La sconfitta di Ursula Von der Leyen sui vaccini
La Presidente della Commissione Ue prova a difendersi sulla stampa dagli attacchi arrivati da Spagna, Francia, Germania sui contratti e la gestione dei vaccini anti Covid
La questione vaccinale sta rendendo sempre più problematica la posizione politica di Ursula Von der Leyen. Gli enormi ritardi e i contenziosi con le grandi case farmaceutiche hanno gettato la presidentessa della Commissione europea in un vortice di aspre polemiche. Un vero caos, tanto che, nella giornata di ieri, è dovuta scendere in campo la stessa cancelliera tedesca, Angela Merkel, per "soccorrere" il suo ex ministro della Difesa, durante una conferenza stampa tenutasi a Berlino. E' quindi anche per cercare di rompere questo accerchiamento che la presidentessa della Commissione ha rilasciato nelle scorse ore una serie di interviste a vari giornali internazionali (tra cui La Repubblica): interviste in cui la von der Leyen ha tentato di respingere al mittente le accuse che le sono state mosse.
"Siamo appena all'inizio di una maratona e mi sento di confermare l'obiettivo di arrivare a vaccinare il 70% della popolazione adulta in Europa entro l'estate", ha dichiarato la presidentessa, assicurando inoltre la linea dura con i colossi farmaceutici. In riferimento ad AstraZeneca ha non a caso affermato: "Ci aspettiamo che recuperi le dosi tagliate", per poi aggiungere: "Quando avremo i dati completi torneremo al tavolo con AstraZeneca e li richiameremo ai loro obblighi". Il sospetto che aleggia a Bruxelles è che l'azienda britannica possa aver venduto vaccini fuori dall'Unione europea. "Al momento", ha dichiarato la Von der Leyen, "non c'è una spiegazione plausibile ai ritardi, chiediamo trasparenza su cosa hai prodotto, cosa hai esportato e cos'hai in magazzino. Poi toccherà all'azienda darci spiegazioni e dirci come intende rispettare il contratto. Anche Pfizer-BionTech ha avuto problemi, ma erano comprensibili e li ha risolti. Comunque con AstraZeneca il peggio è alle spalle, è un segnale positivo che abbia mostrato la volontà di accelerare le consegne".
Insomma, il capo dell'esecutivo europeo sta cercando di gettare acqua sul fuoco. I ritardi restano tuttavia imbarazzanti. Secondo dati recentemente diffusi dalla Bbc, l'Unione europea ha vaccinato per il momento circa il 2,3% della propria popolazione: un po' poco, rispetto al 7,1% degli Stati Uniti e all'11,4% del Regno Unito. Il problema si pone ovviamente anche in termini politici. E ricade principalmente proprio sulla Commissione. Tanto più che, oltre alle sole polemiche, alcuni Stati membri hanno già iniziato a fare parzialmente da soli: il che costituisce uno scacco non di poco conto nei confronti della retorica improntata all'Europa unita e solidale. L'Ungheria, negli scorsi giorni, ha dato il via libera al vaccino cinese Sinopharm e quello russo Sputnik V. Eppure forse i gesti più eclatanti e politicamente significativi vengono proprio da Angela Merkel. Sebbene – come abbiamo visto – la cancelliera difenda in pubblico l'operato della von der Leyen, di fatto poi sembra comportarsi in un modo un po' differente. Nelle ultime settimane, Berlino ha non a caso intensificato i legami con Mosca, mostrandosi significativamente aperta nei confronti del vaccino russo. Anche perché dobbiamo ricordare che la cancelliera abbia subìto non poche critiche in patria, per aver eccessivamente delegato la gestione vaccinale proprio alla Commissione europea, con i suoi magri risultati.
È quindi in questo quadro che si sta inserendo il presidente russo, Vladimir Putin, il quale – oltre che in termini meramente sanitari – considera il vaccino sotto il profilo geopolitico. Il capo del Cremlino sta infatti ricorrendo a Sputnik V per rompere l'assedio internazionale in cui è piombato nelle ultime settimane, facendo leva sui dissidi intrattenuti da Bruxelles con l'americana Pfizer e la britannica AstraZeneca. Il vaccino – per Putin – costituisce in altre parole anche uno strumento per allontanare l'Unione europea dall'orbita anglosassone. E questa strategia non può ovviamente non nutrirsi della debole gestione, targata von der Leyen. Tutto questo, senza infine trascurare che un duro colpo politico e di immagine a Bruxelles venga proprio dal Regno Unito: un Regno Unito che – come abbiamo visto – sta procedendo alle vaccinazioni abbastanza speditamente. Quello stesso Regno Unito, per capirci, che – secondo tanti analisti, politici e commentatori – uscendo dall'Unione europea con la Brexit, sarebbe sprofondato nel caos, nella regressione e nell'isolamento. Verrebbe da chiedere a costoro chi stia meglio oggi tra un cittadino europeo e uno britannico.