Ponte Morandi di Genova: cosa dice la relazione del Mit
La commissione ispettiva punta il dito contro Autostrade per l'Italia: "Contromisure insufficienti per evitare il crollo nonostante i segnali"
Il Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti (MIT) ha pubblicato online la relazione della commissione ispettiva ministeriale sul crollo del ponte Morandi di Genova dello scorso 14 agosto, un disastro che ha ucciso 43 persone.
Dalla privatizzazione al crollo
La Commissione ha calcolato come dal 1982 ad oggi sono stati realizzati interventi strutturali sul ponte Morandi per un totale di 24,6 milioni di euro. Il 98% di questa somma è stato speso però prima del 1999, anno della privatizzazione di Autostrade. Dal 1999 ad oggi è stato speso solo il 2% dell'intero ammontare: dal 1982 al 1999 la media annuale dei costi è stata di 1,3 milioni di euro, dal 1999 al 2018 è stata invece di 23 mila euro l'anno.
Aspi era "inadatta alla prevenzione"
Aspi (Autostrade per l'Italia) è stata definita inadatta alla prevenzione dei crolli. Nella relazione si legge: "la procedura di controllo della sicurezza strutturale delle opere documentata da Autostrade per l'Italia, basata sulle ispezioni, è stata in passato ed è tuttora inadatta al fine di prevenire i crolli. La procedura era applicata al viadotto Polcevera ed è ancora applicata all'intera rete Aspi"
Sul Ponte Morandi "il rischio era evidente"
La relazione parla di un "rischio evidente" di crollo, anche durante il rafforzamento dei tiranti messo a punto da Autostrade nel 2017. Ciononostante la società avrebbe sottovalutato "l'inequivocabile segnale di allarme" minimizzando la gravità della situazione e "non adottando alcuna misura precauzionale a tutela dell'utenza".
La messa in sicurezza doveva finire nel 2013
Secondo la Commissione ispettiva la messa in sicurezza del viadotto, dopo un'ordinanza della presidenza del Consiglio risalente al 2003, avrebbe dovuto concludersi entro il 31 marzo 2013.
"Valori inaccettabili"
Nel progetto di manutenzione dell'opera sono contenuti "valori del tutto inaccettabili, cui doveva seguire, ai sensi delle norme tecniche vigenti, "un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile".
"Contromisure insufficienti"
Ciononostante le misure adottate da Aspi sarebbero state "inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema". Secondo la relazione, il concessionario "era in grado di cogliere qualitativamente l’evoluzione temporale dei problemi di ammaloramento, ma con enormi incertezze. Tale evoluzione, ormai già da anni, restituiva un quadro preoccupante, e incognito quantitativamente, per quanto concerne la sicurezza strutturale rispetto al crollo".
Le cause del disastro
La Commissione del Mit "ritiene più verosimile che la causa prima del crollo non debba ricercarsi tanto nella rottura di uno o più stralli, quanto in quella di uno dei restanti elementi strutturali la cui sopravvivenza era condizionata dall'avanzato stato di corrosione".
La conclusione
La relazione conclude come nonostante i forti segnali d'allarme Autostrade per l'Italia non abbia limitato il traffico sul viadotto e non abbia eseguito «tutti gli interventi necessari per evitare il crollo».