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(Ansa)
Politica

Alla sinistra tocca chiedere una mano alla destra per riproporci Enrico Letta

Da una parte i dem lanciano l'allarme per l'onda di destra, ma poi, pur di mettere l'ex segretario dem alla Commissione Europea si appoggiano alla Meloni

Vincono le destre, torna Enrico Letta. Lo sappiamo, sembra un paradosso, e lo è. Ma è esattamente questo il cortocircuito cui stiamo andando incontro. Che c’entra la vittoria di Fratelli d’Italia e della Le Pen con il ritorno dell’ex premier Pd? C’entra eccome, per via dei perversi meccanismi delle nomine e delle maggioranze europee che dominano a Bruxelles, così complicati e farraginosi da consentire un simile absurdum.

Proviamo a spiegarla semplice: dopo le elezioni europee, tocca mettersi d’accordo sui nomi dei nuovi vertici. Ursula Von der Leyen vuole farsi riconfermare a capo della commissione come nulla fosse, ma probabilmente per realizzare il suo sogno avrà bisogno di un “appoggio esterno” da parte dei conservatori. E Giorgia Meloni, che guida la pattuglia e appena incoronata vincitrice nelle urne, potrebbe chiedere in cambio un commissario pesante, a lei vicino. Ma nel bilancino delle nomine, all’Italia potrebbe spettare anche quella di presidente del Consiglio Europeo: il nome che potrebbe accontentare tutti è proprio quello di Enrico Letta. Proprio lui: sconfitto alle politiche da Giorgia Meloni, potrebbe essere proiettato nelle sacre stanze di Bruxelles dalla stessa Meloni.

Follia? Fantascienza? No, semplicemente politica. Per il consiglio europeo serve un nome che abbia largo consenso, anche tra i socialisti. Non disponendo di grandi nomi “ecumenici” tra le sue fila, e avendo mantenuto un buon rapporto con Enrico Letta, la premier potrebbe essere disposta a pagare dazio, se il conquibus fosse quello di piazzare un piede nelle stanze dei bottoni comunitari.

Tutto legittimo, tutto accettabile? Sì, se non fosse per un piccolo particolare. Enrico Letta è la stessa persona che, nella campagna elettorale per le politiche, sferrò il colpo sotto la cintola contro le destre. Andò negli studi della Cnn e si fece intervistare dalla stampa straniera per dire che “Giorgia Meloni è un pericolo per l’Italia e l’Europa”, suonando l’allarme democratico urbi et orbi, con grave nocumento all’immagine del Paese. Così, la stessa persona che, in una tribuna internazionale come la Cnn, ha paventato l’avvento di un dittatore in gonnella a Palazzo Chigi, oggi si appresta ad assurgere sul proscenio internazionale, proprio in virtù dei buoni favori della stessa Meloni. Senza scomodare il “mondo al contrario” di Vannacci, lasciateci almeno dire che questo mondo, tutto dritto non è.

La morale della favola è che gli allarmi democratici valgono zero. Al concreto, quando si parla di poltrone, la sinistra si riscopre magicamente amica della destra. Gli ululati sul rischio dell’onda nera, del rischio autoritarismo, della dittatura alle porte, sono solo fumo: sceneggiature teatrali da campagna elettorale. Ma dopo il voto, rinfoderate le spade, contano le nomine, i rapporti personali e i meri interessi politici. Lo sapevamo già: oggi ne abbiamo una prova in più.

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Federico Novella