Prato: non dite più che è colpa dei cinesi
La responsabilità di quanto accaduto è dello Stato. In tutte le sue articolazioni: dalle amministrazioni locali e centrali ai sindacati. Parla il segretario Cgil Toscana
Sette morti, cinque ancora senza nome. Cinque cinesi che vivevano e lavoravano nella fabbrica-dormitorio tessile di Prato. All’improvviso l’Italia scopre il bubbone. All’improvviso emerge il problema che ogni giorno è sotto gli occhi di tutti. Che tutti conoscono. Contro il quale lo Stato ha deposto le armi che non ha mai tirato fuori. È tutto uno scaricare le responsabilità gli uni sugli altri, a cominciare dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, per finire col ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, che dopo aver giustamente affermato la necessità di dare sicurezza sul lavoro contro l’illegalità diffusa, ha svariato sulla “chiusura” della comunità cinese come tema centrale.
E quindi è tutta colpa dei cinesi che si chiudono a riccio. Tutta colpa della comunità più esclusiva d’Italia, che ha la sua lingua, le sue banche, i suoi templi, le sue leggi, il suo codice d’onore, la sua mafia, la sua potenza, i suoi addentellati con la madrepatria e nessun desiderio o nessun interesse a una maggiore integrazione. Forse, per dirla col manager Alberto Forchielli intervistato da “Repubblica”, l’imprenditore cinese “pubblico o privato ha una mente fondamentalmente criminale”. Forse. Ma può essere sufficiente dire che è tutta colpa dei cinesi? Sarebbe come dire, nei momenti più caldi dell’avanzata criminale mafiosa, camorristica e ‘ndranghetistica, che “è tutta colpa dei mafiosi, della camorra e della ‘ndrangheta”. La scoperta dell’acqua calda.
No, la colpa è dello Stato in tutte le branche e derivazioni. La Guardia di Finanza farà anche il possibile, a Prato e altrove. Gira, stila verbali, multa, e poi allarga le braccia perché le multe vengono pagate e tutto torna come prima. Non solo: risulta dalle cronache che da parte delle amministrazioni locali (vedi quella regionale toscana) c’è la tendenza a chiudere un occhio o anche due sulle vergognose condizioni d’illegalità e insicurezza in cui lavorano le decine di migliaia di aziende cinesi con sede a Prato. La colpa è della tolleranza che regna sovrana in Italia, non solo in Toscana, e che consente ai meccanismi deteriori della globalizzazione di alimentare da noi sacche di schiavitù. Le nuove catene di montaggio.
E per concludere, ecco l’alta esortazione del presidente Napolitano. E il silenzio assordante, almeno nell’immediato della tragedia. della leader della Cgil, Susanna Camusso.
A Prato non è l’integrazione il problema, non sono i cinesi che fanno i cinesi, qui come altrove. È lo Stato che è semplicemente franato. Ma non da ora. Da anni. Quindi, per favore, basta ipocrisie.