Autonomia sinistra
(Ansa)
Politica

I compagni strillano al colpo di Stato ma proponevano le stesse riforme

In passato la sinistra provò a introdurre premierato e autonomia differenziata, eppure ora fa le barricate. È la solita ipocrisia: le opinioni cambiano a comando, mentre la Carta è intoccabile solo quando fa comodo

Qualche lettore mi chiede lumi sul libretto verde dei pensieri di Achille Occhetto che ho mostrato l’altra sera in tv, ospite del talk di Bianca Berlinguer. Non ho difficoltà a fornirli. È un volumetto che sintetizza il programma elettorale del Pds del 1994, anno della famosa sfida con Silvio Berlusconi. Lo pubblicò L’Unità, 98 pagine che in copertina recano la seguente scritta: «Per ricostruire un’Italia più giusta, più unita, più moderna». Occhio alla premessa di un Paese più unito e più moderno, perché a pagina 31 c’è la proposta di una riforma dello Stato che metta fine al centralismo, attribuendo più poteri alle Regioni e una capacità di imposizione tributaria che consenta una ripartizione delle entrate tra governo centrale e governi decentrati. Vi dice qualche cosa tutto ciò?

Si tratta semplicemente dell’autonomia regionale che ora, con bandiere tricolori e libretti rossi della Costituzione, il Pd contesta sostenendo che la riforma rappresenterebbe la fine della Stato unitario.


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Maurizio Belpietro