Lo Schindler italiano che non ha mai salvato un ebreo
A lui sono state dedicate scuole, musei e fiction tv. Il Primo Levi Center di NY ora rivela che in realtà non intervenne mai a favore di nessun internato dell'Olocausto
Dal 1990, il suo nome è tra quello dei Giusti dello Yad Vashem, il memoriale delle vittime dell'Olocausto di Gerusalemme. La Chiesa cattolica ha iniziato il processo di beatificazione nel 2001, prima l'ha proclamato martire e poi Servo di Dio. Lo Stato italiano gli ha conferito una medaglia d'oro al valore civile nel 1995, con la motivazione ufficiale: "Si prodigava in aiuto di migliaia di ebrei e di cittadini perseguitati, riuscendo ad impedirne l'arresto e la deportazione." La sue biografie parlano di almeno 5000 ebrei salvati dai campi di stermino. A lui, nel corso degli anni, sono state dedicate scuole, associazioni, musei, programmi e fiction televisive. Dopo Giorgio Perlasca, Giovanni Palatucci (nato a Montella, in provincia di Avellino nel 1909, morto a Dachau nel 1945) era il nostro secondo eroe nazionale dell'Olocausto, salvatore di decine di centinaia di persone. Non era vero nulla. Palatucci non avrebbe mai salvato nessun ebreo. Nessuno
Dopo sei anni di ricerche, il Primo Levi Center di New York è arrivato a questa conclusione. La sua direttrice, Natalia Idrimi ha scritto al Museo dell'Olocausto di Washington per chiedere di togliere il suo nome tra quelli a cui la comunità ebraica deve essere riconoscente. Negli oltre 700 documenti ritrovati da un pool di storici in diversi paesi, non c'era alcuna prova dell'eroica impresa di Giovanni Palatucci. Nessuna. Secondo la relazione del Primo Levi Center, nel 1943, nel periodo in cui l'allora funzionario di polizia era in forza alla Questura di Fiume (l'attuale Rijeka), nella zona vivevano 500 ebrai, 412 dei quali vennero deportati e uccisi ad Auschwitz. Palattuci non intervenne mai a loro favore.
Secondo Natalia Idrimi, al contrario, il poliziotto fu l'emblema della silenziosa complicità della Repubblica Sociale Italiana nell'Olocausto. Non fece nulla per evitarlo, non si oppose. Venne arrestato dai nazisti nel 1944, ma non per la sua opera meritoria nei confronti della salvezza degli ebrei, ma per "intelligenza con il nemico". Contatti con i britannici. Morì a Dachau di stenti pochi giorni prima della Liberazione a 36 anni.
La sua leggenda inizia nel 1952, quando lo zio, il vescovo Giuseppe Maria Palatucci, raccontò la versione dell'eroe per persuadere l'amministrazione pubblica italiana a concedere una pensione ai parenti di Giovanni. Da allora, il mito dell'eroe inizia a crescere e si consolida con il passare degli anni.
Michele Sarfatti è lo studioso che in Italia ha seguito il caso di Giovanni Palatucci per conto del Primo Levi Center di New York. Anima del Centro di Documentazione Ebraica di Milano, autore di numerose pubblicazioni sull'Olocausto, Sarfatti non è d'accordo con il titolo dell'articolo con cui il New YorkTimes ha dato la notizia dello "smascheramento" del falso Schindler: L'italiano che salvava gli ebrei era in realtà un collaboratore dei nazisti."
Non la considera una sintesi felice...?
"No, perché se ci sono impostori in questa storia sono quelli che hanno attribuito a Palatucci imprese che non ha mai compiuto. Lui è morto a Dachau e per questo merita rispetto. Per quello che ne sappiamo noi, non ha mai arrestato alcun ebreo. Ma, ora risulta evidente che non ha mai salvato quei cinquemila di cui si è parlato per anni. La ricerca è ancora in corso su casi personali e limitati. Questo lavoro fatto dal Primo Levi Center è la demistificazione di una gigantizzazione irreale della figura di Palatucci"
Lei che tipo di lavoro ha fatto per il Primo Levi Center ?
"Il mio campo d'azione era riferito all'attività di Palatucci dal 1938 al 1944 in relazione alle vicissitudini degli ebrai stranieri nella zona di Fiume. Ho studiato i documenti relativi a tutti gli episodi che erano stati citati nelle sue biografie."
Ma come è possibile che sia stato creato questo mito?
"Il sistema delle onoranze nei confronti di Giovanni Palatucci ha preceduto il lavoro di ricerca storica. Questo è il motivo per cui a lui sono state attribuite in modo acritico azioni che nessuno aveva mai verificato essere state compiute veramente da lui. Invece, nel caso di Giorgio Perlasca racconti e versioni sul suo operato sono stati controllate con un metodo storiografico che ha permesso di ricostruire la realtà dei fatti. E poi, perché questo è un paese che ha bisogno di eroi, ma che dedica molta attenzione e pochissime risorse alla ricerca storica. A molta gente, al sistema Stato Società Italiana, non sembrano interessare i fatti."
Ma Palatucci può essere considerato un carnefice, come sembra dire il New York Times?
"Il taglio di quell'articolo non mi vede d'accordo. C'è un frase in cui si parla di lui come un collaboratore, ma, ripeto, non ci sono prove storiche. Non si tratta di ribaltare il mito degli ultimi 30 anni, trasformandolo da eroe in aguzzino, ma di dare a lui la giusta dimensione."