Via libera ai Referendum sulla Giustizia (5 su 6); un'occasione storica per il Paese
LA Consulta dice no solo al quesito sulla responsabilità civile dei giudici. I partiti divisi ma le parole di Mattarella al suo discorso alla Camera sono un invito per tutti noi
La Corte Costituzionale ha stabilito l’ammissibilità dei 6 referendum sulla giustizia promossi mesi fa dai Radicali e dalla Lega. Una decisione arrivata dopo ore di discussione interna alla Consulta. Per primo è stato dato il via libera a 4 quesiti referendari: il quesito che riguarda l'abrogazione di tutta la legge Severino, quello sulla separazione delle funzioni fra magistrati giudicanti e pubblici ministeri, quello che va a ridisegnare - e a ridurre la possibilità di applicazione - della custodia cautelare. Via libera anche al quesito che propone di eliminare le liste per l'elezione del Csm.
Poi sono stati esaminati i due restanti, quello a proposito della responsabilità diretta dei magistrati e quello sul voto degli avvocati nei consigli giudiziari.
Una decisione che rappresenta una vera e propria svolta in quella che è diventata una delle tematiche più dibattute e divisive della politica e della società.
Fa sorridere che tutto questo avvenga proprio alla vigilia del 30esimo anniversario del via all’inchiesta denominata Tangentopoli, inchiesta talmente potente da segnare la fine della cosiddetta Prima Repubblica e l’inizio della guerra tra una parte della giustizia ed una parte della politica. E che in questi 30 anni le cose siano peggiorate lo dimostrano le parole, durissime, utilizzate dal Presidente della Repubblica, Mattarella, nel suo discorso alla Camera il giorno del giuramento per il suo secondo mandato: «La giustizia - ha affermato Mattarella - ha bisogno di profonde riforme». «È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio superiore della magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all’Ordine giudiziario».
In queste settimane il Governo ha approvato una propria riforma della Giustizia, il massimo possibile se si pensa alla diversità di opinioni dei partiti di maggioranza, il minimo indispensabile per quelli che sono sul tema i reali bisogni del paese, e per rispondere ad una delle richieste dell’Europa per sbloccare la seconda tranche di fondi del Pnrr.
La Consulta oggi cambia tutte le carte in tavola. I quesiti approvati infatti comportano modifiche sostanziali e molto più profonde dell’intero sistema giudiziario. Si tratta quindi di un’occasione unica per una delle riforme più urgenti ed indispensabili. I partiti, che all’unanimità, tutti in piedi, hanno applaudito alle parole di Mattarella, si presentano in realtà in ordine sparso davanti a questi referendum. Logica la soddisfazione di Lega (Salvini sui social ha commentato con un semplice: «vittoria!») e Radicali, che hanno promosso i quesiti, come favorevole anche Fratelli d’Italia e di Forza Italia come degli altri partiti di centro. Ma andando a sinistra le voci si fanno contrastanti. Il Pd è diviso; alcuni parlamentari hanno firmato per i referendum andando contro la linea ufficiale del Nazareno che puntava ad uno stato di «attesa» in vista degli eventi. Il Movimento 5 Stelle invece si è sempre, ed anche in queste ore, schierato per il no (e allora, perché hanno applaudito Mattarella? n.d.r.) forte della loro posizione molto e fortemente giustizialista.
Si voterà tra aprile e giugno; vedremo se le divisioni e le tensioni che saranno fortissime sul tema influiranno ed in che modo sul Governo e sulla maggioranza.
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