Silvio Berlusconi
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Silvio Berlusconi: Italia, io ci sono. Per vincere

Alleati e avversari. La Russia, i francesi e Mediaset, le politiche. Silvio Berlusconi a tutto campo nel nuovo libro di Burno Vespa "Soli al comando"

UPDATE: Venerdì 3 novembre è uscito il nuovo libro di Bruno Vespa "Soli al comando. Da Stalin a Renzi, da Mussolini a Berlusconi, da Hitler a Grillo. Storia,amori, errori" (Ed.Mondadori - Rai Eri, 516 pagine, 20 euro). Pubblichiamo una parte del capitolo dedicato a Silvio Berlusconi reduce dalla vittoria del centrodestra alle elezioni regionali in Sicilia.

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In una quieta sera dell'ottobre 2017, a villa San Martino, Silvio Berlusconi, dimagrito e rilassato, si prepara alla sua settima campagna per le elezioni politiche, 24 anni dopo la sua "discesa in campo". Il silenzio nella villa è assoluto. Non si odono passi, non squillano telefoni.

Due ore e mezzo di conversazione vengono interrotte soltanto da una rapida visita della sua discreta ed efficiente assistente Licia Ronzulli, che gli sottopone le agenzie di stampa più urgenti. La remise en forme di Chenot lo ha rimodellato. "Ho deciso di avvalermi dell'esperienza di questo mio ottimo amico di Merano" mi racconta il Cavaliere. "Ho fatto tutti gli esami per valutare le mie condizioni di salutee ho affiancato una dieta all'attività fisica che praticavo da tempo. Ogni mattina, 5 chilometri di passeggiata e a seguire mezz'ora/un'ora di nuoto in piscina". Ed eccolo qui, pronto alla nuova battaglia.

Lo hanno chiamato il "Rieccolo", come Indro Montanelli definì Amintore Fanfani che, dopo ogni caduta, risorgeva più forte di prima.

Ha fatto caso, gli chiedo, a quante volte hanno celebrato il suo funerale politico? "Il primo avvenne nel 1995, quando Scalfaro fece il primo "colpo di Stato" ai miei danni promettendomi elezioni anticipate che non ci furono e formando un governo opposto a quello che avevamo concordato. Era abbastanza naturale, dopo l'uscita da palazzo Chigi e la sconfitta elettorale del 1996, che tutti i giornali e tutti gli avversari politici esterni e interni alla mia coalizione considerassero esaurita la carriera politica di uno che, in due mesi, aveva fondato un partito e vinto le elezioni diventando presidente del Consiglio. È accaduto di nuovo dopo la sconfitta elettorale del 2006 per 24.000 voti, arrivata improvvisa alle 3.30 della notte in circostanze stranissime e con il mio ministro dell'Interno che era con me a festeggiare la nostra vittoria per 354.000 voti. E ancora nel 2011, quando fui costretto alle dimissioni, e nel 2013, quando fui espulso dal Senato e dalla vita pubblica per un'assurda condanna per vicende fiscali: avrei indotto una delle mie società a risparmiare 10 milioni. E pensare che le società che ho fondato hanno versato all'erario 5 miliardi 860 milioni di euro, senza contare le centinaia di milioni che ho versato personalmente".

L'immagine pubblica

L'anno trascorso prestando "servizio sociale" alle persone in difficoltà nella casa di cura per anziani di Cesano Boscone ne ha rigenerato l'immagine pubblica. Berlusconi è tornato in televisione alla fine del 2016 per bocciare il referendum costituzionale e nella primavera del 2017 per la campagna delle amministrative, che ha visto il forte rilancio del centrodestra. A fine ottobre è andato in Sicilia, convinto di vincere anche lì. Ma ha sempre mantenuto un tono garbato e istituzionale, con il risultato di vederlo rispettato anche dai giornali che lo hanno combattuto per una vita e sembrano perfino rassegnati a una sua vittoria alle elezioni del 2018. Come mai? "Nei miei confronti c'è stata, in effetti, una vera e propria criminalizzazione da parte di certi ambienti politici, di certi organi di stampa, di certi settori della magistratura. Ma non c'è mai stata fra gli italiani.

Sempre, da quando sono sceso in campo nel 1994, ho trovato fra la gente un affetto, un calore, una partecipazione che non sono mai venuti meno. Anzi, tanto più certi ambienti cercavano di infangarmi, tanto più la gente mi ha fatto sentire la sua vicinanza. Credo che ormai in molti si siano resi conto che la stagione dei veleni non premiava, abbiano capito che gli italiani sono un popolo troppo intelligente e troppo consapevole per credere in accuse e in attacchi così grotteschi, così palesemente ingiusti, in una rappresentazione di me, della mia famiglia, dei miei amici e collaboratori, così lontana dalla realtà. Certo, sono veleni che hanno lasciato il segno: se uno squilibrato li ha presi alla lettera, cercando di aggredirmi, come è accaduto a Milano vicino al Duomo - e ne porto ancora i segni sul viso - il danno alla mia immagine e alla mia reputazione, e alle persone che mi sono vicine, è molto più ampio. C'è chi è ancora in prigione per la sola colpa di essermi amico, ci sono persone indagate per aver accettato di venire a cena a casa mia. Io non mi sono mai voluto adeguare a questa visione della politica. Non mi appartiene e credo che non piaccia agli italiani. Non ho mai usato il linguaggio dell'odio verso i nostri avversari politici, neppure quando mi hanno provocato in tutti i modi. Non ho mai praticato la demonizzazione, l'insulto, la calunnia. L'amore vince sempre sull'odio: è una massima che mi ispira da sempre, e i fatti mi hanno dato ragione".

"Oggi" riprende Berlusconi "in molti si sono resi conto che una grande rivoluzione liberale e moderata è l'unica strada per portare l'Italia fuori dalla crisi e per battere il ribellismo - non mi piace chiamarlo populismo - del Movimento 5 stelle. La rabbia degli italiani verso la politica - che ha molte ragioni e molte giustificazioni - può trovare solo due risposte: una è quella grillina, che porterebbe l'incompetenza al potere e devasterebbe l'economia sotto i colpi di tasse altissime per il ceto medio; l'altra è la nostra, basata sui valori e la cultura della grande famiglia della democrazia e della libertà in Europa - il Partito popolare europeo - che battono i ribellismi in tutt'Europa e, se mi consente di dirlo, anche sull'esperienza di un leader che, a differenza di quelli del Movimento 5 stelle, ha realizzato qualcosa di importante nella vita, nell'impresa, nello sport, nella politica.

Se lei dovesse affidare i suoi risparmi a qualcuno per farli fruttare, di chi si fiderebbe? Di Berlusconi o dei leader grillini, che non hanno neppure mai lavorato? Credo che gli italiani faranno lo stesso ragionamento quando sceglieranno a chi affidare il loro futuro e quello dei loro figli".

La nuova legge elettorale

Forza Italia ha approvato insieme alla Lega e al Pd la nuova legge elettorale. "La legge elettorale più corretta è quella proporzionale" osserva il Cavaliere "che funziona benissimo in Germania da settant'anni. Fotografa perfettamente la volontà degli elettori. Tanti voti prendi, tanti seggi guadagni. Non si è voluto approvarla e si è arrivati a questa con due terzi di proporzionale e un terzo di maggioritario, per cui in ogni collegio vince chi prende più voti".

Qualcuno sostiene che nei collegi del Nord vi danneggi in favore della Lega. "Non sono d'accordo. Il numero delle candidature di ciascun partito della coalizione, anche quelle del Nord, verrà stabilito sulla base dei sondaggi prima della formazione delle liste e, per quanto riguarda il candidato del singolo collegio, si sceglierà il candidato migliore. Io farò una campagna elettorale molto accurata e sono convinto che Forza Italia arriverà intorno al 30 per cento al Sud come al Nord".

Non mi pare affatto realistico, presidente... "E invece lo è. Lo dico per due motivi. Il primo è il ricordo di quel che avvenne nel 2013. Mi ero allontanato dalla politica e feci soltanto gli ultimi 23 giorni di campagna elettorale. Forza Italia era scesa nei sondaggi all'11,7 per cento e ottenemmo 10 punti di più. Stavolta, con una campagna elettorale di molti mesi, immagino che quei 10 punti possano diventare almeno 14-15. Quindi..."

E la seconda ragione di ottimismo? "Le crescenti manifestazioni di simpatia, di affetto e di considerazione che incontro ovunque io vada". Nelle elezioni precedenti Berlusconi era candidato. Stavolta è difficile che la Grande Chambre della Corte di Strasburgo emetta il suo verdetto prima delle elezioni. "Dovrebbe farlo, dopo quasi cinque anni di attesa, perché è in ballo il destino di un leader politico importante e di un Paese fondatore dell'Europa. In ogni caso, sul simbolo di Forza Italia ci sarà scritto "Berlusconi Presidente"".

I rapporti con Salvini

Salvini viene definito un "populista", lei aderisce al Partito popolare europeo. È facile accordarvi? "Matteo, per carattere, è un irruento, gli piace attaccare gli avversari con vigore e questo è il comportamento pubblico. Il Salvini privato è aperto alle considerazioni più realistiche e nei nostri incontri si dimostra ragionevole e rispettoso delle mie idee. La stessa cosa vale per Giorgia Meloni". Salvini è un goleador, ma vuole fare l'allenatore al suo posto. "Per sua natura Salvini è un goleador, come la Meloni, che vedo bene giocare all'ala. Berlusconi è il regista se sta in campo e l'allenatore se sta fuori. Chi prenderà più voti farà l'allenatore."

Nel caso doveste andare al governo da soli, la Lega sarà molto esigente. "Abbiamo parlato già di tutto. Su 20 ministri, 12 saranno protagonisti della vita civile e soltanto 8 professionisti della politica." Distribuiti? "Tre a Forza Italia, tre alla Lega, due a Fratelli d'Italia". Il Cavaliere segue con attenzione la nascita di una "quarta gamba" del centrodestra. "La nascita di tanti piccoli partiti è una conseguenza storica dell'individualismo di noi italiani. Chiunque abbia un minimo seguito non resiste alla tentazione di fondare un micromovimento. Vedo come possibile la fusione dei piccoli partiti di ispirazione liberale per poi entrare nel centrodestra, dopo averne condiviso un programma la cui stesura vedrà anche la loro partecipazione". A chi pensa? "Il movimento di Stefano Parisi, l'Udc, Scelta civica, il Movimento animalista, i pensionati. Molti avevano chiesto di entrare in Forza Italia...". E il partito di Alfano, Alternativa popolare? "Ricordiamo che sono persone elette e mandate in Parlamento dagli elettori di Forza Italia. In Sicilia la gran parte è venuta con noi prima delle elezioni regionali. I leader nazionali, invece, hanno deciso di restare con la sinistra...".

Esclude un loro rientro? "In questa legislatura ci sono stati 526 cambi di gruppo parlamentare. I cittadini perdono il senso del valore del loro voto. No, non possiamo richiamare Alleanza popolare".

Euro e Am-lire

Chiedo a Berlusconi se Salvini ha rinunciato alla sua battaglia per uscire dall'euro. "Direi di sì. Sta facendosi strada l'idea di restare nell'euro, ma limitarne l'uso alle transazioni internazionali, stampando una seconda divisa che restituisca all'Italia una parte della sua sovranità monetaria".

Davvero pensa di tornare alle Am-lire del dopoguerra? "Io sono figlio della guerra e ricordo bene questa moneta stampata dagli Alleati e rimasta in vigore fino al 1953. Il Centro studi del pensiero liberale ha verificato che non esiste una norma dei trattati europei che vieti l'adozione di una seconda moneta nazionale".

Vuol dire che gli stipendi saranno pagati in lire? "Lo stiamo valutando, ma sono rimasto impressionato da come il Giappone ha affrontato gli anni della crisi. Ha stampato moneta per una cifra pari al 20 per cento del Prodotto interno lordo. In Italia il Pil è di 1.600 miliardi, che arriva almeno a 1.800-2.000 se consideriamo quello reale compreso il sommerso. Bene, noi potremmo stampare moneta per 400 miliardi in tre anni e far ripartire alla grande il Paese". E l'inflazione? "Sa quanto è oggi l'inflazione giapponese? Intorno allo 0,50 per cento. E durante la crisi non è mai esplosa".

Tasse e reddito di dignità

Salvini propone una "flat tax", una tassa piatta al 15 per cento. Mi pare pochino... "Noi stiamo studiando l'aliquota più bassa possibile, come quella in uso in molti Paesi del mondo. Il successo finanziario di Hong Kong, per esempio, è stato di avere fin dal dopoguerra una flat tax molto bassa per i residenti. Tanto è vero che la flat tax, a questo livello, è rimasta anche quando il territorio è entrato nella sovranità cinese. La flat tax è usata con buoni risultati anche in Russia". La Costituzione prevede la progressività delle imposte. Occorre, quindi, un riequilibrio in basso. "E infatti noi prevediamo una soglia esente fino a 12.000 euro e una flat tax sugli importi superiori".

Altro punto eticamente lodevole, ma finanziariamente costoso, faccio notare a Berlusconi, è il reddito di dignità. "In Italia ci sono 4 milioni 750.000 italiani che vivono nella povertà assoluta e vanno avanti con l'assistenza pubblica e la carità privata. Si aggiungano 10 milioni 400.000 cittadini che vivono in una condizione di povertà relativa: secondo l'Istat, una famiglia di quattro persone che non raggiunge un reddito mensile di 1.155 euro". La vostra proposta? "Assistenza globale a chi si trova in condizioni di povertà assoluta, integrazione del reddito per nucleo familiare sino al livello di dignità".

Non c'è il rischio che queste persone non siano motivate a cercarsi un lavoro? "Non credo: come avviene in altri Paesi, il reddito di dignità verrà corrisposto a determinate condizioni. Fra queste, il fatto di un concreto impegno al mantenimento o alla ricerca di un lavoro, anche attraverso corsi di aggiornamento professionale, e l'obbligo di accettare eventuali proposte di lavoro. Magari non la prima che capita, ma la seconda o la terza certamente. E anche, per esempio, il regolare adempimento dell'obbligo scolastico per i figli". Inoltre, il presidente di Forza Italia mi conferma di "voler elevare a 1.000 euro al mese le pensioni minime, come nel 2001 le elevammo a 1 milione di lire al mese per 13 mensilità, e di voler dare un reddito alle mamme, che non sono mai state pagate in vita loro".

E dove pensa di trovare l'enorme mole di denaro necessario per attuare una riforma eticamente molto lodevole, ma terribilmente costosa? "Occorrerà una profonda riorganizzazione scientifica dello Stato, una forte riduzione della spesa pubblica e la possibilità di stampare una nuova moneta, che dovrebbe affiancare l'euro".

Al mio scetticismo sulla possibilità di riformare lo Stato dalle radici, il Cavaliere obietta citando una tesi che lo ha colpito mentre si preparava a ricevere una laurea honoris causa in ingegneria aziendale. "Ogni entità creata e gestita dagli uomini ha bisogno di una riorganizzazione scientifica ogni dieci anni. Ma se si salta il primo e il secondo decennio, alla fine del terzo decennio, dopo trent'anni, i risultati minimi che si ottengono con una riorganizzazione scientifica sono un risparmio di almeno il 30 per cento sui costi e un aumento della produttività di almeno il 15 per cento. È quanto intendo fare con una rivoluzione moderata nei modi, ma profonda nei contenuti". Pensa di riuscirci? "Cercherò di spiegarla ai cittadini elettori perché per mettere in atto questo programma occorre una forte maggioranza".

I rapporti politici

e il centrodestra non vincesse alle prossime elezioni, sarebbe altamente probabile una Grande Coalizione con il Pd. "Io penso che, con il sistema maggioritario su un terzo dei voti, avremo i numeri per governare da soli" obietta Berlusconi. Con Renzi non vi incontrate dal 28 gennaio 2015, quando ci fu la rottura sul candidato presidente della Repubblica. Pensa di aver sbagliato ad avergli detto di essere d'accordo con D'Alema sulla candidatura Amato? "Avevo ricevuto una telefonata di D'Alema, che mi chiese se fosse vero che avremmo sostenuto il candidato Giuliano Amato. Io lo riferii subito a Renzi. Non c'erano stati accordi di nessun tipo con D'Alema e mi ero comportato come sempre con grande trasparenza".

Qual è il suo rapporto con il presidente Mattarella? "Nella nostra scelta per il Quirinale non c'era niente di personale. Ho avuto sempre nei suoi confronti un atteggiamento di rispetto e di considerazione che sono ricambiati".

Naturalmente, quando parliamo di possibili candidati alla presidenza del Consiglio, il Cavaliere si fa prudente. "Durante una cena privata, in casa mia, ho fatto vari nomi tra cui quello di Marchionne, per indicare il tipo di personalità auspicabile per il ruolo, ma non ne ho mai parlato con lui. Stessa cosa per Mario Draghi, che sarebbe un premier eccellente".

E Antonio Tajani? "È l'italiano che in Europa ha raggiunto la posizione politica più elevata, quella di presidente del Parlamento europeo, un ruolo che gestisce con grande autorevolezza e con un impegno straordinario." Può essere lui il presidente del Consiglio, se toccasse a voi indicarlo? "Antonio sarebbe un ottimo premier. È con noi dal 1994, ed è uno dei cinque fondatori di Forza Italia. Ma, naturalmente, non è l'unico nome sul campo". E se invece la soluzione fosse un rinnovo del mandato a Paolo Gentiloni? "Lui fa onore al suo nome: è persona gentile, rispettosa e dinamica. Ma le elezioni le vinceremo noi".

Gli affari privati

Passiamo al mondo degli affari. Si aspettava un attacco così forte da parte di Vivendi? "Mi ha sconcertato. Ho sempre considerato il signor Bolloré un imprenditore serio, con il quale pensavo fosse possibile una collaborazione in un mercato, come quello della comunicazione televisiva, nel quale si ragiona in termini di grandi player capaci di operare internazionalmente. Sarebbe convenuto a entrambi i gruppi lavorare insieme: il progetto di un grande polo televisivo europeo aveva e continua ad avere una sua logica industriale assolutamente valida."

Berlusconi mi ricorda che, raggiunti e sottoscritti gli accordi, Vivendi, con motivazioni inconsistenti, è venuta meno al rispetto dei patti con il gruppo Fininvest. E, da partner, si è trasformata in aggressore, cercando di scalare Mediaset. "Vede" mi spiega "chi dipinge il capitalismo come una giungla selvaggia, come una partita senza regole, nella quale tutto è lecito, non conosce i meccanismi sui quali si fonda una sana economia di mercato, o deriva da un pregiudizio anticapitalista comune a gran parte della sinistra e anche a una certa destra. La concorrenza è un bene, ed è giusto che i migliori si affermino anche a scapito di altri. Ma questo deve avvenire secondo regole chiare. Non si tratta solo di rispetto delle leggi e dei contratti, che già è un criterio fondamentale. Si tratta anche di rispetto della parola data. Mio padre mi ha insegnato che una stretta di mano ha ancora più valore di una firma sotto un contratto. Così funzionano i rapporti corretti fra aziende, siano esse alleate o concorrenti. Io, da imprenditore, mi sono sempre attenuto a questa regola".

"Naturalmente" prosegue il Cavaliere "Fininvest ha dovuto difendersi dall'aggressione e reclamare insieme a Mediaset il rispetto dei patti. I miei figli e i nostri manager lo stanno facendo nel modo migliore. La ragione sta dalla nostra parte, e non potrà non esserci riconosciuta. Ma, comunque vada a finire, sul principio secondo cui accordi e contratti non si possono non rispettare non possiamo e non vogliamo transigere".

Parliamo di Telecom: è ormai un'azienda francese? "Spero proprio di no. Un'azienda così importante deve tutelare gli interessi italiani." Fa bene il governo a utilizzare la "golden share" per assicurarsi il controllo almeno della rete? "Sì, anche considerato come la Francia si sta comportando contro di noi".

Si riferisce ai Cantieri navali di Saint Nazaire, di cui avevamo comprato dai coreani il 66 per cento e che, adesso, dobbiamo condividere alla pari con lo Stato francese? "Sì" mi risponde Berlusconi. "Purtroppo lo sciovinismo ha sempre determinato le mosse dei francesi. Ricorda quando nel 1992 fu fatta fallire La Cinq, la rete televisiva che avevo fondato in Francia nel 1986?".

E Mediaset resterà italiana? "Non solo italiana, ma sempre della mia famiglia". Però Mediaset Premium non va bene, come molti canali privati a pagamento, mentre c'è un rilancio della televisione generalista. "È vero. I canali generalisti sono i soli a fare grandissimi numeri. La moltiplicazione dei canali televisivi con offerte di film e di ogni genere di spettacoli dappertutto non rende più appetibile la televisione a pagamento, che si regge ormai soltanto sugli eventi sportivi, ma per il resto è destinata a un pubblico limitato di utenti. Va così in tutto il mondo".

I rapporti con Vladimir Putin

All'inizio di ottobre, Berlusconi è andato a Mosca per il 65esimo compleanno di Vladimir Putin. Oltre al vero regalo, un tavolo da scacchi dell'Ottocento, anche un piumino copriletto con l'immagine di una stretta di mano tra i due. "Ero il solo ospite straniero alla cerimonia ufficiale" mi racconta il Cavaliere.

"Io sedevo accanto a Putin, all'altro lato il premier Dmitrij Medvedev, poi i presidenti di Camera, Senato e i ministri più importanti. Stemmo insieme per diverse ore. Il menu? Piatti di tutti i tipi, compresi quelli della dieta mediterranea. Nel corso del pranzo ciascuno dei presenti ha dedicato a Putin un brindisi con parole di grande apprezzamento e grande rispetto".

Secondo Berlusconi è indispensabile che l'Italia e l'Europa recuperino il rapporto con la Russia. "Quel Paese non è un pericolo, ma un alleato prezioso che fa parte dell'Occidente per storia, per cultura, per religione. Le sanzioni, che peraltro ci danneggiano, andrebbero ritirate subito".

Poi Berlusconi ricorda la stretta di mano tra George Bush e Putin a Pratica di Mare nel 2002, quando, grazie alla sua azione e alla sua amicizia con i due presidenti, si costituì un consiglio NatoRussia, che sancì la fine alla guerra fredda. "Lei pensa" mi chiede "che si possa affrontare il problema dell'immigrazione senza la collaborazione di tutti i grandi Paesi, Russia compresa? Ci sono nel mondo quasi 6 miliardi di persone più o meno povere e 1 miliardo 700 milioni di persone che vivono nel benessere. Non è una novità, anzi nel passato i poveri erano anche di più. Ma non sapevano come si viveva nel benessere. Oggi, anche nel più sperduto villaggio al centro dell'Africa c'è un televisore che consente di vedere quel che accade nel mondo. Non mi stupisco che un ragazzo di vent'anni che vive a piedi nudi e indossa da chissà quanto la stessa maglietta cerchi di venir via dal suo mondo per arrivare nel nostro, nel mondo del benessere".

Lo sviluppo del Terzo Mondo

Gli ricordo che da decenni si parla di aiutare lo sviluppo dei Paesi di quello che una volta si chiamava Terzo mondo. "Purtroppo nessun Paese lo ha fatto con la convinzione e l'energia necessarie. Occorre un grande accordo tra tutti i Paesi del benessere che mettano insieme 200-300 miliardi all'anno e imprese che si rendano disponibili per lavorare in quei Paesi e far nascere lì strutture produttive efficienti che creino posti di lavoro, dando vita a sistemi economici portatori di benessere. L'Unione europea dovrebbe farsi promotore di questa iniziativa. La Federazione Russa, con Putin, si aggregherebbe sicuramente".

Secondo Berlusconi, la ripresa economica nei Paesi del benessere non sarà sufficiente a incrementare i posti di lavoro: "Gli studi di alcune università americane hanno stabilito che nel 2050, per produrre gli stessi beni di oggi, occorrerà la metà degli operai. Un altro studio di università europee sostiene che l'incremento della robotica porterà entro il 2020 a una perdita di 600.000 posti di lavoro in Germania, di 400.000 in Francia e di 350.000 in Italia. Un paradosso a conferma: un amico, professore universitario in California, ha immaginato una situazione che dà bene l'idea di quel futuro. Nelle fabbriche del 2050 ci saranno soltanto i macchinari, un uomo e un cane. I primi serviranno a realizzare i prodotti, l'uomo a dar da mangiare al cane e il cane a impedire all'uomo di avvicinarsi alle macchine. Non male, mi sembra. È un paradosso che rende bene l'idea".

Le brutte notizie

Quando, ormai a notte, il Cavaliere mi accompagna ai cancelli della sua villa di Arcore c'è tempo per ricordare un'immagine bella e due brutte. La bella è la tenuta della Certosa in Sardegna. Quando la vidi la prima volta, nel 1994, aveva una superficie di 30 ettari. Oggi ne conta 120. Non vorrà mica venderla? "No, non la venderò mai, piace troppo ai miei figli. In effetti è un parco unico al mondo: un museo delle piante medicinali (120 specie), uno delle piante da frutta (120 specie), e poi quello degli hibiscus (500 specie), degli agrumi (114 specie), dei cactus (500 specie), delle palme (2000 piante di più di 100 specie), dei fi- cus (90 specie)...".

Le brutte riguardano una nuova richiesta di rinvio a giudizio per l'affare Tarantini di Bari. "È il 74° processo contro di me e contro le mie aziende". E, soprattutto, il film che il regista Paolo Sorrentino sta girando su di lui: una cavalcata tra malavita ed eccessi sessuali. Ma come mai lei era arrivato a offrirgli addirittura di girare nelle sue ville? "Pensavo a un'opera neutrale. Oggettiva. Mi sono arrivate molte voci che parlano di un grottesco attacco personale e politico che mi demonizza dall'inizio della mia attività imprenditoriale a tutto il mio percorso politico. Spero non sia così, il cinema italiano, dopo il film su Andreotti dello stesso regista, non ha davvero bisogno di un'altra cattiva opera di propaganda politica...".

Questo libro s'intitola Soli al comando. Lei lo è stato per tutta la vita. O no? "Non sono mai stato solo. Anzi, in ogni attività alla quale mi sono dedicato, dall'impresa allo sport, alla politica, ho sempre considerato fondamentale avere una squadra di collaboratori che sono poi diventati anche miei amici, quasi un'estensione della mia famiglia. Soli non si va da nessuna parte, mai, neanche nel ciclismo, che è il bellissimo sport al quale lei si è ispirato per dare il titolo a questo libro. Il ciclismo sembra uno sport strettamente individuale, e in effetti le doti del singolo atleta sono importantissime.

Eppure, nemmeno Fausto Coppi sarebbe stato l'"uomo solo al comando in maglia bianco-celeste", descritto dalla celebre radiocronaca, in quella tappa del Giro d'Italia magistralmente raccontata da Dino Buzzati, se intorno a lui non ci fosse stata una squadra, fatta di altri corridori, di tecnici, di allenatori. Fuor di metafora, guidare un sistema complesso, sia esso un'azienda, una squadra di calcio, un movimento politico, a maggior ragione un Paese, è impossibile senza il supporto, il confronto, anche la critica di amici capaci e leali. È impossibile senza l'impegno di tante persone che, ciascuna nel suo ruolo, diano il meglio di sé per arrivare a un risultato difficile e importante".

E aggiunge: "Vede, io non ho mai considerato chi lavora con me come un numero. Sono convinto che ogni collaboratore, qualunque mansione svolga, sia indispensabile alla riuscita di un progetto, sia esso aziendale, sportivo o politico. Per questo ho sempre voluto che tutti si sentissero parte di uno sforzo collettivo teso a ottenere il meglio. Per questo mi sono sempre interessato, almeno fin quando è stato possibile (perché poi ero arrivato a 55.000 collaboratori), e cercavo di ricordare il nome di ciascuno, delle condizioni di ciascuno, della sua salute, della sua famiglia, dei suoi affetti.

È il modo più giusto per non avere "dipendenti" ma collaboratori, ed è il modo più sicuro per raggiungere traguardi ambiziosi. Voglio farle un esempio: nel 1994, quando sono sceso in campo nella politica, ho potuto abbandonare senza traumi, quasi da un giorno all'altro, le imprese che avevo fondato, in piena fiducia. Quella decisione, che in molte realtà aziendali avrebbe creato traumi difficili da superare, da noi è stata possibile senza alcuna conseguenza negativa, per due ragioni.

La prima, perché potevo contare su due miei figli, Marina e Piersilvio, delle cui capacità ero certo.

La seconda è che sapevo che la squadra dei miei collaboratori, dal top management alle mansioni apparentemente più umili, funzionava perfettamente e avrebbe continuato a funzionare anche senza la mia presenza. Così è stato, e sono molto orgoglioso di tutti loro. Sono orgoglioso anche dell'affetto che ancora mi riservano i miei collaboratori. Solo due mesi fa ho partecipato, come ospite, a un evento interno di Publitalia. Credevo di passare per un saluto. Alle 2 del mattino ero ancora circondato da tutti, che non mi lasciavano andar via. È la prova che avevo trasmesso in chi era in azienda lo spirito giusto, che si è comunicato poi anche a chi è entrato negli anni successivi".

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Bruno Vespa