primo giorno di scuola
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Il primo giorno di scuola per la scuola

Dopo la lunga pausa, le scuole hanno riaperto i cancelli per l’inizio del nuovo anno. Tra problemi vecchi e nuovi, resta centrale la necessaria cura di un entusiasmo da ritrovare, nonostante tutto, e da coltivare

È la settimana del grande inizio. Ad accogliere gli studenti ci saranno aule generalmente identiche a come sono state lasciate a giugno, per cui riordinate ma non tinteggiate, anche se potrebbe essere stata cambiata (nuovamente) qualche lavagna interattiva, dato che i fondi europei a disposizione sembrano sempre essere utilizzabili per gli aggiornamenti digitali buoni per un pezzo sulla cronaca locale, ma guai se si tratta di una riparazione da “buon padre di famiglia”.

Tra corridoi, palestre e in queste aule talvolta poco invitanti mancano ancora diversi docenti e bidelli, ma anche le segreterie hanno qualche sedia vuota: si dovrà attendere un po’ perché un addetto risponda al citofono, si andrà avanti per qualche settimana a orario ridotto tra supplenze e ore buche in attesa che il walzer dei precari termini il suo giro. Niente di nuovo per chi è ormai abituato a questo scenario: è così per i genitori, che hanno assimilato i ritmi di questo inizio a rallentatore, è così per chi a scuola ci lavora, ormai consapevole che serviranno pezze e rattoppi fino ai primi di ottobre, è così anche per gli studenti – e questo pesa! - rassegnati già alla loro età a queste disfunzioni croniche a cui hanno fatto il callo, imparando ad alzare le spalle se un docente cambia tre volte in quindici giorni, o se una cattedra resta scoperta una settimana, e poi ancora, e poi ancora.

Eppure questa situazione dovrebbe scandalizzare, perché i guai della scuola sono vecchi e ricorrenti tanto che tre mesi fa, a giugno, tirando il fiato, abbiamo salutato tutti sapendo che nulla si sarebbe risolto in un’estate: sia da esempio il reclutamento che non sembra mai arrivare a una soluzione e che anzi pare sempre più complicato da un algoritmo che scontenta parecchi, da concorsi iniziati e non ancora conclusi, da graduatorie parallele e in conflitto.

Ma i problemi sono anche nuovi, come può esserlo l’abbaglio per la tecnologia e le infrastrutture digitali, meri strumenti e non certo sostanza per smuovere il tema della passione, del coinvolgimento, dell’interesse, ma anche dell’accettazione dell’impegno e della fatica necessaria per riuscire, o per provarci. In questo caso si tratta di problemi nuovi perché si assommano agli altri e attraggono discussioni, risorse e investimenti, distogliendo l’interesse da ciò che vale e spostando così l’attenzione verso il dito, mentre si dovrebbe guardare alla Luna, simbolo di tutti gli studenti ai propri banchi con il loro carico indicibile di attese, timori, speranze, sogni, curiosità, coraggio e paura.

Quanto è difficile iniziare così! Dovremmo lasciare gli studenti a bocca aperta il primo giorno con letture, saperi e certezze, invece eccoci con la nostra provvisorietà, nell’incertezza, nello scoramento di chi sa che non cambierà molto, che non cambierà niente.

Eppure serve crederci e farsi forza tra queste rovine per rimettere al centro dei pensieri gli studenti, coloro per cui la scuola esiste, con buona pace del canto delle sirene che raccontano di intelligenza artificiale, materie utili e spendibili subito, nuove metodologie per insegnare chissà cosa, chissà come. Sia chiaro, niente contro l’aggiornamento, l’innovazione, la sperimentazione, ma non è e non può essere questo il centro dell’azione educativa e didattica.

Ma questi primi giorni siano d’incanto per chi inizia nelle classi prime, dai piccoli con la loro emozione che traspare dai sorrisi sdentati e dagli occhioni arrossati, passando per chi inizia la prima media e nel silenzio generale, fino alle prime superiori, spesso guardate con curiosità ritrovata un po’ da tutti.

Oltre a tutti loro, ci sono tutti quelli che non sono nelle classi prime: non dimentichiamoci di loro, perché la scuola non è solo una vetrina e non si può badare solo a chi finisce in copertina per un giorno. La scuola compie – deve farlo – un lavoro oscuro per tutti coloro che la costituiscono e che in ruoli diversi la compiono.

Per tutti loro, che sono studenti e figli, vale la pena ritrovare tutto l’entusiasmo possibile e portarlo in aula oggi e per i prossimi 199 giorni, fino all’8 giugno.

Da docenti si ritroverà sui libri, preparando una lezione nuova e dedicando cure speciale a quel tempo, a quel materiale, a quella lettura selezionata, a quella citazione da commentare.

Da genitori si ritroverà provando a ripartire con fiducia nei confronti della scuola, cercando di essere protagonisti attivi di una triangolazione educativa che non ha nulla a che fare con la rivendicazione, invece punta sulla collaborazione e sulla fiducia nell’altro e quindi nell’istituzione scolastica che può contare ancora su docenti determinati, preparati e si spera carichi per questo nuovo, ennesimo, inizio.

Da studenti, si coltiverà tutto ciò se ci saranno le giuste premesse, questo terreno relazionale fertile, questa comunione di intenti lungimirante. Non è poco, ma niente di ciò che maneggia la scuola è poco.

Tocca a noi, coraggio e buon anno.

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Marcello Bramati