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Politica

Addio Spadafora, ministro dello sport a sua insaputa

Dopo 17 mesi si conclude l'avventura dell'uomo che ha governato il momento più drammatico. Tra errori e omissioni, come l'ultima gaffe: "Non conoscevo questo mondo"

Addio, ministro Spadafora. A mai più rivederci. Non in questa veste, quella indossata negli ultimi diciassette mesi nei quali si è trovato a gestire il momento più drammatico dello sport italiano, travolto dalla pandemia. Lo ha fatto con esiti pessimi, come dimostra lo stato di morte apparente del movimento di base, le difficoltà degli imprenditori del settore e la lunga serie di oppositori alle sue scelte politiche io cui culmine è stata la riforma nata monca perché priva del consenso della sua stessa maggioranza.

Abbiamo anche rischiato di essere cacciati dal consesso del CIO per quella storiella della mancata autonomia del Coni, quel salvataggio in extremis che lei ha liquidato con uno sprezzante "improbabile che l'Italia venisse sanzionata così duramente già domani". Ricorda? Era la vigilia del giorno della resa dei conti a Losanna. Ma siamo stati sempre sul filo, come quando per due mesi ha inseguito lo slogan secondo cui la Serie A, la locomotiva di tutto il movimento, doveva chiudere i battenti perché c'erano cose più importanti di cui occuparsi.

Ecco. Salutando ha messo per iscritto di "non conoscere il mondo dello sport" cui si è "avvicinato con curiosità, rispetto e attenzione". A chi di sport vive era chiaro da tempo. E' stato ministro a sua insaputa di una delle industrie economiche, sociali e culturali più importanti di questo Paese. Ora è finita. Non mancherà e oltre queste (poche) righe di commiato c'è davvero nulla da aggiungere.

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Giovanni Capuano