Poliziotti, mortificati e mazziati
(Ansa)
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Poliziotti, mortificati e mazziati

L'editoriale del direttore

Vi siete mai messi nei panni di un agente di polizia? Beh, ve li faccio indossare io, che gli uomini delle forze dell’ordine li frequento da un po’. Un poliziotto che fa servizio su una volante ha uno stipendio in media di 1.600 euro netti al mese, per turni che si spalmano a volte la mattina e poi riprendono la sera, con un servizio che inizia alle 24 e termina alle 7. Se è costretto a fare gli straordinari, e spesso capita, lo Stato gli riconosce 12,70 euro lorde, ma se la Questura a cui appartiene ha superato il monte ore stanziato, e anche questo capita di frequente, i soldi vengono pagati con il contagocce, in qualche caso anche con due anni di ritardo. Fin qui siamo alle condizioni di routine che l’amministrazione pubblica riserva ai propri dipendenti: stipendi bassi e liquidazioni lente, perché se c’è da incassare è lesta, ma quando deve mettere mano al portafogli va alla velocità di una lumaca.Il peggio arriva se all’agente di polizia capita qualcosa mentre è in servizio, per esempio un incidente stradale. Non penso a un inseguimento come nei telefilm, quando si vedono le «volanti» sfrecciare a sirene spiegate all’inseguimento dei criminali. No, basta un tamponamento, oppure un danno involontario all’auto di servizio, che il poliziotto rischia di dover pagare di tasca propria. Se non riesce a dimostrare di non avere colpe, di non aver provocato il sinistro per negligenza, tocca a lui pagare, perché la Corte dei conti applica ai poliziotti che stanno in strada le stesse regole a cui si uniforma se il danno è provocato da chi sta sempre dietro a una scrivania e non rischia nulla, neppure un’ammaccatura.

E a proposito di «bozzi», siccome ogni tanto gli uomini delle forze dell’ordine sono costretti al corpo a corpo, nel tentativo di arrestare qualche delinquente o anche solo per fermare qualche manifestante scalmanato che cerca di forzare un cordone del reparto mobile, capita non di rado che alcuni di loro rimangano feriti. Che cosa accade in questo caso? Beh, anche qui quasi sempre pagano di tasca propria. Se le ferite non sono tali da provocare una forte invalidità, tocca a loro saldare la parcella per le cure mediche, per poi rivalersi sugli autori dell’aggressione, i quali però quasi sempre o non vengono identificati o sono nullatenenti, come spesso capita con gli immigrati, e dunque il costo delle spese per rimettersi in sesto è a carico degli uomini in divisa. Non è finita: se un agente è accusato di aver abusato del proprio potere o viene indagato nell’ambito di un’inchiesta della magistratura, come per esempio è successo al poliziotto che nei giorni scorsi ha ucciso con un colpo di pistola un immigrato che lo ha aggredito con un coltello, non solo rischia di essere sospeso dal servizio e dunque di non ricevere lo stipendio, ma per difendersi è costretto a nominare un avvocato di fiducia e pagare la parcella. Insomma, un poliziotto fa un lavoro duro, spesso rischia la vita e di certo la tranquillità, però non soltanto non è compensato con stipendi da favola, ma addirittura nei rischi del mestiere deve mettere in conto la possibilità di dover pagare per quelli che potremmo definire «infortuni professionali», ovvero incidenti, scontri e perfino colluttazioni che possono finire anche con una vittima.

Immagino che vi stiate chiedendo chi glielo fa fare. Ecco, è la stessa domanda che mi rivolgo io ogni qual volta leggo che un agente è indagato. Non penso solo all’uomo della Polfer in servizio nella città scaligera al quale ho accennato prima. Mi riferisco anche ai suoi colleghi, che qualche giorno fa, sempre a Verona, si erano visti scagliare contro un plinto da un immigrato, mentre altri avevano dovuto affrontare un marocchino armato pure lui di coltello. Perché, dopo queste esperienze, continuano a indossare la divisa e non si danno a occupazioni più remunerative e meno pericolose? Perché quei 13 poliziotti che a Pisa sono finiti indagati per aver respinto decine di facinorosi Pro Pal che volevano forzare il cordone di polizia non si dimettono e vanno nei servizi privati, dove si fanno turni meno massacranti e non si rischia di prendersi un sanpietrino in testa?

Ho provato a rivolgere il quesito ad alcuni uomini delle forze dell’ordine che conosco e la risposta è stata la stessa: per passione. Sono nati poliziotti e vogliono fare i poliziotti, continuando a servire quello Stato che li paga male e li difende poco. Altro che «agenti razzisti», come ha insinuato un rapporto del Consiglio d’Europa scritto scopiazzando gli articoli di alcuni giornali italiani della sinistra. Di fronte a uomini che si sacrificano e che sono costretti ad affrontare la peggior marmaglia che si trova nelle nostre strade, tutti, a cominciare da alcuni politici per finire a certi giornalisti, dovrebbero togliersi il cappello.

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Maurizio Belpietro

Nato a Castenedolo (Brescia) nel 1958, ha lavorato per le principali testate italiane; è stato vicedirettore dell'Indipendente e del Quotidiano Nazionale, ha diretto Il Tempo, Il GiornalePanorama e Libero. Oggi dirige il quotidiano indipendente "La Verità", che ha fondato nel 2016 e "Panorama". Punto di riferimento nel dibattito politico dei principali talkshow, ha condotto su Rete4 "Dalla vostra Parte"

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