In Sicilia è guerra per l’acqua
(Ansa)
Politica

In Sicilia è guerra per l’acqua

Alcuni sindaci della provincia di Enna hanno tentato di bloccare il flusso di acqua potabile a Caltanissetta, il gesto estremo è dovuto al prolungato razionamento, aggravato dalla pessima gestione delle riserve idriche e dal ritardo nei lavori di efficientamento.

È guerra tra poveri in Sicilia. O meglio, è guerra per l’acqua. Sabato 30 novembre i sindaci di cinque paesi della provincia di Enna (Troina, Sperlinga, Gagliano Castelferrato, Nicosia e Cerami) insieme a decine di altri cittadini, hanno occupato i locali della diga dell’Ancipa, tentando poi di chiudere le condotte del potabilizzatore che tratta l’acqua prelevata dal lago artificiale. L’Ancipa è infatti l’unica fonte di acqua potabile della zona, ma l’emergenza idrica degli ultimi mesi ha fatto sì che le pur scarse riserve della diga venissero in parte reindirizzate anche a Caltanissetta, rimasta momentaneamente senz’acqua potabile a causa dei lavori sulla rete idrica. Da qui la protesta contro l’erogazione verso Caltanissetta, con addirittura il tentativo di interromperla forzatamente.

La clamorosa “rivolta”, guidata dal deputato regionale nonché ex sindaco di Troina, Fabio Venezia (Pd), è stata compiuta dopo che nella notte precedente il comune di Caltanissetta aveva comunicato i risultati della riunione svolta con la cabina di regia regionale per l’emergenza idrica, che aveva stabilito la riapertura dell’Ancipa per ovviare all’approvvigionamento idrico del comune. Ecco quindi l’occupazione dei locali della diga, con Venezia che ha dichiarato: “avevamo avvisato la cabina di regia che se non avesse staccato il collegamento verso i paesi del nisseno lo avremmo fatto noi”. Il sindaco di Caltanissetta, Walter Tesauro (centrodestra), ha invece affermato che “è stata una battaglia difficile, ma necessaria per tutelare i diritti dei nostri concittadini. Non era concepibile che, pur avendo trovato e collegato nuovi pozzi in grado di fornire circa 120 litri al secondo di acqua, le nostre città rimanessero a secco. I pozzi sono già operativi, tuttavia l'acqua prelevata non sta ancora raggiungendo le case dei cittadini a causa di una rottura della conduttura. L'amministrazione ha chiesto che si accelerino i lavori di riparazione, operando senza sosta, anche nelle ore notturne”.

Nel frattempo il governatore della Regione, Renato Schifani (Fi), ha affermato in una nota di “stigmatizzare e condannare senza riserve le azioni poste in essere senza il rispetto delle regole, soprattutto se attuate da rappresentanti istituzionali e in momenti di forte tensione sociale”. Il governatore ha inoltre aggiunto: “il rifornimento di Caltanissetta con l’acqua dell’Ancipa è una misura temporanea, la Protezione civile della Regione ha infatti attivato un pianostraordinario di servizi di autobotti dei Comuni, del Corpo forestale e dei Vigili del fuoco in favore dei centri che potrebbero trovarsi in deficit idrico. Inoltre, da martedì scorso, ha incaricato Siciliacque di realizzare un bypass di emergenza per sostituire il tratto dell'acquedotto Blufi che trasporta le acque dei nuovi pozzi di Butera verso Caltanissetta: funzionando al contrario e con maggiori pressioni, la condotta manifesta continue perdite”.

E qui arriviamo al vero problema idrico della Sicilia. Aldilà di siccità, cambiamento climatico e altre motivazioni trascendenti, la regione è afflitta da una cronica malagestione della rete idrica. A testimoniarlo è un report dell’Istat, pubblicato nel marzo di quest’anno e facente riferimento al quadriennio 2020-2023: secondo l’Istituto nazionale di statistica il volume delle perdite idriche totali in sede di distribuzione dell’acqua sono pari a 3,4 miliardi di metri cubi, ovvero circa il 42,4% dell’acqua immessa in rete. Numeri catastrofici.

Per la Sicilia il dato è ancora più grave, addirittura il 51,6% dell’acqua erogata nelle reti comunali andrebbe disperso senza raggiungere i consumatori finali. Solo la Sardegna ha numeri peggiori (52,8). Le perdite totali di rete sono attribuibili a diversi fattori, “rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio; fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati (allacci abusivi)”, precisa l’Istat nel report.

Non sorprende quindi che sia il Mezzogiorno la zona in cui il maggior numero di famiglie lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua nelle loro abitazioni, per la precisione circa i due terzi del totale (1,6 milioni di famiglie su 2,3). Ancora una volta la Sicilia è fra le peggiori, il 29,5% delle famiglie afferma di aver avuto problemi, posizionando la regione come seconda in questa triste classifica, dietro solamente alla Calabria (38,7%).

L’agghiacciante quadro dipinto dall’Istat si riflette perfettamente anche nella sforbiciata di 338 milioni di euro che il Comitato Interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile ha fatto ai fondi dei “Piani di sviluppo e coesione” per la Regione e le città di Palermo, Catania e Messina. Ben 79 progetti, alcuni dei quali avrebbero potuto alleviare l’attuale emergenza idrica, alle scadenze del 2022-2023 sono risultati “privi di obbligazioni giuridicamente vincolanti”, traducendo, i lavori non sono mai cominciati.

Nel frattempo la situazione idrica di Enna e provincia è drammatica. Il 6 maggio la Regione Sicilia informava i cittadini che il Consiglio dei ministri aveva dichiarato lo “stato di emergenza nazionale per la siccità in Sicilia”, stanziando oltre 20 milioni di euro per le opere di aggiustamento, fra cui “l'acquisto di nuove autobotti nei Comuni in crisi e la sistemazione di altri mezzi in un centinaio di enti locali; circa 130 interventi tra rigenerazione di pozzi esistenti, trivellazione di pozzi gemelli e riattivazione di quelli abbandonati, oltre al revamping di una trentina di sorgenti, il potenziamento degli impianti di pompaggio e delle condotte.” Intanto a Enna era entrato in vigore (e permane tutt’ora) il razionamento, con i circa 28mila cittadini della provincia che ricevono l’acqua corrente per 8 ore al giorno ogni sei giorni, sempre che non ci siano interventi straordinari da svolgere, come ad esempio il 22 novembre, o, ancora, il 27.

Nel sottolineare la situazione drammatica della Sicilia l’attenzione è stata posta, come da copione, sulla siccità, sugli eventi estremi e sul cambiamento climatico. Gioverebbe molto tuttavia concentrarsi anche sui problemi risolvibili nel breve termine, come ad esempio il rifacimento delle condutture per limitare il gigantesco spreco di acqua che affligge la regione. Che il 51,6% dell’acqua erogata in Sicilia vada semplicemente “persa” appare veramente assurdo e indegno di un Paese del primo mondo.

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Simone Mesisca