Processo Eternit: sentenza annullata
La Cassazione ha dichiarato prescritto il reato per il quale l'unico imputato, Stephan Schmidheiny, era stato condannato a 18 anni
La Cassazione ha annullato senza rinvio, dichiarando prescritto il reato, la sentenza di condanna per il magnate svizzero Stephan Schmidheiny nel maxiprocesso Eternit. Sono stati annullati anche i risarcimenti per le vittime. La prescrizione è maturata al termine del primo grado.
Schmidheiny era stato condannato dalla Corte d'appello di Torino il 3 giugno 2013 a 18 anni di reclusione per la morte da amianto di circa mille persone, soprattutto in Piemonte
Ferro e amianto, accoppiata micidiale
I famigliari delle vittime
La decisione della Prima sezione penale della Cassazione ha suscitato le proteste dei numerosi familiari delle vittime dell'amianto presenti nell'Aula magna. "Vergogna, vergogna" hanno detto in tanti, urlando subito dopo la lettura del verdetto.
"Il pg dice che non è possibile giudicare un disastro provocato dall'amianto perché lo si è cessato di lavorare tanti anni fa, ma si dimentica che l'amianto è una bomba a orologeria a lungo periodo: non è possibile che coloro che l'hanno innescata siano trattati come dei gran signori". Così Bruno Pesce, coordinatore dell'Afeva (associazione familiari e vittime dell'amianto) di Casale Monferrato, aveva commentato oggi la richiesta del pg della Cassazione di annullare le condanne del processo Eternit. "Siamo sconcertati, non ce l'aspettavamo", aggiunge. "Per quanto ci sforziamo di approfondire questa richiesta, continuiamo a ritenerla incomprensibile. Il problema è che vediamo ancora tanta diffusione dell'amianto sul territorio, dagli smaltimenti abusivi agli scarti dell'Eternit, dalle tonnellate e tonnellate di cemento-amianto. È veramente incredibile che non si tenga conto di questo"
"Se davvero come ha chiesto il pg della Corte di Cassazione verrà cancellata la condanna a 18 anni a Stephan Schmidheiny, perché il reato è prescritto, sarà come se le vittime dell'inquinamento da amianto fossero morte due volte". Avevano dichiarato gli esponenti di Green Italia Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
"Nel caso dell'Eternit - sostengono - il disastro ambientale doloso è un reato continuato, le cui conseguenze durano oggi e dureranno ancora a lungo. Sarebbe dunque del tutto inaccettabile considerarlo come un reato istantaneo, soggetto a prescrizione. Sarebbe percio' giuridicamente e moralmente indecente la scelta di lasciare totalmente impunita l'azione criminale di chi, nel nome del profitto, ha violato sistematicamente la legge esponendo a rischi mortali migliaia di lavoratori e cittadini".
Industrie gestite nell'illegalità
"Nei giorni in cui sta partendo il processo di Taranto contro i padroni dell'Ilva, anch'essi accusati di aver contaminato l'aria, l'acqua e il suolo contaminando l'ambiente - continuano Della Seta e Ferrante - l'incredibile parabola giudiziaria del processo Eternit dice una volta di più che un Paese dove industrie gestite nell'illegalità possono avvelenare impunemente le persone che ci lavorano e che ci vivono vicino non è un Paese civile".
La difesa
Diverso il punto di vista dell'avvocato della difesa di Stephan Schmidheiny, Franco Coppi. "Stiamo celebrando un processo per disastro ambientale in base all'articolo 434 del Codice penale e non si può che dichiarare la prescrizione del reato, che è quello che chiedo a meno che la Cassazione non ritenga l'insussistenza del reato" questa è stata la richiesta formulata dall'avvocato Franco Coppi al termine della sua arringa in favore di Stephan Schmidheiny.
Ad avviso di Coppi la morte e le lesioni "non sono contemplate dal reato di disastro ambientale tanto è vero che la stessa procura di Torino in altri procedimenti sempre relativi alla vicenda Eternit ha contestato le imputazioni per lesioni e, nel processo Thyssen, addirittura per omicidio doloso: e questa è la prova, diciamoci la verità, della consapevolezza che questo reato non e' agganciato alla previsione di morte e lesioni" in pratica seguendo il ragionamento di Coppi, la Procura di Torino avrebbe dovuto contestare, a parte e oltre al disastro ambientale, anche i reati di omicidio e lesioni.
"Il legislatore - ha proseguito Coppi - tutte le volte che ha voluto richiamare la morte come conseguenza di un reato, lo ha fatto. Non lo ha fatto nel caso del disastro ambientale, perché la norma tutela l'esposizione al pericolo del bene della vita, in maniera del tutto svincolata dal fatto che si verifichino o meno morti o feriti".
Coppi ha ricordato che "sono trascorsi ormai 30 anni dalla chiusura degli stabilimenti Eternit eppure la sentenza d'appello non fissa alcun tempo per la prescrizione che rimane aperta ai prossimi 40 anni e questo non è accettabile perché si finisce per dare l'interpretazione di una norma del codice in base a fatti che devono ancora accadere".