Quando l'Italia fu ad un passo dalla guerra con la Libia
il 15 aprile 1986, il giorno dopo il raid Usa su Tripoli, due Scud libici caddero di fronte a Lampedusa: la risposta dell'Italia e le ombre del passato
Il 14 aprile 1986 gli Americani misero in atto l'OperazioneEl Dorado Canyon che in termini pratici si tradusse con il bombardamento delle città di Tripoli e Bengasi con l'obiettivo di colpire le forze libiche ed il Colonnello Muhammar Gheddafi. L'azione di guerra era stata decisa dalla Casabianca in risposta all'attentato eseguito da terroristi libici alla discoteca"La Belle" di Berlino Ovest, dove due militari americani persero la vita assieme ad una donna turca e 250 persone rimasero ferite.
L'azione coperta anche dai servizi della Germania Est, seguì ad un lungo periodo di estrema tensione tra Washington e Tripoli, in continua escalation dal 1981 quando la Libia di Gheddafi aveva occupato una parte del Ciad ricca di uranio per il programma nucleare ed aveva finanziato gruppi terroristici in Palestina e Siria in funzione Anti-israeliana.
Dopo il sequestro della Achille Lauroe la seguente crisi di Sigonella, il 24 marzo 1986 si verificò un grave incidente militare tra Stati Uniti e Libia nelle acque del Golfo della Sirte, quando furono lanciati da postazioni libiche alcuni missili terra-aria contro i caccia americani di pattuglia sopra il tratto di mediterraneo rivendicato da Gheddafi. Ne nacque una vera e propria azione di guerra in cui alcune navi della Marina libica furono colpite causando vittime a bordo delle imbarcazioni. Si era giunti ad un passo dalla guerra.
Isola di Lampedusa, pomeriggio del 15 aprile 1986
La mattina del 14 aprile 1986 la Casa Bianca ordinò il bombardamento di Tripoli e Bengasi. Dalle basi RAF inglesi si alzarono in volo i caccia dell'Usaf F-111 del 48th Tactical Fighter Wing. Dalle portaerei della Marina statunitense decollarono gli F-18 Hornet e gli A-6 Intruder, per un totale di 24 velivoli impegnati nell'azione.
Uno degli F-111 sarà abbattuto e precipiterà nelle acque della Sirte, causando la morte dei due piloti. Molti obiettivi (aeroporti e compound militari) furono centrati dai caccia americani. Sulla città di Tripoli le bombe causarono ingenti danni e 60 vittime libiche tra civili e militari.
Poco dopo il raid fu mostrato alle telecomere il corpo di una ragazzina, che i libici indicarono come la figlia adottiva di Gheddafi, Hana. Il leader libico si era salvato dai bombardamenti grazie ad una telefonata che lo avvertì dell'imminenza dell'attacco americano, che si ritenne giungesse direttamente dal premier italiano Bettino Craxi.
Soltanto 24 ore dopo il bombardamento di Tripoli e Bengasi gli abitanti di Lampedusa furono sorpresi da due potentissime esplosioni. Nel primo pomeriggio del 15 aprile 1986 due Scud di fabbricazione sovietica lanciati dalle batterie libiche caddero in mare deflagrando.
L'obiettivo dei due missili avrebbe dovuto essere la base americana sull'isola, dove si trovavano i sistemi di radionavigazione LORAN (Long Range Navigation). L'attacco provocò l'immediato decollo degli F-104 italiani dalla base di Trapani-Birgi. Il giorno successivo, sull'isola di Lampedusa giunsero i paracadutisti della "Folgore" e i Carabinieri del "Tuscania". La Marina Militare italiana iniziò intensi pattugliamenti nelle acque di confine con quelle libiche.
A Roma Bettino Craxi convocò immediatamente un vertice con i ministri della Difesa Giovanni Spadolini, degli Esteri Giulio Andreotti e dell'Interno Oscar Luigi Scalfaro. L'Italia si era venuta a trovare, politicamente e geograficamente, in mezzo ai due nemici.
Nei confronti di Tripoli, il Governo italiano è diviso tra i filoamericani come Spadolini Andreotti che manteneva un'equilibrio tra le parti e il Presidente del Consiglio Craxi messo sotto pressione da Washington perché abbandonasse le posizioni a favore di Gheddafi abbracciando senza esitazioni l'azione contro la Libia. Il Presidente del Consiglio non nascose la propria preoccupazione per la situazione esplosiva del Mediterraneo e per la partecipazione economica libica nell'industria italiana (in primis la Fiat). In Libia, inoltre, vivevano tra i 5.000 e gli 8.000 italiani.
La nota diplomatica di protesta uscita dalla seduta del Governo italiano recò per questi ultimi motivi una formula giudicata da molti edulcorata. L'Italia condannava Tripoli per gli "atti di ostilità" compiuti a Lampedusa e non "atti di guerra" come inizialmente dichiarato da diversi esponenti politici italiani nelle ore immediatamente successive all'attacco missilistico. Questa prudenza, che gli americani non gradivano, fu frutto della natura del "non allineamento" di alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia di Craxi. La ricerca della terza via e del dialogo con Tripoli (e con L'Olp di Arafat) era stata uno dei capisaldi dei governi del leader socialista, ed aveva attraversato i marosi delle tensioni con Washington (Sigonella sopra tutte) e le gravi spaccature nella maggioranza per lo scontro aperto tra il leader socialista i sostenitori della politica estera di Reagan.
Lampedusa e la paura
Intanto a Lampedusa la popolazione è angosciata. Gli abitanti dell'isola hanno paura che il Colonnello possa colpire nuovamente e così gli insegnanti delle scuole cercarono il trasferimento immediato in terraferma, i pescherecci rimasero in porto e i traghettiSiremar per l'isola partirono solfanto dopo una lunga trattativa con i responsabili della società di navigazione. Il volo Ati da Palermo chiese ed ottenne la scorta degli F-104.
Parla il Generale Viviani: l'ombra della P2 e del terrorismo internazionale
In questo clima di pressione seguito ai fatti di Lampedusa, e alla cautela (da molti letta come paralisi) del Governo italiano, Panorama pubblicava un'intervista esclusiva a firma di Carlo Rossella e Romano Cantore al Generale Ambrogio Viviani, ex responsabile del controspionaggio negli anni '70.
Durante il colloquio il militare italiano unì i fatti di Lampedusa con i misteri d'Italia, affermando che lo stesso Colonnello Gheddafi fosse stata una creatura italiana, frutto delle trame eversive dei decenni precedenti dai colpi di stato alla loggia massonica P2. Riguardo ai rapporti tra Roma e Tripoli il generale indicava come un "certo politico molto influente" avrebbe ordinato ai vertici militari e dei Servizi di mantenere un atteggiamento filo-libico per evitare l'espulsione degli interessi economici italiani in Libia, in particolare di quelli nel settore petrolifero (ENI). In cambio il regime di Gheddafi avrebbe ricevuto dall'Italia assistenza strategica e militare.
Non mancarono neppure riferimenti ad Aldo Moro, in particolare nell'occasione dell'arresto nel 1973 di sei terroristi arabi pronti a fare strage contro un volo di linea della El Al in partenza da Fiumicino. Moro avrebbe chiesto al capo del Sisde Generale Vito Miceli di evitare ogni problema diplomatico e di trattare con Arafat e Gheddafi.
Così i terroristi saranno rispediti su un volo militare direttamente in Libia. L'aereo impiegato per l'operazione, L'Argo 16, esplose tre giorni dopo sopra l'aeroporto di Venezia-Tessera in quello che parve essere una ritorsione del Mossad per l'atteggiamento ambiguo italiano nei confronti di Tripoli e dei nemici di Israele. Il generale sarà arrestato in seguito alle dichiarazione riportate dal settimanale per non aver chiarito in merito alla tragedia del velivolo italiano, rifiutandosi in seguito di parlare appellandosi al segreto di Stato. sarà liberato pochi giorni dopo e non rilascerà più dichiarazioni nè svelerà i nomi dei presunti colpevoli.
I fatti di Lampedusa, che parvero spingere l'Italia sull'orlo di un possibile conflitto nel Mediterraneo, avvenivano durante l'ultimo anno del secondo governo Craxi. L'ondata di attentati terroristici attribuibili alla Libia di Gheddafi proseguì, culminando con la strage di Lockerbie del 21 dicembre 1988, quando al posto di Craxi sedeva oramai Ciriaco De Mita, il rivale del leader socialista.