatrale all’altro, da uno scaffale di libreria all’altro. E’ una questione di rispetto. La palma dell’eroe gli appartiene di diritto, e nessuno pensi di scalzarlo dal trono dei calpestati dal potere. Che poi, potremmo anche aggiungere che, se parliamo di Rai, la lista degli epurati è lunga (quando cambia il vento, e il governo, c’è un discreto ricambio), ma nessuno si agita quanto lui. E questo perché, va detto, Saviano è un talento naturale, ha una dote innata, quella del pianto greco perenne, della mestizia sempiterna, del lamento come rumore di fondo delle sue apparizioni. E’ il nucleo più profondo della sua identità professionale, o se vogliamo del suo ruolo pubblico, della sua parte in commedia: la vittima del sistema. E questo ruolo non prevede, come nel celebre film natalizio, una poltrona per due: la vittima per eccellenza non accetta concorrenti, superiorem non recognoscens. Perché, se ammettesse qualcun altro nel recinto dei vituperati, la vittima ne uscirebbe depotenziata, col rischio di finire archiviata, dimenticata, consegnata all’oblio, ad ammuffire nei libri di storia dei santi e dei martiri. Non si fa. Primo comandamento: non avrai altro martire all’infuori di me. Martire per eccellenza, per diritto divino.
Ma noi, attraversati da spirito liberale nonostante il tempo che passa, siamo per la liberalizzazione delle vittime. Laissez-faire. Siamo contro i monopoli, pubblici e privati, ivi compreso il monopolio del mugugno. Sia dato libero sfogo alla concorrenza tra ostracizzati. Si dia inizio alla martirolimpiadi: vince chi piange di più. Facendo ridere tutti.