La vicenda Ita può sbloccare tutta l'aviazione nazionale
La riapertura della vendita della compagnia aerea di bandiera dev'essere solo il punto di partenza di un progetto sull'aviazione civile che dev'essere ambizioso
Le cose migliori che il Governo Meloni potrebbe fare per risolvere la questione della vendita di Ita Airways a nuovi proprietari privati sarebbero tre: non politicizzarla, mettere a capo della compagnia un manager aeronautico con grande esperienza, magari pescato sul complesso mercato americano, varare provvedimenti nazionali che favoriscano l'impresa aeronautica. La prima sarebbe una mossa di rottura con il passato, la seconda un miracolo di buon senso, la terza rivoluzionaria perché favorirebbe la comparsa di nuovi vettori laddove c'è lo spazio per riprenderci il nostro mercato. Come dimostra il recente decollo di Aeroitalia, una nuova realtà, ma lo stop di altre due compagnie che avevano in programma di partire entro la fine dell'anno.
In Ita, tolte le deleghe ad Alfredo Altavilla, ora Fabio Lazzerini deve mostrare i numeri a chi intende perfezionare la trattativa, mentre in una nota del 31 ottobre il ministero dell’Economia ha comunicato che sono cessati gli obblighi di esclusiva concessi dal 31 agosto al fondo Certares, Air France-Klm e Delta e che ora proseguiranno i colloqui per poter definire un accordo per cedere il controllo del vettore, o al gruppo citato, oppure, in virtù dello stop all'esclusiva, a chi si era fatto avanti prima, ovvero la tricolore Msc insieme con la tedesca Lufthansa. Dal punto di vista industriale ci sono vantaggi e svantaggi in entrambe le opportunità, anche se con Certares, seppur i soldi prospettati sarebbero stati di più (350 milioni per oltre il 50% e poi altri 650 per un piano di sviluppo e ricapitalizzazione), non è ancora molto chiaro quale potrebbe essere la strategia per non sacrificare le potenzialità italiane nei voli a lungo raggio, specialmente verso il Sud America, e come far sopravvivere un vettore nel suo mercato nazionale dove ha una quota di mercato marginale. Viceversa, la grande Delta Airlines potrebbe usare Ita per moltiplicare le destinazioni verso Est e verso Sud, ma dovrebbe fare i conti con le strategie franco-olandesi, non certo disposte a subire contraccolpi. Il governo Meloni ha però davanti agli occhi la dimostrazione che il personale Alitalia era sì tanto, ma in fondo non così sovra pagato come si voleva far credere: seppure non sia stato applicato al personale navigante Ita il contratto nazionale esistente, seppure siano state ridotte le cifre – con preferenza di molti comandanti nello scegliere due anni di cassa integrazione al 90% - e si sia messa mano alla flotta (giusto, erano aeroplani vecchi e la pandemia ha offerto il momento giusto, con i costruttori fermi), i conti vanno sempre male. Il neo ministro degli Esteri Antonio Tajani, tra i più europeisti tra i membri del Governo, e quindi certamente non contrario all'offerta da parte di Msc e Lufthansa, è stato chiaro: “Serve una compagnia aerea italiana che abbia un piano industriale, che non sia venduta soltanto per interesse economico.” Il problema è però proprio la grandezza di Lufthansa in Europa: il vettore tedesco già domina i mercati austriaco, svizzero, belga ed è già nel mercato italiano con Air Dolomiti, controllando in tutto 17 società. Inoltre i tedeschi hanno una posizione dominante nella gestione degli aeroporti del Mediterraneo, soprattutto in Grecia. E pur dichiarandosi interessati a una “vera privatizzazione di Ita Airways”, porterebbero una rivoluzione turbolenta perché Lufthansa è vettore membro del sistema Star Alliance (26 vettori tra i quali United Airlines, Air Canada, Scandinavian, Air China, Air India, Air New Zealand, All Nippon Airways, Asiana, eccetera), e non di Skyteam, quello ereditato da Alitalia con AirFrance-Klm, Delta, Korean e Aeromexico), ma con i francesi che non vedono proprio in modo ottimistico il nostro mercato, dominato dalle low-cost irlandesi e inglesi. E per fare gli interessi italiani, lo sappiamo, ci sono rotte che non possiamo delegare come Giappone, India, Australia, Argentina e Brasile soltanto sul lungo raggio. Ci sarà un rilancio di AirFrance-Klm, probabilmente, ma perché, invece, non rendere più fertile il nostro cielo?
Meno, invece, dovrebbe preoccuparci l'impatto sul nostro sistema aeroportuale, perché di capacità per incrementare i collegamenti ne abbiamo parecchia e non soltanto a Fiumicino, Linate e Malpensa: Venezia, Parma, Cuneo, Brescia, Verona, Perugia, e verso sud fino alle isole.
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