Ma per Putin la Siria è l'ultimo dei problemi
Ai russi non interessano i successi del capo del Cremlino. Neanche se vincesse il Nobel per la Pace
“Guardi, devo essere sincero: di quello che succede in Siria o nel resto del mondo all’elettore russo non importa niente”. Non usa giri di parole Konstantin von Eggert, direttore della radio del quotidiano economico moscovita Kommersant. Ha raccontato per 10 anni la Russia agli inglesi, attraverso la BBC, ma riesce ancora a sorprendersi per le sviste degli occidentali: “La Siria è un dossier di poco conto, che a Putin importa soltanto per un motivo: deve salvaguardare il principio di non ingerenza negli affari nazionali, vuole assicurarsi la possibilità di fare ciò che vuole in Russia”. Al Cremlino nessuno si è dimenticato le proteste anti Putin di fine 2011 , le più caotiche e partecipate dalla fine dell’Urss. Il Putin che ora viene ospitato anche sul New York Times non ha dimenticato le critiche di quei giorni, arrivate da tutto il mondo .
Anche Vladimir Gelman, che insegna politica contemporanea all’Università europea di San Pietroburgo, è categorico: “Nel sistema russo importa solo quello che succede all’interno dei propri confini, non fuori. E questo, per i progetti di Putin, è molto peggio”. Perché? Ogni volta che si avvicina un appuntamento delicato, c’è sempre l’esperto che spiega: Putin non deve temere, perché nelle grandi città è sempre più impopolare, ma il resto della Russia è con lui. Non è più così: “Nelle province c’è ormai una grande insofferenza per i tagli e per la corruzione” dice Gelman a Panorama, “la gente è molto preoccupata per il modo in cui la macchina statale usa i soldi. Questa rabbia, nelle città, si amplifica: lì non chiedono solo il pane, ma anche più libertà”.
Una volta il capo del Cremlino riusciva a indicare uno scopo e una direzione al suo paese. Ora non più. Il vero problema, in fondo, è proprio questo: “Putin non ha più una visione definita” dice von Eggert, “nei primi anni aveva in mente un progetto chiaro. A me non piaceva, ma era una strategia precisa, difficile da equivocare. Ora che la stabilità è raggiunta, ora che la gente vive meglio di 10 anni fa e la Russia è tornata in primo piano sulla scena internazionale, in molti iniziano a farsi altre domande: ‘Perché c’è così tanta corruzione?’, ‘Perché devo sottostare ai capricci della burocrazia?’”. La risposta che Putin dà è più confusa.
È anche un problema di tempo: la prima volta che è stato eletto presidente era la primavera del 2000. Tredici anni dopo, Putin si sta avvicinando sempre più ai limiti strutturali del sistema che è riuscito a costruire. La prima virtù a venir meno, in questi casi, è la lealtà al capo: “Il cambiamento è sempre più vicino, potrebbe avere il volto del blogger Alexei Navalny così come quello di qualcun altro, è un processo in atto che non si può fermare” dice von Eggert. Il direttore di Kommersant FM lo sente nei discorsi, nei giudizi che dà la gente: “Come personalità pubblica, Putin non è più eccitante come una volta. Non può più farci niente: nella testa dei russi rappresenta il passato, c’è il desiderio di qualcosa di diverso. E la svolta sta arrivando, è solo questione di tempo”.