Marco Travaglio
(Ansa)
Politica

Travaglio insulta Draghi. Chissà domani a chi tocca...

Il direttore del Fatto sembra aver perso la bussola e usa sempre e solo l'arma dell'offesa. Trovandosi solo

«Draghi è un figlio di papà, un curriculum ambulante, uno che visto che ha fatto bene il banchiere europeo, ci hanno raccontato che è competente anche in materia di vaccini, sanità. giustizia. Mentre mi spiace dirlo: non capisce un cazzo né di giustizia, né di sociale, né di sanità".

Le parole del direttore del "Fatto" Marco Travaglio nei confronti del premier, definito "figlio di papà" (Draghi è orfano di padre dall'età di 15 anni), hanno lasciato a bocca aperta tutto il mondo politico e giornalistico. Più che la volgarità, la mancanza di rispetto, l'assenza di limiti, qua colpisce la disperazione dell'uomo. Il timoniere di una nave di carta che come l'ultimo giapponese, spara urbi et orbi senza sapere dove sta veleggiando. Senza accorgersi che è rimasto solo lui, in trincea, mentre i commilitoni d'un tempo lo hanno abbandonato.

Il Fatto Quotidiano combatte in solitaria contro tutti, anche contro sé stesso. Alla bersagliera. Alla garibaldina. Senza una linea precisa, senza logica, senza vergogna. Una volta si fregiava – contento lui – di essere l'house organ dei 5 stelle, quando il Movimento si poteva chiamare tale. Ora che il suo riferimento politico è evaporato, e le cinque stelle sono esplose in cento meteore, la nave corsara travagliesca è in crisi d'identità. Non sa più da che parte girarsi. Come vivesse suo otto settembre, fa fuoco a casaccio contro chiunque gli si pari contro. L'unica ambizione rimasta, è quella di vestire i panni di ufficio stampa di Giuseppe Conte. Per tenere a galla la barca dell'avvocato in pochette, sono disposti a tutto: anche spararsi addosso e affondare con lui.

E non si salva nessuno, nemmeno gli amici d'un tempo. Ieri i cannoni sono stati puntati su Di Maio, che nell'editoriale di Travaglio è stato annesso al lungo elenco di traditori, con l'etichetta elegante di "Gigetto il Draghetto". Con lui finiscono nel calderone tutti i ministri pentastellati che hanno detto sì alla riforma della giustizia firmata Cartabia. Un destino che è toccato anche al garante Beppe Grillo, che prima della pace di cartapesta con Conte venne frettolosamente bollato come inquilino d'un manicomio.

Che il timoniere abbia perso il controllo del suo partito cartaceo, lo testimonia lo scivolone di due giorni fa. Apertura di prima pagina cubitale dedicata a Conte eroe dei due mondi. Virgolettato: "O si cambia o leviamo la fiducia". Bomba sul governo. Peccato che qualche istante dopo Rocco Casalino si affretti a smentire il titolone: "Si precisa che Conte non ha rilasciato interviste, nè dichiarazioni, nè virgolettati". Ecco, che Conte arrivi a smentire la sua gazzetta personale, non può che far sorridere. Perché Conte lo abbia fatto è tema di dibattito: forse per le pressioni dell'ala governista del partito, o di Beppe Grillo, forse Conte sta mentendo e vuole davvero strappare, forse il Fatto sta mentendo e vuole ricucire. Non lo sappiamo. Quel che sappiamo per certo è che Travaglio, incredibilmente talentuoso nel far innervosire le sue prede, nelle ultime settimane è caduto preda lui stesso d'una crisi di nervi.

Ormai la domanda è: verso chi il direttore vomiterà domani insulti di fuoco? E ogni volta, a dir la verità, ce lo chiediamo con un filo meno di preoccupazione, e un filo più di compassione.

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Federico Novella