Stellantis: crisi negli Usa e battuta d'arresto per la Gigafactory di Termoli
Mentre i sindacati americani minacciano un nuovo sciopero, l’impianto in Molise perde i fondi del Pnrr. Doppio fronte per Carlos Tavares in un contesto di crisi per l'industria automobilistica europea
Stellantis ha qualche problema da risolvere. Da una parte i sindacati americani che minacciano lo sciopero, dall’altro il progetto della Gigafactory a Termoli che sembra sempre più incerto e perde i 250 milioni di euro del Pnrr. Mentre l’industria automobilistica europea vive uno dei suoi peggiori periodi, con la crisi di Volkswagen pronta a chiudere stabilimenti e Bmw costretta a ridimensionare le previsioni sugli utili, il gruppo guidato da Carlos Tavares ha due fronti da gestire ora.
Negli Stati Uniti le scorte di auto invendute si accumulano nei parcheggi delle fabbriche e dei concessionari. E il sindacato statunitense United Auto Workers (UAW) si sta preparando a indire le votazioni per autorizzare un nuovo sciopero contro Stellantis nel Paese. "È tempo che il pubblico americano metta in discussione Carlos Tavares. La sua cattiva gestione dell'azienda sta danneggiando Stellantis, i consumatori e i lavoratori statunitensi", ha dichiarato senza mezzi termini Shawn Fain, presidente del sindacato statunitense. Lo stesso che l’anno scorso è riuscito a fermare le Big three (Ford, General Motors e Stellantis). Il sindacato accusa l’azienda italo-franco-statunitense di non rispettare le garanzie fornite nel contratto sindacale siglato lo scorso anno per mettere fine alle proteste. Al centro dello scontro c’è la produzione della Durango che l’azienda, accusano i sindacati, starebbe pensando di trasferire da Detroit in Canada, andando contro l’intesa raggiunta lo scorso autunno. Ipotesi smentita da Stellantis al momento che ha commentato la possibile nuova mobilitazione: "Uno sciopero non porta benefici a nessuno: ai nostri clienti, ai nostri rivenditori, alla comunità e, soprattutto, ai nostri dipendenti". Sarà sciopero?
E in Italia intanto va verso il tramonto la Gigafactory in Molise, a Termoli. La realizzazione dell’impianto industriale per la produzione di batterie per veicoli elettrici pianificato da Stellantis con Acc (la joint venture con Mercedes e Total Energies) è sempre più a rischio. Doveva essere una delle più grandi fabbriche di batterie in Europa. C’erano i fondi: 250 milioni di euro dal Pnrr e altri 100 milioni da fondi pubblici. Ma di posticipo in posticipo tutto si è bloccato. Nell’ultimo incontro tra il ministro dell’Industria Adolfo Urso, il capo del personale di Stellantis Giuseppe Manca, l’amministratore delegato di Acc Yann Vincent e i sindacati è parso molto chiaro che i tempi stringono e, anzi, non ci sono più. La società fa intendere che progetto potrebbe saltare considerati la scarsa domanda di auto elettriche in Europa e l’elevato costo delle batterie, che formano circa il 40% del costo totale di un veicolo elettrico. Fare di Termoli la sede di produzione di batterie low cost potrebbe essere il piano B, ma comporterebbe una modifica al progetto iniziale e quindi un ulteriore rinvio. I tempi si dilatano e i soldi del Pnrr, dunque, ora vengono dirottati altrove, lasciando ancor più nell’incertezza la nascita reale della Gigafactory. I sindacati sono preoccupati per le conseguenze per l'occupazione e la filiera industriale locale. "Vogliamo essere ottimisti, ma dobbiamo superare i dubbi su queste promesse. Pensare che Stellantis possa arrivare a produrre un milione di auto elettriche entro il 2030 sembra difficile", ha commentato a La Verità Stefano Boschini, responsabile auto della Fim-Cisl.
Stati Uniti che minacciano lo sciopero, Gigactory in forse in Italia, mercato automotive in crisi in Europa. Ma Carlos Tavares ha preso al volo l’inaugurazione dei nuovi uffici della divisione commerciale Pro One a Mirafiori, per dire la sua su quanto sta succedendo ai vicini tedeschi: “Abbiamo preso scelte impopolari negli ultimi anni, che sono state spesso criticate. Ma le abbiamo prese proprio per evitare di ritrovarci nella situazione in cui si trova oggi Volkswagen”.