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Trivelle, quello che bisogna sapere del referendum

I motivi del Sì e del No e gli schieramenti sul quesito referendario relativo all'attività estrattiva a largo delle nostre coste

A fare chiarezza su come si schierino i partiti in vista del referendum sulle trivelle è stato l’elenco dell’Autorità per le Comunicazioni, diffuso giovedì 17 marzo, sui «soggetti politici favorevoli, soggetti politici contrari o che si esprimono per l’astensione o la non partecipazione al voto». Tra i favorevoli al referendum spuntano sia formazioni politiche di sinistra (come L’Altra Europa con Tsipras, Possibile e il gruppo parlamentare di Sel), che di centrosinistra (come l’Italia dei Valori) e di destra (come la Lega Nord). Ma di questo elenco fanno poi parte anche il Movimento 5 Stelle ed ovviamente la Federazione dei Verdi. Nell'elenco pubblicato da Agcom c'è anche il Pd, comparso come soggetto politico favorevole all’astensione, ma di fatto assai diviso al proprio interno, con l'ex segretario Pierluigi Bersani che medita di votare Sì contro la maggioranza del suo partito. Più defilati e incerti Forza Italia e Fratelli d'Italia.


Ma di cosa si tratta?
Un referendum di cui si sa poco o nulla, di cui la stragrande maggioranza dei nostri concittadini ignora financo l'esistenza, di cui un po' pigramente,  soltanto ora, i quotidiani  iniziano a dedicare qualche paginata.
Il referendum abrogativo sulle trivelle, fissato domenica 17 aprile è sostenuto da alcune associazioni ambientaliste e promosso da sei Consigli regionali (Basilicata, Puglia, Liguria, Marche, Sardegna, Veneto), preoccupati per le ricadute  che le concessioni a un'attività estrattiva del petrolio senza limiti temporali all'interno delle acque territoriali italiane potrebbero produrre, in prospettiva, sull'industria del turismo del nostro Paese.

IL QUESITO REFERENDARIO
Benché il quesito referendario riguarderà soltanto la durata delle autorizzazioni alle esplorazioni e alle trivellazioni dei giacimenti già presenti a largo delle nostre coste, è chiaro che in gioco ci sono due modi differenti di intendere lo sviluppo: il primo incentrato sulle esigenze e sui timori delle comunità locali, il secondo incentrato sulle esigenze della comunità nazionale e della necessità di rendere l'Italia un Paese sempre più autonomo sul piano energetico. Ma tecnicamente, dopo che la Corte costituzione ha decretato l'inammissibilità di cinque dei sei quesiti promossi dal comitato referendario, dovremo votare soltanto sulle concessioni petrolifere già rilasciate. E la domanda è grosso modo questa: potranno durare fino all'esaurimento dei giacimenti, come di fatto avviene oggi, oppure è meglio porre un limite temporale alle concessioni per l'attività di ricerca e di estrazione nei nostri mari? 

LE RAGIONI A FAVORE DELLE TRIVELLE
Gli antireferendari (che si augurano che il referendum in questione non raggiunga il quorum) portano almeno tre ragioni a favore del No e della boacciatura del referendum.

1) Non usare gli impianti in essere entro le acque territoriali italiane significherebbe perdere gli investimenti fatti fino a oggi e quelli futuri, oltre che cinque mila posti di lavoro.
2) Gli incidenti avvenuti all'interno degli impianti estrattivi, dal dopoguerra a oggi, sono stati soltanto tre. A Cortemaggiore (Piacenza) nel 1950, a Trecate (Novara) nel 1994, a Porto Corsini - nelle acque territoriali dell'Adriatico - nel 1965.
3) Rinunciare all'attività estrattiva a largo delle nostre coste - dove si calcola vi siano 700 milioni di tonnellate di idrocarburi a fronte di consumo  annuale di 58 milioni di tonnellate - significa esporre il Paese a gravi rischi energetici e nazionali, causati dalle frequenti crisi internazionali in quegli Stati (come l'Ucraina o la Libia) da cui dipende parte rilevante del nostro fabbisogno energetico.

LE RAGIONI CONTRO LE TRIVELLE
I referendari, capeggiati da Michele Emiliano e Luca Zaia, governatori di Regioni naturalmente interessate all'attività di trivellazione nei nostri mari, ribattono che non solo un'attività estrattiva senza limiti temporali potrebbe compromettere già oggi la sopravvivenza di molte specie marine, disturbate dagli spari ad aria compressa che consentono alle compagnie petrolifere di leggere il sottosuolo marino. Ma dicono anche che oggi, con le compagnie che pagano le royalties più basse al mondo (il 7% del valore di quanto si estrae), coloro che ci guadagnano sono soltanto i petrolieri, non gli italiani, come dimostrerebbero i soli 340 milioni di euro pagati allo Stato dalle compagnie (per lo più straniere) nell'ultimo anno.

Ma c'è un'altra ragione a favore del Sì: le riserve certe di petrolio nei mari italiani equivalgono secondo i referendari a 6-7 settimane di consumi nazionali di petrolio e 6 mesi di gas. Non è un po' troppo poco - secondo i fautori del Sì - per mettere a rischio, in un mare chiuso come il Mediterraneo, l'ecosistema dei nostri mari, la tenuta dell'industria del turismo e gioielli della biodiversità marina come le Tremiti?

LA MAPPA DELLE TRIVELLE
Dalle isole Tremiti a Isola Capo Rizzuto, da Santa Maria di Leuca a Pantelleria, dai mari di Venezia fino a molte località dell'Adriatico. E poi ancora Trieste, Rosolina, Jesolo, Ravenna, Ancona, Pescara e Polignano: sono attualmente 90 i permessi di ricerca per la terraferma e 24 per i fondali marini concessi nell'ambito dello Sblocca-Italia dal ministero per lo Sviluppo italiano, cui debbono aggiungersi le 143 concessioni per idrocarburi già individuati a terra e le 69 in mare. Le concessioni attive, invece, sono  26, distribuite tra il mare Adriatico, il mar Ionio e il canale di Sicilia, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi.

Ma non è soltanto la quantità del territorio quanto la qualità dei fondali e delle porzioni di territorio che faranno da teatro alle ricerche che genera allarmi e polemiche. «Per le ricerche di fronte alle isole Tremiti, uno dei gioielli ambientali più importanti d’Europa, ricche di biodiversità marina, è stato concesso un permesso alla Proceltic Italia srl per 5 euro e 16 centesimi al metro quadrato. Un totale di 1.928,292. Nemmeno duemila euro l’anno», ha denunciato il verde Angelo Bonelli, in prima linea contro quello che definisce l’assalto delle lobby petrolifere.

Gli ha fatto eco il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: «Occorre spiegare perché a largo delle Tremiti. Trivellare il nostro mare è una vergogna e una follia».

Una mappa curata da dalla Prof. Maria Rita D’Orsogna, con i siti minerari in concessione nel nostro Paese:

fonte: geopoliticamente.wordpress.com

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Redazione Panorama