Ecco com'è nato il Governo Letta
Storie di veti incrociati, vincitori e vinti - I Ministri: foto - lo speciale sul governo Letta -
Giorgio Napolitano è netto: “Non ci sono formule, questo è un governo politico, l’unico governo possibile”. E’ il sigillo che il capo dello
Stato mette sul nuovo esecutivo, guidato da Enrico Letta. Il messaggio è chiaro: questo governo deve durare, no a tentazioni di urne anticipate.
Letta si dice “sobriamente contento”. Il giovane premier lo afferma in sintonia con il suo stile. Ma anche evidentemente perché è consapevole dei rischi che questo esecutivo molto giovane, molto rosa, molto fresco ma senza marcate personalità politiche (tranne la sua, quella di Angelino Alfano e un po’ quella di Dario Franceschini) di Pd e Pdl, i maggiori contraenti delle nuove larghe intese (le prime furono nel 1976), potrebbe correre nei mari perigliosi della politica. In teoria hanno vinto tutti.
Al governo è andata la generazione chiamata a portare l’Italia nelle Terza Repubblica. Il via verso questa formula lo aveva dato proprio Silvio Berlusconi chiedendo un governo di giovani e donne. Richiesta che ha subito trovato concordi Napolitano e naturalmente Letta.
Ma certo il parto non è stato facile. Dopo una notte e una mattinata di veti e controveti, il governo è nato. O meglio, secondo una battuta che ha preso subito a circolare nella sala stampa di Montecitorio, sarebbe “nata la nuova Democrazia cristiana”. Dalla Dc vengono premier e vicepremier, Angelino Alfano, che è anche ministro dell’Interno. Letta, lato Dc di sinistra (Beniamino Andreatta), Alfano lato Dc di destra.
Da non dimenticare che “Enrico” è nipote di Gianni Letta, ex dc di grande rango, lato andreottiano, ex sottosegretario del governo Berlusconi e uno dei più potenti e ascoltati consiglieri del Cav. Lato Dc, ex Margherita, il renziano Graziano Delrio, ministro per la Coesione territoriale.
E ancora dal mondo democristiano e cattolico vengono: l’ex segretario del Pd Franceschini, ministro per i Rapporti con il Parlamento, il luogotenente di Pier Ferdinando Casini, Giampiero D’Alia, ministro della Pubblica Amministrazione; Mario Mauro (uomo forte di Comunione e liberazione, ex Pdl, ora Scelta civica) ministro della Difesa, altro nome pesante contrassegnato Cl e Maurizio Lupi, Pdl, ministro delle Infrastrutture.
Maria Chiara Carrozza, ex rettore dell’Istituto di Sant’Anna di Pisa e deputata Pd, è molto vicina al premier Letta. L’unico ex comunista doc è Flavio Zanonato, ex sindaco di Padova, ritenuto a metà strada tra Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani. Meno rossa nel senso ortodosso, per ragioni anagrafiche, è la presenza, come ministro dell’Ambiente, del “giovane turco” del Pd Andrea Orlando. Ritenuto vicino sia a D’Alema che a Giuliano Amato è Massimo Bray, ministro per i Beni culturali. Bray, deputato pd, è direttore editoriale della Treccani ma anche direttore della rivista della Fondazione Italianieuropei di D’Alema e Amato.
Infine i berlusconiani e gli azzurri della prima ora, a cominciare dal ministro alle riforme costituzionali Gaetano Quagliariello. Il Cav
strappa presenze importanti piazzando la meglio gioventù azzurra, a cominciare dal segretario del Pdl Angelino Alfano. Al ministero della
Salute, va la giovane Beatrice Lorenzin (quarantenne) e all’Agricoltura l’ancora più giovane Nunzia De Girolamo. Tutti contenti? Giorgio Lainati, deputato Pdl, berlusconiano della prima ora: “E’ un buon governo di ricambio generazionale, sono soddisfatto. Va bene anche Emma Bonino agli Esteri, non va dimenticato che fu proprio Berlusconi a nominarla Commissario Ue e dette una grande mano nella tragedia di Sarajevo”.
Berlusconi sottolinea che lui non ha messo alcun veto alla presenza di nomi pesanti di ex ministri. Evidentemente, secondo maliziosi osservatori, è un messaggio rivolto a Renato Brunetta. E anche un modo per dire, come aveva già fatto Alfano, che non è stato il Pdl a porre un veto su D’Alema agli Esteri. Se Monti resterà a fare il senatore a vita, in attesa di tempi migliori e magari di qualche carica europea, se Amato ormai, da vero Dottor Sottile, a più di 70 anni guarda con disincanto le alterne stagioni della politica, il vero escluso sembra D’Alema. Ma narrano che Max non ne faccia affatto un dramma. Per lui sarebbe in vista un incarico europeo.
Certamente il veto su di lui quello sonoro, decisivo sarebbe venuto dal Pd e da Pier Luigi Bersani. “L’antibelusconismo” della sinistra
radicale così come ”l’antidalemismo”, quasi tutto di marca pd, probabilmente sono destinati a restare i due mali sottili della Seconda
Repubblica che il governo giovane e rosa di Letta ha il compito di traghettare nella Terza. I tanto vituperati “Dalemoni”, bollati come
l’inciucio, non erano altro che il tentativo di fare quelle larghe intese per le riforme che ora tocca portare a compimento al governo Letta.