Brexit, il perché delle dimissioni dei ministri Davis e Johnson
Prima l'uno, poi l'altro, mollano in polemica con la linea soft del premier britannico Theresa May. Venti di crisi di governo nell'aria
Terremoto nel governo britannico. David Davis, il ministro per la Brexit conservatore euroscettico, nella notte si è dimesso in scontro aperto con la premier Theresa May, dando il via a un effetto domino. A ruota si è dimesso anche il ministro degli Esteri Boris Johnson.
Entrambi sono in polemica contro la svolta negoziale soft sulla Brexit della May.
Le motivazioni delle dimissioni di Davis
La divergenza di visioni tra Davis e May aveva toccato il picco venerdì 6 luglio, quando nel consiglio dei ministri la premier aveva imposto la sua linea più morbida sulla Brexit, che mira a mantenere saldi rapporti economici con l'Unione Europea. "Dovevo andarmene perché ritengo che quel piano sia troppo debole", ha spiegato l'ex ministro. "Stiamo cedendo troppo e troppo facilmente. È pericoloso".
A Davis non è andata giù, soprattutto, la proposta di mantenere un "regolamento comune" per consentire il libero scambio di merci. "In questo modo il controllo su ampie fasce della nostra economia resterebbe nelle mani della Ue", è stata la sua critica. "Non sono persuaso che il nostro approccio negoziale non finirà per portare a ulteriori richieste di concessioni".
Davis ha scritto alla May: "La direzione generale della politica del governo, nella migliore delle ipotesi, lascerà la Gran Bretagna in una posizione debole nei negoziati con l'Unione Europea, e forse senza via di uscita".
A suo avviso il piano messo a punto "renderebbe il presunto controllo del Parlamento sulla Brexit del tutto illusorio".
Il ruolo di David Davis
69 anni, David Davis era stato nominato da May segretario di Stato per l'uscita dall'Unione Europea, con responsabilità per i negoziati sull'uscita del Regno Unito dalla Ue, nel luglio del 2016, in seguito al referendum sulla Brexit, in cui il 51,9% degli elettori inglesi ha deciso di lasciare l'Unione Europea.
Da allora Davis è diventato il volto pubblico della Brexit.
Le dimissioni di Johnson
Le dimissioni di Boris Johnson arrivano nel pomeriggio del 9 luglio. Anche lui, come Davis, aveva criticato il piano di May, accusata di voler mantenere forti legami economici con l'Ue anche dopo la Brexit. Da venerdì si era comunque astenuto da commenti pubblici.
La May ha accettato le dimissioni, lasciando intendere di voler provare ad andare ancora avanti nonostante i venti di crisi sempre più evidenti.
Cosa comportano queste dimissioni
La levata di scena di Davis prima, di Johnson poi, è un duro colpo per il primo ministro che vorrebbe mantenere compatto il partito conservatore sulla sua idea di Brexit che conservi saldi rapporti economici con la Ue. La
Theresa May ora deve cercare di destreggiarsi tra due fronti opposti, quello dei parlamentari del suo stesso partito che vorrebbero una cesura più decisa con la Ue, e quello delle imprese che temono danni economici.
Le dimissioni del ministro per la Brexit hanno innescato un effetto domino in grado di mandare in pezzi l'esecutivo, la maggioranza e la compattezza del Partito Conservatore.
Chi sostituisce Davis
Come sostituto di Davis, Theresa May ha scelto Dominic Raab, 44 anni, giovane leone Tory anche lui convintamente pro Brexit.
Fnora viceministro della Giustizia, in passato è stato un elemento di punta nel fronte pro-Leave durante la campagna referendaria del 2016.
Cosa vuole Theresa May
Il pomo della discordia è stato il piano per l'adozione da parte della Gran Bretagna delle regole dell'Ue sulle merci dopo la Brexit. May vorrebbe creare un'area di libero scambio post Brexit - con regole comuni - almeno per i beni industriali e per l'agricoltura, oltre che definire nuove intese doganali con l'Ue. Concessioni interpretate da diversi deputati della corrente dei falchi come un cedimento.
È ancora tutto da vedere se Bruxelles sarà d'accordo.